Cartoline da Rimini: una bella tradizione andata perduta

Cartoline da Rimini: una bella tradizione andata perduta

L'amministrazione comunale aveva messo a punto un ottimo strumento di invito alle manifestazioni culturali che organizzava o patrocinava. Ha funzionato per due decenni, fra il 1980 e il 2000. Quando si valorizzava tutta la storia della città.

Qualche tempo fa riguardavo la mia collezione di cartoline, che in passato il Comune di Rimini inviava quale invito alle manifestazioni culturali che organizzava o in qualche modo patrocinava fattivamente. Era un mezzo di comunicazione e contatto con gli interessati a quel settore, al quale si accedeva grazie ad una semplice registrazione al Museo cittadino.
Erano tempi in cui sia il Museo che la Biblioteca avevano un direttore, competenti nella loro materia come pure gli assessori che presiedevano il dicastero della cultura, e che davano impulso ai loro incarichi. Le cartoline, circa un’ottantina, abbracciano un ventennio compreso tra il 1980 ed il 2000 e dalla consistenza numerica, al netto di qualche perdita, dimostrano una volontà di quel tempo di dare alla città un’impronta culturale.
Il quadro vedeva protagonisti il Museo con molteplici iniziative didattiche ed espositive tematiche, la Biblioteca con mostre pittoriche e fotografiche nella Galleria dell’immagine, ma anche enti privati che venendo coinvolti da progetti culturali seri e convincenti, interagivano con l’Amministrazione; un caso per tutti il ciclo Sportello d’Arte, dove nei locali di un noto istituto bancario locale, venivano esposti reperti del Museo seguendo la logica di un argomento dedicato. Fino al festeggiare i compleanni del Museo con tanto di inviti ad eventi di spessore. Allora la cultura non si trattava con chiacchiere, manomissioni o reinterpretazioni fantastiche e personali della storia, ma con i fatti.

1995 – Invito al Compleanno. In occasione del V compleanno del Museo della Città. Presentazione della Madonna tedesca restaurata a cura del Rotary Club.

I temi erano molteplici perché si sapevano coniugare tra loro i vari periodi storico e culturali, senza che mai prevalesse l’uno sull’altro tanto da creare un filo logico che destava interesse e curiosità. Pure Fellini rientrava nel quadro, ma parte della storia cittadina e non l’assoluta storia cittadina.

Parallelamente, grazie ad una convenzione del 1999, all’interno di Castel Sismondo nella disponibilità della Fondazione Cassa di Risparmio, si tenevano annuali importanti mostre che riscontravano un notevole gradimento e affluenza di visitatori sia cittadini che forestieri. Tra le più notevoli, ad esempio, quella esposta tra il marzo e il giugno del 2001: “Il potere, le arti, la guerra – Lo splendore dei Malatesta”; ottenne perfino il patrocinio, tra gli altri importantissimi, della presidenza del Consiglio dei Ministri e la collaborazione di Enti, musei ed Istituzioni culturali Vaticane e di tutto il Paese. Catalogo “Electa”.
Rammento personalmente che ebbe grande partecipazione di visitatori, non solo del circondario ma anche forestieri.
Ritengo poi che quel clima di fervore ed interesse, portò a far sì che la città si appassionasse alla questione del Teatro, fino ad impegnarsi perché fosse ricostruito – quasi – com’era e dov’era.
Fu un momento atipico per una città in passato non proprio innamorata della propria cultura, ma sembrava un ottimo spunto per un cambio di tendenza che doveva proiettarsi verso un auspicato incremento. Era quindi assai facile per chi, futuro amministratore della città, raccoglieva quell’eredità, continuare in quel tracciato ed incrementarlo. Instauratasi una nuova amministrazione cittadina, poi nel 2017 cessò anche la disponibilità di Castel Sismondo da parte di Carim, e qui cominciarono i problemi.

Inutile ricordare ciò che accadde da allora ad oggi, è già fin troppo noto, come pure il diradarsi delle iniziative culturali a vantaggio di banali e vacui eventi spesso camuffati come tali.
Si sarebbe potuto investire denari e risorse nell’ampliamento della Biblioteca, del Museo, dato il copioso materiale esistente nei magazzini museali e non, e la disponibilità del vergognoso rudere dell’ex Convento di San Francesco nonché di Castel Sismondo stesso, ma si è preferito disperderli in progetti privi di senso, forzatamente invasivi ed offensivi per quei siti che questi andavano ad interessare.
Oggi siamo ostaggio di una pseudo cultura d’accatto, incentrata sulla folgorazione felliniana di un singolo sostenuta dalla piaggeria di coloro che lo circondano, con ciò disperdendo quello che si era costruito in precedenza.
Infine, al termine del mandato sindacale, abbiamo assistito ad un forzato tentativo della spruzzatina di “cultura” tanto per atto dovuto, tardivo, contraddittorio e inconsistente, che vede il suo culmine nella candidatura della città quale Capitale della Cultura 2024 (!)… sic.

Ciò è stato facile dato il quasi totale mancato dissenso per la tradizionale tipica inerzia del riminese tipo più che altro, ma sarà quanto mai difficile ripristinare quel minimo che possa solo assomigliare a quel periodo trascorso. E non vedo neppure da qualsivoglia parte politica una reale volontà in tal senso.
Perché siamo a Rimini e, come recita il motto gnassiano, “si fila dritto”; senza riflettere tanto sulla qualità di ciò che si realizza a livello culturale, ma soprattutto quanto questo ci costa in termini di denaro dei contribuenti per ottenere questi tristi risultati.

Salvatore de Vita

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