L’indebolimento della dialettica fra forze diverse non aiuta l’azione di governo e il parlamentare Ncd punta a condizionare pesantemente il sindaco. Lo spiega Giuseppe Chicchi, sindaco di Rimini per quasi un decennio, in questa intervista. Nella quale parla anche della crisi del centrodestra riminese, delle analogie fra l'alleanza Gnassi&Pizzolante con quella che negli anni 90 portò all'entrata in giunta della Dc, e del Pd ai tempi di Renzi (“l’invito a disertare il voto sulle trivelle gliel'ha suggerito la Total?”).
Un centrodestra diviso, che all’ultimo momento e per mancanza di leader più convincenti ha deciso di confluire controvoglia sul candidato della Lega Nord, indica un approdo molto problematico per quest’area politica: secondo lei perché il centrodestra è arrivato a questi esiti e come prevede andrà assestandosi la situazione? Pensa che la debolezza del centrodestra possa indebolire in qualche modo la città, chi la governa e il confronto democratico?
Rimini non è un’isola, ciò che accade qui è insieme effetto e causa di processi che si manifestano a livello più ampio: la crescita elettorale della Lega Nord, l’affermazione della Le Pen in Francia, se vogliamo anche il fenomeno Trump in America. E’ come se l’antica bandiera del liberalismo, quella delle infinite opportunità e dell’infinita fiducia nel libero mercato, venisse ammainata per sempre e al suo posto si alzasse la bandiera della trincea, della chiusura, del mercato protetto. Questo per dire che nulla accade per caso o per negligenza della classe dirigente del centro destra riminese. Ovviamente ciò non esime da responsabilità, per esempio quella di mettersi in gioco con una candidatura forte, perché la democrazia si indebolisce se viene meno la dialettica fra visioni diverse. Responsabilità che estenderei anche ai 5 Stelle, movimento che a Rimini ha un punto di forza e che si sottrae alla responsabilità del governo locale. Almeno così pare ad oggi.
Negli anni 90 anche la Dc riminese rinunciò ad un ruolo di forza politica alternativa e optò per l’alleanza col Pci-Pds, entrando nella giunta di cui lei fu sindaco nel 1992. E più tardi a Bellaria nacque il “laboratorio politico” Nando Fabbri-Italo Lazzarini. Vede delle analogie fra quella stagione politica e il “patto civico per Gnassi” messo in campo con la regia di Sergio Pizzolante e di qualche esponente del Pd?
L’unica analogia che vedo è sullo scenario. Nel ’92 il sistema politico collassò per tangentopoli e non solo, oggi il sistema politico rischia il collasso per la crisi del berlusconismo e le criticità del Pd renziano. Rivendico però la natura pienamente politica dell’operazione del ’92. La caduta del muro spazzò via le divisioni “di sistema” e favorì l’emergere della dimensione popolare che era il cuore del Pds e di una parte consistente della Dc. Infatti la Dc si spaccò dando a quel moderatismo “nobile” (nel senso che aveva comunque guidato l’Italia allo sviluppo) due esiti opposti: verso l’Ulivo di Prodi e verso Forza Italia.
Nel caso odierno siamo invece di fronte ad un accordo politico elettorale con una parte non piccola del centro destra riminese, per il Pd si tratta di un cambio di strategia e di alleanze che nessun organismo, tanto meno un congresso, ha legittimato.
A proposito di Pd. Una scelta importante come quella di allearsi col centrodestra mi risulta che nel Pd non sia stata discussa e votata dagli organismi deputati. Le sembra normale? E quale opinione ha dello stato di salute del centro sinistra?
Non mi sorprende, l’indebolimento del ruolo del partito (inteso come libera comunità di persone) è ormai oggettivo, sanzionato dal calo degli iscritti e perfino dei votanti. Direi di più, per la visione leaderistica di Renzi, e l’ego smisurato che la sostiene, il partito è inutile e forse dannoso. Semmai il problema è degli altri, dei suoi sostenitori interni che si accontentano di decisioni prive di analisi perciò del tutto subalterne al mercato. Due esempi di attualità: la dichiarazione d’amore per Marchionne (legittima dal punto di vista di Renzi) e di “inutilità” dei sindacati: ma ce la immaginiamo una società senza i sindacati? Quale visione della società c’è dietro queste affermazioni? E poi l’invito a disertare il voto sulle trivelle in un momento in cui la gente diserta i seggi. Se fossi malizioso, potrei pensare che glielo abbia suggerito la Total!
L’altro elemento che emerge è il coinvolgimento diretto del mondo economico, che con diversi suoi rappresentanti ha deciso di dar vita a formazioni “civiche” a sostegno del sindaco Gnassi. Come legge questa decisione che implica direttamente o indirettamente anche non pochi vertici delle associazioni di categoria?
Posso solo dire che apprezzo la posizione della Rinaldis e di Mirco Pari che, se non sbaglio, non partecipano a questa operazione in nome dell’autonomia delle loro associazioni.
Tutti pazzi per Gnassi? Cioè, la corsa ad allearsi col sindaco uscente indica il successo di Gnassi (com’è noto tutti vogliono salire sul carro del vincitore) e quindi un giudizio lusinghiero sui suoi primi cinque anni di amministrazione, oppure è il segnale di una crisi? E di che tipo? In fondo negli ultimi anni non è che siano stati tagliati molti traguardi positivi: dall’aeroporto al Palacongressi, dalle brutte performance di tanti indicatori economici fino al ridimensionamento di associazioni di categoria un tempo fortissime.
Si potrebbe dire che non è un problema di Gnassi, anzi pare che egli ne tragga vantaggio. Ma non è così, anzi, fossi in lui, sarei piuttosto preoccupato.
Perché?
Anzitutto perché l’indebolimento della dialettica fra forze diverse non aiuta l’azione di governo, a meno che qualcuno non pensi di essere depositario della verità e non credo sia il caso di Gnassi. Ed anche per il legittimo retroscena tattico dell’operazione Pizzolante: eleggere un numero di consiglieri sufficienti a condizionare pesantemente il sindaco. Il giudizio sul lavoro di Gnassi ne fa un candidato forte, quindi attrattivo. Tuttavia una classe dirigente deve anche guardare a cosa c’è sotto il tappeto.
Lei cosa vede sotto il tappeto?
Mi pare che i temi siano molti e molto impegnativi, perché gli asset portanti della nostra comunità sono quasi tutti problematici: il turismo riduce la destagionalizzazione e perde anche sul balneare, l’aeroporto è saltato e impiegherà anni per riprendersi, il Palacongressi è in difficoltà, il comparto edilizio è in crisi strutturale e nessuna azione anticiclica l’ha sostenuto (anzi), il Centro storico soffre, dell’ordine pubblico non parlo, perfino basket e calcio sono al limite. Credo che la domanda infine voglia alludere alla crisi della Cna…
Esattamente.
Per me è lo specchio delle difficoltà del vasto mondo dell’artigianato che pure fu uno degli elementi di forza della sinistra riminese. A questo punto però bisogna chiedersi chi e come fornirà agli artigiani i servizi innovativi che Cna forniva e valutare le conseguenze sul piano della competitività.
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