Ciao Poiaghi! Elogio dell’artista silenzioso che con Tonino Guerra costruì il museo più poetico del mondo

Ciao Poiaghi! Elogio dell’artista silenzioso che con Tonino Guerra costruì il museo più poetico del mondo

Ci lascia l’artista lombardo, ma verucchiese d’adozione, scoperto da Guttuso e da Morlotti. Innumerevoli le mostre a Rimini (i Musei civici custodiscono alcune sue opere). Per il poeta di Santarcangelo creò “L’Angelo coi baffi”, un progetto che è leggenda. “Non sopporto la parola ‘bellezza’ pronunciata da certe bocche…”

Un evento è emblema. “Nel 1978 vince il Concorso Nazionale, bandito dal Comune di Bellaria, per la realizzazione di una grande scultura dedicata ai Caduti della Resistenza. Ciò deciderà il suo trasferimento in Romagna, prima a Rimini, poi a Verucchio, dove vive ed opera dal 1981”. Nel 2014 il Comune di Bellaria decide di eliminare l’antica opera, che s’intitola Passatopresente. Poiaghi, con la delicata ferocia di un monaco, risponde che il gesto è uno “scempio”, è un “atto vandalico”; poi fila la sciabola della disciplina, “penso, comunque, che questa vicenda abbia portato uomo e artista ad operare ancora più consapevoli e uniti”.
Luigi Poiaghi, di Corsico, classe 1947, si era formato all’Accademia di Brera; neppure ventenne, su interessamento di Renato Guttuso, Bruno Cassinari e Ennio Morlotti, realizza la sua prima personale, nel 1964. L’incontro con Fausto Melotti, nei Settanta, forma questo piccolo, grande artista sbalzato nella solitudine, disavvezzo alla gloria tributata dal mondo, orientato al rischio rapace e vertiginoso dell’arte. Da Tokyo a New York, Poiaghi – apprezzato anche da Federico Zeri, tra gli altri – espone un po’ ovunque. In Romagna fonda un sodalizio con Tonino Guerra, per cui realizza L’Angelo coi baffi, per la Chiesetta dei Caduti di Pennabilli, “il più sguarnito e poetico museo del mondo”, con una sola tela – quella di Poiaghi – e la didascalia poetica di Guerra, “C’era una volta un angelo coi baffi/ che non era capace di fare niente/ e invece di volare attorno al Signore/ veniva giù nel Marecchia…”.
Consueto, per Poiaghi, il legame con Rimini – i cui Musei civici detengono alcune sue opere – dove espone, nel 1989, alla Galleria dell’Immagine, poi da Balena, nel 1991 e nel 1992, poi nei Musei civici, nel 1993, da Raffaelli, nel 1997. Le ultime mostre riminesi sono nel 2010 (Colori) e nel 2013, nell’ambito di “Rimini. Foto di settembre”, dove è presente con la mostra Ritratto per assenza. Sono immagini di addio, in un bianco&nero bronzeo, di inesausta delicatezza. Fotografo dal talento da orafo, di bizantina sensibilità verso la vita che scorre e si frantuma, Poiaghi, questo angelologo degli dèi in esilio, con il progetto Ombre, è secondo al SI Fest 2015. In una immagine, due uomini sono in un barattolo, su un tavolo spoglio, una pietà claustrofobica li travolge. “Professionista? Non ho mai amato questa parola, come non amo, ad esempio: competizione, mercato, lusso, soldi… perfino la parola bellezza pronunciata da certe bocche”, ha detto Poiaghi, che ci lascia, in modo dimesso, scontroso, come i veri artisti.
“Era un uomo buono e riflessivo, si nutriva di bianco (inteso come colore) e di fili… e forse attraverso i fili voleva unire le grigie periferie lombarde, quelle dei muri che profumano di nebbia e di peccato, con il sole marino della Riviera Adriatica dove si era trasferito per amore, sulle colline di Verucchio”, ci scrive un vagabondo lettore di queste pagine, Silvano Tognacci, da Novafeltria. “L’ultimo ricordo che ho di lui sono le parole che scrissi sul libro delle firme di una mostra fotografica che fece anni fa nella piazza di Verucchio… erano foto in bianco e nero con pochi soggetti, minimaliste nella forma, barocche nel significato… si vedevano bottiglie vuote e bottiglie con acqua… la semplicità di quelle foto era la misura della battaglia che aveva ingaggiato con il Dolore e gli scrissi: ‘dalle tue foto si vede che conosci il valore salvifico delle lacrime’”.
Per l’Ospedale di Stato della Repubblica di San Marino, Poiaghi ha creato l’installazione Come un volo di colombe. “La rappresentazione non vuole essere una finzione del volo ma una volontà di esso”, scrive Poiaghi nella relazione al progetto, vincitore. La relazione è anticipata da una poesia. “Varcando il limite…/ tentando un orientamento che potesse/ indicarmi la direzione del tutto”. Ora è nel volo, nel tutto, che abita Poiaghi, l’artista che fece il calco all’assenza.

Fotografia: Luigi Poiaghi, L’Angelo coi baffi, ex Chiesa dei Caduti di Pennabilli

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