Come si spiega il «soccorso rosso» della Regione nella fusione fra BolognaFiere e Ieg

Come si spiega il «soccorso rosso» della Regione nella fusione fra BolognaFiere e Ieg

Stefano Bonaccini ha annunciato l'aumento della partecipazione azionaria (per ora una dichiarazione d'intenti priva di dettagli) di via Aldo Moro mosso da una necessità e da un obiettivo. Sbloccare una situazione di forte tensione, vicina alla frattura, fra Bologna e Rimini sulla governance della nuova società fieristica. E aprire la strada al nuovo futuro lavorativo del sindaco di Rimini. Che è anche il modo per disinnescare la mina del dopo Gnassi in casa Pd.

L’intenzione di aumentare la quota azionaria della Regione Emilia Romagna nel capitale della nuova società fieristica per fusione fra Bologna e Rimini, puzza lontano un miglio!
La dichiarata volontà di Bonaccini, di accrescere il peso delle quote pubbliche nella nuova società fieristica regionale, appare smaccatamente anche come un aiuto a supportare in prospettiva ruoli di vertice per il compagno sindaco in repentina scadenza a Rimini. Solo gli ingenui possono intravedere nell’operazione una sorta di sostegno patrigno della Regione alla nuova società fieristica che, fra l’altro, nasce in tempi amministrativi assai sospetti.
L’imminenza di scadenza del secondo mandato sindacale per Merola e per Gnassi avrebbe infatti consigliato un doveroso senso di nobile realismo politico che, invece, non appartiene all’onnivora classe dirigente della sinistra. Era difatti opportuno e corretto un atteggiamento rispettoso della democrazia di mandato che di certo consigliava di rimandare alle prossime maggioranze le decisioni riguardanti la fusione, o non, dei due principali enti fieristici della Regione. Anche questa furtiva decisione in fine di legislatura amministrativa dimostra il timore delle attuali maggioranze di governo locale di perdere il controllo soprattutto di Palazzo Garampi e, dunque, l’urgenza di individuare un possibile ruolo per Gnassi che in altro modo rischierebbe seriamente di non avere più alcun incarico retribuito. Si tratta, in altre parole, non solo di un intervento teso a sbloccare una situazione di forte tensione (inchiodata da circa tre mesi), vicina alla frattura, fra Bologna e Rimini sulla governance della nuova società fieristica, ma anche di un soccorso regionale rosso al Sindaco di Rimini per necessità occupazionale di post mandato. Piazzare Andrea Gnassi al posto di Cagnoni significa infatti toglierlo di mezzo dalla scena politica riminese, dove rischierebbe certamente di non favorire una soluzione indolore nella scelta del suo successore.
Sarebbe bene che almeno i soci privati che partecipano a questa operazione aprissero gli occhi e ne impedissero la praticabilità che, del resto, grida vendetta. Come non vedere che il sistema fieristico e congressuale di tutto il mondo vive un tempo di profonda involuzione, non solo di recente e non solo a causa dell’emergenza pandemica. Ma anche per gli sviluppi da anni ben noti agli addetti ai lavori, di una profonda trasformazione nell’organizzazione in presenza degli eventi espositivi e fieristici, che dovrebbe consigliare anche nel “nostro” caso un’attenta riflessione e una scrupolosa programmazione dei passi da compiere. Non già un’improvvida accelerazione verso una forzata fusione che nasconde ben altre esigenze e interessi rispetto a quelli pomposamente espressi e dichiarati ai quattro venti solo per ammantare un’operazione spudoratamente politica fra compagni del quartierino.
A queste difficilmente contestabili considerazioni si aggiunge un secondo peloso indizio che rende il nostro ragionamento ancora più solido a sostenere la prova di un affaire infingardo. Si è tenuto in carica l’attuale presidente della fiera di Rimini, oltre ogni limite di mandato, introducendo un «accanimento terapeutico» che grida vendetta ad ogni livello di giudizio, solo per mantenere una ben remunerata poltrona nelle disponibilità dell’attuale primo cittadino e solo per ammansirne gli alti desiderata e le sfrenate ambizioni. Ce ne sarebbe abbastanza per ribaltare ogni tavolo di discussione se in circolazione ci fosse una classe politica in grado di esercitare le proprie funzioni, sia in maggioranza che all’opposizione, ma pare proprio che ancora una volta non si voglia vedere l’evidente. Aprite gli occhi e non la borsa!

Marino Straccialupi

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