Le occasioni mancate del centrodestra: quando costrinsero alle dimissioni il sognatore Tadei

Le occasioni mancate del centrodestra: quando costrinsero alle dimissioni il sognatore Tadei

L'imprenditore magnanimo della Papa Giovanni XXIII ha resistito 34 giorni prima di dare forfait. Non arrivò a misurarsi col voto dei riminesi il 28 maggio 2006. Come era già accaduto al candidato individuato cinque anni prima dalla stessa area politica. Ricostruiamo questa pagina abbastanza buia. Con tutti i protagonisti in commedia.

Se nel 2001 Giorgio Lisi aveva resistito una ventina di giorni (dal momento della ufficializzazione della candidatura con la benedizione di Silvio Berlusconi), nel 2006 Vittorio Tadei è rimasto in sella 34 giorni. Dal 26 febbraio al 31 marzo. Non è arrivato a misurarsi col voto dei riminesi alla scadenza del 28 maggio. Il «candidato fuori dagli schemi» (Carlino), colui che si definì subito «un uomo libero di mettere in pratica le cose in cui credo» e che creò tanta attesa intorno alla sua discesa in campo, all’apparire di un affaticamento legato al tour de force elettorale, mandò un comunicato stampa striminzito col quale annunciò di essersi fatto da parte. Troppe le pressioni che si sentì addosso. Troppo il dolore che provò quando dall’interno della Papa Giovanni XXIII, la sua Papa Giovanni XXIII, lo attaccarono con durezza rinfacciandogli di essere il portabandiera «della destra e di Cl». Che per il suo programma aveva scelto un titolo che «potrebbe essere benissimo un titolo del Meeting». Un’accusa un po’ luciferina per uno come Tadei, che sin dal primo apparire nell’agone aveva gridato ai quattro venti di essersi «candidato perché credo di poter essere davvero al servizio della gente. Non cerco un lavoro, non cerco privilegi e non mi interessa il potere per il potere. Ma ho una certezza: proprio perché non ho niente da vincere o da perdere, sono libero» (Carlino 12 marzo 2006). Libero da tutti, insomma, anche dalla Casa delle libertà. Tanto che non perdeva occasione, anche nei faccia a faccia coi partiti del centrodestra, di ribadire «di essere altra cosa dai partiti ma non contro i partiti» (Carlino 17 marzo 2006). Tanto da essere «orientato a designare un proprio rappresentante per tenere i rapporto con la CdL». Nella sua prima uscita pubblica alla Sala degli archi dirà: «La mia lista civica è aperta a tutti gli uomini di buona volontà, dall’estrema destra all’estrema sinistra».
Invece Stefano Vitali, assessore ai servizi sociali del Comune di Rimini dal 1999 al 2009, quando si dimise per candidarsi alla presidenza della Provincia, e risultò eletto dopo il ballottaggio con Marco Lombardi, ma anche “discepolo” di don Oreste, gli lanciò una di quelle fiondate che di solito si riservano ai nemici: «Tadei uomo di destra e di Cl. A tutti stanno a cuore anziani e bambini, non faccia il furbo» (Corriere di Rimini, 13 marzo 2006). «Cinismo da politico di professione», lo fulminerà Fabrizio Miserocchi (La Voce di Rimini, 14 marzo 2006). Era stato un pochino più tenero Alberto Ravaioli, ma nemmeno tanto. Ecco la sintesi che si può ancora leggere su Newsrimini: «Una persona di valore, peccato che sia di centrodestra. E’ questo il commento del sindaco Ravaioli all’ufficializzazione di Vittorio Tadei come candidato a sindaco di Rimini».

Non è un segreto che fu proprio l’ostilità che incontrò in “casa” propria a farlo desistere. Vitali «nel 2006 ci mise la faccia – come dice lui – a impallinare la candidatura di Vittorio Tadei a sindaco di Rimini, e tre anni dopo si trovò a fare il presidente della Provincia di Rimini» (Buongiornorimini). «Renzi, pur credendo alla tesi delle condizioni di salute attribuisce il forfait di Tadei alle troppe stressanti pressioni che gli sono state rivolte degli ambienti cattolici» (Carlino, 1 aprile). Ma al di là delle cronache, la sua amarezza Tadei la raccontò agli amici più vicini. Non volle creare una frattura nella Comunità Papa Giovanni e nel mondo cattolico, dove pure non mancarono altri “sponsor” del centrosinistra che lo osteggiarono. Era già stato avvicinato in occasione delle elezioni del 1999 da esponenti del cattolicesimo riminese che gli proposero di avventurarsi nella esperienza di sindaco. Ma declinò l’invito perché aveva un’azienda in forte crescita da seguire in prima persona. Nel 2006 invece, ormai settantunenne, e con la Teddy dalle spalle robuste (407 negozi sparsi in tutto il mondo e 250 milioni di euro di fatturato: questa la fotografia che scattarono i giornali del tempo), sentì di potersi mettere al servizio senza riserve. Si confrontò con alcuni amici, compreso Don Oreste Benzi, e si lanciò. Mai avrebbe immaginato il fuoco amico. Ingenuamente, forse. Ma Tadei non riusciva nemmeno a considerarlo possibile il fuoco amico. Esorbitava dalla propria forma mentis.

«Tutti in coro: si stanno creando le condizioni di una svolta in città con Tadei» (Carlino, 3 marzo 2006). Era questa l’aria che tirava. «A muoverlo in questa discesa in campo, quanto mai inaspettata per lui stesso, è la convinzione di poter contribuire a dare un “sogno, una speranza” alla città che, secondo il candidato, ne ha bisogno. Un linguaggio quello di Tadei che non ha niente a che fare con quello della politica. Di sicuro non finge».
«Il suo sogno è quello di amministrare Rimini mettendo al centro la persona affinché si possa raggiungere il vero bene comune» (Carlino, 12 marzo 2006). I Ds erano in mano al segretario provinciale Riziero Santi e al segretario comunale Tonino Bernabè. Fu una sorpresa anche per loro la decisione di Tadei. La Quercia reagì ostentando superiorità: «noi non lo sogniamo il cambiamento ma lo costruiamo giorno per giorno». Ma veniva messa sul banco degli imputati per la cementificazione della città, con già due centri commerciali inaugurati (poi sarebbe arrivato anche l’Ikea), che avevano messo in sofferenza il commercio nel centro storico. Maurizio Melucci dichiarava: «Certo che la città è cambiata, ma quella cementificazione è stata voluta per lo sviluppo della città» (Carlino, 14 marzo 2006). In realtà i Ds dovevano fare i conti con forti critiche interne al centrosinistra. Ennio Grassi (già parlamentare Pds e poi con i Progressisti dal 1990 al 1995, nel periodo relativo ai fatti di cui ci stiamo occupando esponente della parte ulivista dei Dl e del gruppo “dei sognatori”) la pensava così: «Per come si stanno mettendo le cose è più riformista e a sinistra Vittorio Tadei rispetto a un programma che non c’è. E ha più motivazioni sociali e culturali, ha un disegno di sviluppo, una maggiore attenzione al dibattito della città».

Alberto Ravaioli aveva dalla sua già un mandato pieno da sindaco e dunque punti di forza ma anche di debolezza. In quest’ultimo capitolo pesava ad esempio la cronica mancanza di parcheggi, tema sul quale era fatto bersaglio delle categorie economiche. Titolo ironico del Carlino (17 marzo 2006): «Anche Ravaioli ha un sogno, diecimila nuovi parcheggi».
«L’obiettivo della legislatura 2006-2011 è quello di realizzare direttamente e in collaborazione con i privati 3700 nuovi posti auto a servizio del centro storico e circa 7mila nuovi posti auto per la fascia turistica per un totale di 10.640. Obiettivo passare dai 5,3 veicoli per posto auto di oggi ai 3,4 veicoli del 2010. Le nuove aree di sosta a servizio del Palazzo dei Congressi (circa 2000) dovranno essere messe in rete con il centro storico». Rispondeva Confcommercio: «Il clima elettorale rende fervida l’immaginazione e anima i cuori dei migliori propositi per pensare ad una città migliore. In effetti i parcheggi sono un sogno non solo per Ravaioli ma per tutti i riminesi, in particolare quelli del centro storico.Troppe promesse sono state fatte per risolvere un problema che, assieme alla viabilità, è diventato ormai cronico. Quali i risultati? Nessuno, ad oggi. E dire che nei cassetti del sindaco c’è un Protocollo di intesa firmato dal Comune e dalle parti sociali, tra cui la Confcommercio, ormai ingiallito e ricoperto di polvere. Per non parlare della famosa “area Scarpetti” che fu messa dall’amministrazione comunale sul piatto di scambio per la realizzazione delle Befane. Cose da “Chi l’ha visto”. Sognare è bello quando ai sogni seguono fatti concreti. Li aspettiamo al varco». Promette la Murri e 1200 posti di lavoro tra diretti e indotto (Carlino, 29 aprile 2006). Promette il teatro Galli «da ricostruire entro il 2011». Promette lo «stop al cemento» (Corriere di Rimini, 7 marzo 2006). Non ci ha creduto nemmeno Andrea Gnassi, che ha messo al centro del suo mandato lo sforzo per «invertire la tendenza verso il consumo del territorio», e «la diminuzione delle cubature», «contro tutti i difensori dei diritti acquisiti», fino a denunciare: “Anche io minacciato per la mia battaglia contro il cemento” (RiminiToday). Promise il recupero filologico dell’ex convento di San Francesco per trasformarlo in biblioteca universitaria.

Per i tanti che avevano creduto nella sfida portata con serena determinazione dall’imprenditore magnanimo, con la sua lista civica sostenuta dal centrodestra, «una vita privata spesa in solidarietà», la lettura dei giornali del 1 aprile sembrò uno scherzo: «Tadei lascia la corsa» (Carlino). «Tadei resta un sogno» (La Voce di Rimini). «Il sogno nel cassetto» (Corriere di Rimini). Invece no. Non si trattava di uno scherzo. «Per problemi di salute di natura cardiaca, riscontrati durante l’ultima settimana, lascio la candidatura a sindaco di Rimini. Nel farlo ringrazio tutte le persone che hanno creduto in me e ne “il sogno e la speranza”. Spero che questo sogno e questa speranza possano un giorno essere ripresi in mano da qualcun altro: tutte le persone di “buona volontà” che hanno creduto in questo progetto testimoniano che un cambiamento è possibile. Io non sto bene e non posso mettere in pericolo la mia vita, per questo motivo mi ritiro dalla scena pubblica». Anche Vittorio Tadei dava forfait. «Un sondaggio dava il civico in vantaggio di 3 punti» (La Voce di Rimini). Naturalmente Ravaioli si affretta a testimoniare vicinanza e stima a Tadei.
Sul fatto che fosse un candidato insidioso in pochi nutrivano dubbi. Il primo a dargli credito e ad appoggiarlo con entusiasmo fu il prof. Stefano Zamagni.
I due si incontrarono a Bologna e poi l’economista spiegò in diverse interviste le ragioni del suo assist: «Tadei rimette in pista la città» (La Voce di Rimini). Svolgimento: «L’annuncio dato da Tadei rappresenta una buona notizia per tre ragioni. La prima: non può che fare bene alla democrazia. In democrazia succede un po’ come nel mercato: funziona bene se c’è un’autentica e vera competizione. E la competizione c’è se l’alternativa è reale, e non fittizia. Chiunque ami la democrazia non può che rallegrarsi della discesa in campo annunciata da Tadei, una persona autorevole, la cui biografia parla a suo favore. La seconda ragione: questa candidatura emerge dalla società civile, non è una candidatura che va contro i partiti, non viene da un ‘impolitico’. La candidatura ha un interesse a smuovere le acque un po’ stagnanti della politica riminese. Non c’è stata una vera opposizione e questo non produce il bene comune. La terza ragione: la costituzione di una lista civica con a capo Vittorio Tadei rimette al centro i temi del bene comune e non gli schieramenti di partito. Questa operazione è il segno che si è data una mossa la società civile riminese».
«Stefano Zamagni: Tadei è il nuovo, esprime la reazione di chi è stanco» (Corriere di Rimini, 5 marzo 2006). Qui il professore sosteneva che «più che un sogno, è il gesto che è positivo. E’ il tipico sasso nello stagno. La politica riminese negli ultimi venti anni è in una fase di blocco, non è contenibile. Una maggioranza, anche la migliore della terra, deve essere contenibile, la vera democrazia è l’alternanza. Tadei è un candidato credibile perché è espressione della società civile, viene dal basso, esprime la reazione di chi è stanco di questo modo non deliberativo di fare politica».

La Voce di Rimini l’aveva definito il “fattore T”. Per l’ex sindaco Massimo Conti «è un candidato forte, un candidato imprenditore, credo sia la prima volta a Rimini, non strapperà voti solo alla Margherita ma anche a tanti delusi della sinistra». Per Bruno Sacchini (La Voce di Rimini, 5 marzo) «è indubbio che la discesa in campo dell’imprenditore Vittorio Tadei come candidato sindaco a Rimini rappresenta un fattore di novità a dir poco sensazionale, in una competizione dall’esito altrimenti scontato.» Massimo Lugaresi non ci metteva la mano sul fuoco sulla vittoria di Tadei ma da navigato volpone della politica era dell’idea che «un programma realizzato dal professo Zamagni contro quello di Bernabé più altri 25 è uno scontro tutto da vedere».
I Ds devono prenderci le misure, e a modo loro si mettono all’inseguimento di Tadei: «presentano un programma infarcito di pensatori cattolici. Si va da La Pira a Madre Teresa di Calcutta passando per Pio XI (che definì empio e ingiusto il comunismo) e Stefano Zamagni» (La Voce di Rimini, 14 marzo).
«Il primo effetto che la candidatura di Vittorio Tadei sta avendo è quello di creare fibrillazioni sia nel centrosinistra che nel centrodestra. La Rosa nel Pugno fa notare che con un avversario così forte non bisogna disgregarsi. La Margherita fa capire che Tadei rischia di portar via consenso al centro» (Corriere di Rimini, 1 marzo 2006). E «Tadei avrebbe nella manica anche l’asso di un esponente della Giovanni XXIII pronto a stare in lista con lui». C’è anche Sergio Pizzolante, candidato con Forza Italia, a cannoneggiare contro i compagni alla guida del Comune e della Regione. A chi gli domanda cosa augura a Rimini per le elezioni comunali, risponde: «Che si concluda il sessantesimo dei governi comunisti e post comunisti». E sui problemi dei centro storico? «Negli ultimi quindici anni l’amministrazione comunale si è preoccupata di svuotare il centro storico con i grandi insediamenti commerciali fatti realizzare all’esterno. Bisogna invertire la tendenza». Alla Voce di Rimini (15 marzo 2006) spiegava che in Emilia Romagna c’è un «capitalismo spregiudicato, fatto prevalentemente di cooperative rosse. La libertà di mercato è limitata. Esiste un blocco di potere tra amministrazioni locali, partito e sistema economico dominato dalle coop che non fa crescere competizione e concorrenza. Durante la prima Repubblica, Emilia Romagna, Toscana e Umbria venivano considerate la nostra Italia dell’Est, senza Berlusconi avrebbero assorbito anche il resto del Paese». C’è il presidente della Camera di commercio Manlio Maggioli, ancora pungente, che è «stanco di ripetere tutto ciò che non va», e di dire – confessa ai giornalisti – «che Rimini soffre perché difficile da raggiungere, perché non riusciamo a far decollare l’aeroporto…Abbiamo inventato il turismo, da quanto tempo non inventiamo più niente?» (La Voce di Rimini, 24 marzo 2006).

Ma anche Tadei lascia in corsa. Ormai lanciatissimo verso il traguardo.
«Perché ad ogni elezione la Casa delle Libertà va in barca?» (Carlino, 20 aprile). «Voglio capire bene quello che è successo. E’ la seconda volta che capita. Ci sono responsabilità di cui qualcuno si deve fare carico se per la seconda volta il centrodestra si trova in queste condizioni?», tuona Gioenzo Renzi (Carlino, 2 aprile 2006). «L’assessore della Margherita Stefano Vitali il giorno prima, cioè giovedì pomeriggio, andava dicendo che Tadei si sarebbe ritirato. Non lo sapevamo noi dei partiti in suo appoggio, e lo sapeva lui?», ancora parole di Renzi (La Voce di Rimini). I boatos su un Tadei affaticato si rincorrevano già dall’ultima settimana di marzo, ma in vista non c’era il ritiro: «Problema alla spalla per Tadei che non molla» (La Voce di Rimini, 29 marzo 2006). «E’ ammalato e ha dovuto mettere un freno ai suoi numerosi impegni. L’indiscrezione circolava da qualche giorno e ieri è stata confermata dallo staff dell’imprenditore, ma senza nessun comunicato ufficiale: “Niente di preoccupante” dicono i giovani collaboratori di Tadei. “Vittorio è affaticato e in questi giorni deve dosare meglio le forze”. Nei corridoi della politica c’erano però i pessimisti che davano Tadei sul punto di abbandonare la candidatura: “Niente affatto” è la replica dello staff, “sta lavorando ma a un ritmo più leggero”». Invece abbandona. Ancora Gioenzo Renzi: ci sono  «gruppi di potere che, ho il sospetto, sono interessati più a mantenere questa situazione che ad un reale cambiamento. Ogni volta che in questa città nasce un’istanza di cambiamento succede il medesimo scenario. E’ successo 5 anni fa e succede ora. Non mi piace neppure l’atteggiamento del centrosinistra. Non vorrei che Tadei abbia subito pressioni» (Corriere di Rimini, 2 aprile 2006). «Negli ultimi giorni manifestava delusione per quelle che lui chiamava “compravendite” di persone in politica» (La Voce di Rimini).

Si può terminare con una nota di colore. Dopo che Tadei si chiama fuori, fa la sua comparsa sulla stampa un referente della lista “del sogno e della speranza”. «Molti ci chiedono di andare avanti, il problema è che qualsiasi altro candidato snaturerebbe il progetto di Vittorio. Per quanto mi riguarda una candidatura rappresenta un’ipotesi prematura» (La Voce di Rimini, 9 aprile 2006). Chi è il misterioso interlocutore che addirittura scarta l’ipotesi di prendere il posto dell’imprenditore perché non si sente ancora pronto? E’ Cristian Gianfreda, «responsabile della Capanna di Betlemme e referente della lista Tadei». Per il  Corriere di Rimini (3 aprile 2006) dopo «l’uscita di scena di Tadei, potrebbe toccare a Gianfreda».
«Si dice che Cristian Gianfreda potrebbe essere promosso dal ruolo di capolista a quello di candidato sindaco. A quel punto è chiaro che la Cdl sarebbe costretta a correre in proprio. Mentre i ragazzi di Vittorio Tadei avrebbero le mani libere per decidere come comportarsi in caso di ballottaggio». Quindi un altro progetto politico rispetto a quello di Tadei. Gianfreda dal 2011 comincia un percorso di avvicinamento al Comune di Rimini: prima come portavoce del gruppo di lavoro “Housing Sociale” all’interno del Piano Strategico. Poi come supervisore del progetto sociale per i senza fissa dimora “Housing Fist” per conto della Comunità Papa Giovanni XXIII. Nel 2016 si candida con la civica “Rimini Attiva” a sostegno di Gnassi ed entra in consiglio comunale. Più di recente si candida ancora, stavolta per il consiglio regionale, nella lista civica per Bonaccini Presidente.

Via Tadei, trascorrono quasi tre settimane prima che il centrodestra metta insieme un altro candidato e non senza fratture interne fra chi ritiene si debba continuare a puntare sul civico e chi sul politico. «E’ Bucci l’anti Ravaioli» (Carlino, 18 aprile). Mancano solo dieci giorni alla presentazione delle liste. E’ il coach, 58 anni, bolognese anche se dal 1997 residente a Rimini. Gioca «per vincere» con la sua lista “Rimini Nuova”, mette insieme una squadra «che sembra la formazione di un team di basket. A parte gli sportivi non ci sono nomi altisonanti» (La Voce di Rimini). E’ «un candidato di rimbalzo» (Corriere di Rimini, 19 aprile 2006). Sarà sconfitta per il centrodestra.

Vittorio Tadei si è spento nella notte del 13 luglio 2016, dieci anni dopo il sogno che non ha potuto coronare.

2 – continua.

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