Confronto Borgonzoni-Bonaccini: primato della persona vs dirigismo centralista

Confronto Borgonzoni-Bonaccini: primato della persona vs dirigismo centralista

Al Centro Andrej Tarkovskij, in due separati momenti, Stefano Bonaccini e Lucia Borgonzoni hanno spiegato la loro visione della Regione Emilia Romagna e toccato i temi di fondo che li caratterizzano. Ad ascoltarli anche Bruno Sacchini, che traccia un bilancio.

Nel raffronto tra gli interventi di Bonaccini e Borgonzoni al Teatro Tarkowskj, è emerso quel medesimo deficit culturale che caratterizza, senza eccezioni, tutto il panorama dei partiti e dei leader presenti sul mercato politico oggi.
Nel senso della mancanza d’un esplicito progetto culturale non appiattito semplicisticamente sulle cose da fare, cioè sui programmi, ma scaturente da una vision, da una Welthanshaaung, da un’ideologia insomma con cui manipolare criticamente la realtà.
All’insegna di quella politica come “forma più compiuta di cultura” teorizzata dallo stesso don Giussani.
Con un distinguo sostanziale che però fa la differenza.
Perché nell’intervento di Bonaccini la cosa si rileva come dirigismo e centralismo burocratico totalmente privo di quell’anima materialistico-dialettica che costituiva la punta di diamante dell’ormai defunto Partito Comunista.
Materialismo dialettico o storico, per dirla con Gramsci, colpevolmente rottamato da una classe dirigente che oggi ha come sua unica sostanza il potere e l’esercizio del potere, in maniera verticistica e Statalista.
Donde una sanità saldamente in mano allo Stato-Regione di contro, come esplicitamente dichiarato dallo stesso Bonaccini, al modello Lombardo che valorizza vistosamente il privato, nonché l’educazione intesa come intromissione nella potestà genitoriale attraverso il progetto di asili nido impropriamente riformulati e riorganizzati come “scuola dell’obbligo”.
Una concezione in cui, come ha detto qualcuno, i bambini appartengono non ai genitori ma al sistema, Bibbiano o no poco importa.
La medesima mancanza di esplicito progetto culturale si rileva anche all’interno dell’intervento della Borgonzoni.
Con la differenza sostanziale che il suo discorso, al contrario di quello di Bonaccini, è stato tutto imperniato sul primato della persona cui occorre dare ascolto in via prioritaria, al contrario di quello che succede nell’attuale sistema dove ciò che conta sono solo programmi e numeri, a scapito di quel primato e a favore della “nomenklatura”.
Discorso “aperto”, quello della Borgonzoni, che va assolutamente apprezzato proprio per il respiro che introduce all’interno della asfittica rigidità d’un Regionalismo omologo allo Statalismo vetero-comunista.
Premessa questa che affaccia la possibilità d’un compimento culturale del dato di partenza affidato o ai leader nazionali della Lega oppure agli intellettuali che ruotano attorno al suo simbolo ammesso che ne siano capaci.
Tutte cose che rendono ulteriormente plausibile il voto alla Lega, al di là della semplicissima constatazione che, dopo cinquant’anni di egemonia comunista ed ex-comunista, una vittoria del centrodestra, in forza dell’alternanza, non potrebbe fare che bene alle ragioni della democrazia.

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