Un manifesto dai contenuti chiari annuncia una mobilitazione pubblica che arriva dopo l'ennesimo rinvio per il ritorno in classe degli alunni delle scuole superiori. «I giovani devono tornare a rappresentare la priorità e la loro formazione in presenza è da considerarsi vitale come la sanità e l'alimentazione».
La situazione più disastrosa, dal punto di vista della gestione della pandemia, è quella delle scuole. L’incertezza regna sovrana. Prima si prendono decisioni e poi si cancellano alla vigilia della loro entrata in vigore. Un vero colabrodo. Regna l’anarchia. Nel Lazio e in Liguria il rinvio è stato fissato al 18 gennaio, in Sicilia al 30, in Umbria al 25, come in Emilia Romagna.
Gli alunni delle scuole superiori (mentre elementari e medie hanno ricominciato in presenza dal 7 gennaio) avrebbero dovuto tornare in classe lunedì, ma solo ieri dalla Regione è arrivato lo stop. Tutto rimandato al 25 gennaio. Motivo? L’aumento dei contagi. Ma se col Covid occorrerà convivere ancora per mesi, e se tutti assicurano di avere previsto ogni misura di precauzione per poter tornare in classe in sicurezza, perché si continua a rimandare? E che «colpa» hanno gli studenti in merito alla impennata di contagi?
«La situazione pandemica certo non migliora, in Emilia-Romagna e nel Paese come dimostrano i nuovi dati contenuti nel report settimanale dell’Istituto superiore di sanità e della Cabina di regia, che portano la nostra regione a entrare in fascia di rischio arancione da domenica prossima. E rimangono troppe incertezze rispetto alla possibile evoluzione, in un contesto europeo fortemente critico, verso il quale anche l’Italia potrebbe tendere in assenza di ulteriori misure restrittive, come ha ribadito ancora oggi l’Iss, dopo valutazioni analoghe fatte già nei giorni scorsi dal ministro della Salute nel confronto con le Regioni». Così l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini. «La curva epidemiologica sale e con essa anche il livello di saturazione dei reparti di terapia intensiva. Oltre alla campagna vaccinale bisogna promuovere ogni sforzo per abbassare il numero dei contagi. Solo nei prossimi giorni, con la verifica dell’impatto delle misure adottate durante le festività, avremo un quadro più chiaro e potranno essere prese ulteriori decisioni. Ora è necessario applicare il principio della massima prudenza e precauzione, lo stesso scelto dalle regioni in procinto di entrare in fascia arancione e da numerose anche in fascia gialla».
Perché, però, a farne le spese deve essere sempre la scuola e in particolare quella secondaria di secondo grado? Studenti e genitori non ci stanno, ma anche tanti docenti e dirigenti scolastici sono sulla stessa lunghezza d’onda.
Nasce dal basso il flash mob organizzato per lunedì 11 in piazza Cavour («nel rispetto delle norme anti Covid»), che si sta diffondendo con il tam tam sui social, e che presenta contenuti ben motivati e dal titolo molto chiaro: «manifesto contro la pandemia educativa». L’appuntamento è dalle ore 8 alle 13 e vedrà anche un gesto simbolico d’effetto: i partecipanti si presenteranno con gli zaini vuoti.
Il perché di questa manifestazione viene spiegato dagli organizzatori in dieci punti. Eccoli di seguito:
1. perché non vogliamo altre incertezze e altra confusione sulla riapertura delle scuole. E’ la scuola a produrre i suoi cittadini;
2. perché i giovani devono tornare a rappresentare la priorità e la loro formazione in presenza è da considerarsi vitale come la sanità e l’alimentazione;
3. perché il diritto alla salute va inteso anche come diritto alla salute psicofisica: non possiamo più permettere che le ragazze e i ragazzi vivano nel chiuso di una stanza e che la loro adolescenza subisca danni irreparabili;
4. perché un recente rapporto di Save the Children registra stanchezza, sfiducia e paura del futuro tra gli adolescenti, oltre che rendimento in calo e difficoltà a seguire le lezioni online;
5. perché i problemi che gravitano intorno alla scuola, come ad esempio i trasporti, devono trovare una soluzione efficiente ed adeguata ora, così come le istituzioni avevano promesso ed il tempo avrebbe permesso di realizzare;
6. perché il diritto allo studio è uno dei diritti fondamentali ed inalienabili della persona, indissolubilmente legato al diritto di eguaglianza;
7. perché la scuola ha saputo attrezzarsi garantendo igienizzazione, distanziamento e uso di mascherine;
8. perché la maggior parte degli studenti è seria, responsabile e rispettosa delle regole;
9. perché nessuna attività è a “rischio zero”: occorre una programmazione della riapertura delle scuole che sia all’altezza delle aspettative degli studenti; da questo dipende il loro futuro;
10. perché la didattica a distanza, seppur utile strumento in caso di estrema necessità, non può essere sostitutiva delle lezioni in presenza per lunghi periodi.
Un decalogo che muove da principi sacrosanti, che interpella tutti, a partire da chi ha il compito e la responsabilità, anzi il dovere, di garantire un diritto fondamentale.
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