«Da quando hanno chiuso lo scolo Brancona vivo con l’acqua in casa»

«Da quando hanno chiuso lo scolo Brancona vivo con l’acqua in casa»

La disavventura è capitata al re dei collezionisti di tutto quanto ruota intorno alla birra, che vive a Torre Pedrera. Da anni una quantità impressionante di acqua di falda deve essere aspirata dal seminterrato e buttata in strada. «Gli enti preposti si rimpallano le responsabilità». Parla Enzo Magnani.

Era abituato a vedere la birra scorrere a fiumi, ma non l’acqua, tanto meno se in casa propria. Non a caso è il re dei collezionisti della birra e autore di un museo dedicato che raccoglie di tutto: bicchieri di ogni forma e stazza, cappelli, magliette, radio, cavatappi, bottiglie, addobbi natalizi, lampade, specchi, vassoi e tanto altro, tutto naturalmente all’insegna della spumeggiante birra. E poi il record, circa 80mila sottobicchieri da ogni parte del mondo, che riempiono decine e decine di contenitori. Vengono da una quantità di nazioni dell’Africa, America, Asia, Medio Oriente, Oceania e ovviamente Europa.

Il re dei collezionisti di tutto quanto ruota intorno alla birra. Enzo Magnani con la corona ad una manifestazione del settore.

Alla Fiera della birra è una presenza fissa e ricercata, i visitatori lo inseguono per un selfie e lui si aggira in ogni stand per fare nuove conoscenze e aggiungere trofei alla sua collezione.
Il re in questione si chiama Enzo Magnani, abita a Torre Pedrera, nei mesi freddi si fa crescere una barba alla Wolverine, basettoni enormi che ben si sposano con uno che ha la passione per le “bionde”.

In estate spazza via anche l’ultimo pelo e si presenta liscio come una palla da biliardo. È un personaggio, e forse anche l’amministrazione comunale di Rimini dovrebbe prenderlo in considerazione, anche solo per dirgli un semplice “grazie” per quello che ha saputo creare, attirando visitatori italiani e stranieri. Grazie? Per il momento dagli enti pubblici ha avuto solo delusioni, grosse grane e… verbali.

La vicenda è lunga e complessa da raccontare in poche righe, ma ci proviamo.
L’abitazione della famiglia Magnani, al centro dei problemi che diremo, è stata costruita nel 1969 in via Foglino a Torre Pedrera. All’epoca non c’era tutto l’edificato che è spuntato nel corso degli anni tra appartamenti e zona artigianale. Ma tutto è proceduto senza disavventure fino agli anni settanta.
«Nel 1978 nasce la seconda lottizzazione della zona artigianale e cosa decide di fare il Comune di Rimini? Chiude lo scolo Brancona, deviandolo un po’ più a monte grazie ad una tubatura che corre sotto via Beltrami», spiega l’interessato. È da quel momento che la vita di Enzo Magnani diventa un inferno. È costretto a misurarsi con un grande problema spuntato all’improvviso, prima inesistente: lo scantinato si allaga costantemente e la prima volta che ciò accade tutto quanto si trova all’interno (compreso un bruciatore), è da buttare, con danni notevoli. Poi deve installare una pompa e tenerla sempre pronta ad entrare in funzione, e partono altri soldi perché l’energia elettrica costa. E poi ci sono le conseguenze “strutturali” che l’acqua a lungo andare provoca sui muri in ammollo. Insomma, un mezzo disastro, anche perché l’acqua continua ancora a risalire dai pavimenti del piano interrato dell’abitazione.

Dallo scantinato l’acqua viene aspirata e allontanata con un tubo.

In questi giorni di pioggia la pompa a immersione lavora a pieno regime e riversa sulla strada un’acqua cristallina che è davvero un peccato mortale buttare via, tenuto conto che in Italia viene agitato sempre più spesso lo scenario della crisi idrica e la prospettiva ormai non troppo peregrina dei razionamenti. «In oltre 40 anni non so quanti milioni di litri d’acqua sono stati sprecati», è il commento di Magnani. Ci torneremo tra breve sull’acqua cristallina, ma prima occorre condire il racconto di un ulteriore fatto, antipatico a dir poco. Quando, in piena pandemia, Enzo Magnani si vede costretto ad accendere la pompa per svuotare l’ennesimo allagamento, il Comune lo multa perché versa acqua in strada. L’avrebbe dovuta imbottigliare?

Uno degli storici pozzi di Torre Pedrera.

Torre Pedrera è una zona generosa per quanto riguarda la risorsa idrica. Durante il Ventennio i suoi pozzi, che sfruttano la ricca falda del Marecchia, costituiscono addirittura il serbatoio di approvvigionamento per l’acquedotto di Ravenna, inaugurato nel 1931, che comunque darà un brutto colpo alle prime falde del riminese. È storia scritta nei libri che si sono occupati del progetto voluto dal Duce, come lo studio dell’Ing. Lippi, risalente al 1935 e dedicato all’Acquedotto di Ravenna, o quello dell’Ing. Roberto Colosimo sull’Acquedotto di Ravenna dalle sorgenti artesiane di Torre Pedrera, fino al più recente Acque in Romagna. Storia e cultura dei sistemi idrografici tra XV e XX secolo (Panozzo Editore).
E che l’acqua zampilli prodiga a Torre Pedrera lo conferma chi ci abita, abituato a vederla scorrere in piccoli o più grandi fossi che intersecano i campi, che in alcune occasioni vengono sommersi dall’acqua, come attestano le fotografie scattate da Enzo Magnani circa un mese fa.

Fatta questa panoramica, possiamo tornare ai guai che stanno togliendo il buonumore a Magnani: «Io sono convinto che la scelta di chiudere lo scolo Brancona, che in precedenza passava a pochi metri da casa mia, sia stata infelice e carica di conseguenze, soprattutto in un’area come questa ricca di acqua di falda. La zona è stata tutta cementata, le strade incatramate e senza più fossi, ma l’acqua continua ad esserci e un modo per risalire lo trova sempre, non solo da sotto casa mia ma anche altre abitazioni mi risulta siano insidiate, con la differenza che essendo state costruite in anni più recenti hanno potuto ovviare al problema con l’impermeabilizzazione. Di certo, dopo aver pagato gli oneri urbanistici, sono l’unico abitante di questo agglomerato urbano costretto a collegarmi alla seconda zona, e senza la tubatura davanti al mio fabbricato». Qual è la soluzione a suo parere per uscire da questo incubo? «I tecnici sono loro, non io, però di certo dovranno mettere mano agli interventi idonei per dare libero sfogo all’acqua di falda, evitando che debba farne le spese io. Non si può andare avanti così, con rimpalli fra Comune, Hera e Consorzio di Bonifica, senza che risolvano un problema che non ho certo creato io. Al mio esposto del maggio 2022, indirizzato al Comune, attendo ancora una risposta formale».

E fa un po’ sorridere che nella città del pomposo Psbo, un acronimo che se viene srotolato diventa quasi un libro (Piano di salvaguardia della balneazione ottimizzato), e che Hera ha definito «gigante buono», un cittadino debba vivere una disavventura come questa e per di più abbandonato dagli enti che dovrebbero farsene carico.
In questo articolo si è fatto più volte riferimento alla chiusura dello scolo Brancona, una notizia riportata anche in una tesi di laurea discussa all’università di Bologna, facoltà di Ingegneria, nell’anno accademico 2009-2010, per la quale l’autore dello studio si è avvalso anche della collaborazione di Hera che ha messo a disposizione i dati relativi alla rete fognaria. Ma la comunicazione pubblica racconta altro. Sul lungomare di Torre Pedrera, nei pressi di un noto ristorante, campeggia una bacheca (foto qui sotto) sulla quale è riportata la fotografia dello scolo Brancona com’era una volta, tanti anni fa, cioè a cielo aperto, e non com’è oggi. Perché?

Lo scolo Brancona come viene rappresentato sulla cartellonista delle acque di balneazione.

La situazione degli scoli come si presenta oggi nella zona.

«Mi chiedo come sia stato possibile chiudere lo scolo, anche alla luce del diritto che regola questa materia, e che prevede l’obbligo di salvaguardare il naturale deflusso e scolo delle acque», chiosa Magnani. Ma la sua disavventura è tutt’altro che chiusa.

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