Dopo l'opportunistica conversione di dalemiani, veltroniani, bersaniani e cuperliani riminesi al renzismo, ora tutti sul carro presidenziale di Gentil
Dopo l’opportunistica conversione di dalemiani, veltroniani, bersaniani e cuperliani riminesi al renzismo, ora tutti sul carro presidenziale di Gentiloni?
L’esito referendario rischia di mettere a nudo una serie di debolezze dell’attuale schema politico di maggioranza basato in sostanza sul Pd e su piccoli satelliti portatori di percentuali da prefisso telefonico. Oltre che da numerosi transfughi provenienti dalle fila degli sconfitti in occasione delle ultime elezioni politiche.
Sia alla scala nazionale dove la (temporanea?) uscita di scena di Matteo Renzi potrebbe creare le condizioni per nuovi equilibri nel partito; sia nel riminese dove, è bene ricordarlo, la grandissima parte di coloro che si sono poi schierati con l’ormai ex premier, lo hanno fatto per calcoli di convenienza e per mero opportunismo. Non ho necessità di fare nomi: sono quelli di tutti coloro che a Rimini e dintorni rivestono ruoli istituzionali e di rappresentanza politica, pur essendo in precedenza stati (con rarissime eccezioni) dalemiani o veltroniani, bersaniani e cuperliani. Ne è prova l’attuale traballante segretario politico del Pd, impostosi di stretta misura nel congresso provinciale quale rappresentante dell’area di Cuperlo e contro il candidato di quella renziana.
Quanto potrà resistere questo schema non è dato sapere, ma la possibile accelerazione del percorso giudiziario (Aeradria) che riguarda un’intera classe dirigente di Rimini, la necessità di carriera politica che per molti degli attuali politici in sella è l’unica fonte di sostentamento, la spinta al cambiamento imposta dagli eventi in corso e, infine, le elezioni politiche a breve termine, potrebbero far saltare e disarticolare un equilibrio maldestro e non di sostanza. Cioè senza ideali e dunque senza serie prospettive.
Del resto è noto che le correnti piddine che a Roma si confrontano, non esistono a Rimini e, se esistono, non contano nulla negli equilibri di palazzo.
L’esilio tattico in Francia di Enrico Letta e l’uscita di scena di Ioli a Rimini, hanno fatto scomparire la cosiddetta componente “lettiana” che all’ex pupillo del prof. Beniamino Andreatta faceva riferimento e che oggi avrebbe potuto battere almeno un colpo. Inesistente a Rimini l’area pro Dario Franceschini che, invece, a Roma può ancora dettare le sue condizioni. Restano sottotraccia i sostenitori di Bersani (Errani), di Cuperlo e C., cioè gli irriducibili della sinistra intransigente del Pd che con Biagini si sono in gran parte decisamente schierati a favore del No al recente referendum. Ottenendo un buon risultato politico che ha sbeffeggiato in pubblico la effimera leadership del sindaco di Rimini. Sono loro che potrebbero contendere la rappresentanza politica riminese del Pd schiacciando su Renzi i vecchi compagni dei Diesse. Con esiti nefasti per la tenuta unitaria dello stesso partito.
È la ennesima conferma che la politica è sempre in movimento. Non si può mai dar nulla per certo, di acquisito o di scontato. Se a Roma un leale gregario renziano, proveniente dalla Margherita con frequentazioni radicali, può arrivare alla carica di presidente del Consiglio dei ministri, sebbene “a scadenza predeterminata”, a Rimini potrebbe accadere di tutto. Anche di ritrovarsi e inventarsi una temporanea corposa corrente gentiloniana in cui intruppare tutti pur di non perdere nessuna poltrona.
Altro che vento di Garbino! Piuttosto, disarmante camaleontismo, cifra dell’attuale (scadente) classe politica insediata nel fortino (puntino) sull’Adriatico.
Marino Straccialupi
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