Decine di milioni spesi nel Psbo ma i divieti di balneazione vanno a gonfie vele

Decine di milioni spesi nel Psbo ma i divieti di balneazione vanno a gonfie vele

Poco lusinghiera la “pagella” ambientale, sia per il batterio Escherichia coli, sia per le aperture degli sfioratori di piena. L’assessore Montini ha dichiarato che «vuole capire» il motivo. Può andare a leggersi i report sulle acque dei fiumi, dove scoprirà che «sulla foce del Marecchia pesano i contributi cumulativi dell’intero bacino e lo scarico del depuratore Santa Giustina».

«I valori riscontrati di Escherichia coli sono di poco superiori al consentito. Ma non essendoci state piogge o aperture è necessario capire da dove provengano questi valori»: lo ha dichiarato Anna Montini, assessore all’Ambiente del Comune di Rimini alla stampa locale, dopo l’apparentemente inspiegabile blocco della balneazione a Torre Pedrera e Viserbella.
«E’ necessario capire», dice l’assessore il 29 giugno: eppure la stessa cosa è già capitata, sempre da quelle parti, il 23 maggio scorso, cioè più di un mese fa. All’epoca, era stata la Daphne a segnalare «il superamento dei limiti normativi» addirittura in nove tratti di costa oltre a quelli di Torre Pedrera-Brancona e Viserbella-La Turchia, totale undici tratti di spiaggia romagnola (elenco: Lido di Savio-sud, Casalborsetti-foce Canale Destra Reno, Milano Marittima-foce scolo Cupa sud, Bellaria-foce Vena 2, Bellaria-Pedrera Grande nord, Torre Pedrera-Cavallaccio, Viserba-Spina-Sacramora, Riccione-foce Marano nord).
Il 28 giugno le analisi in corrispondenza delle acque che il giorno prima avevano superato i limiti «sono risultate conformi», spiegava nelle sue pagine web ufficiali l’Arpa Emilia-Romagna, con il conseguente via libera a Torre Pedrera-Cavallaccio, Viserbella-Brancona, Cattolica-torrente Ventena nord e sud.
La consultazione del bollettino balneazione del sito Arpae («Informazioni aggiornate al 30/06/2022 alle ore 08:11») questa mattina dava ancora “divieto temporaneo di balneazione per campione non conforme» a Torre Pedrera-Cavallaccio e a Torre Pedrera-Brancona per inquinamento da Escherichia coli, in seguito revocati.
A Torre Pedrera-Cavallaccio il dato di Escherichia coli del 27 giugno era di 717 MPN/100ml, il 23 maggio era stato molto più alto, addirittura di 2247 MPN/100ml. Nella zona Brancona, 568 MPN/100ml il 27 giugno, 2046 MPN/100ml il 25 maggio, 576 MPN/100ml il giorno precedente, addirittura 15.531 MPN/100ml il 23 maggio, il che significa più di trentuno volte il limite consentito. Il Brancona ha poi un’altra macchia, e cioè il divieto temporaneo del 9 giugno scorso, “episodio occasionale dovuto a misura di gestione preventiva” e cioè causa l’apertura dello sfioratore di piena, ciò a dimostrazione che nonostante decine di milioni di euro spesi nel PSBO le fogne scaricano ancora in mare in stagione turistica.
Ma torniamo all’Escherichia coli della zona nord del litorale riminese e alla frase «è necessario capire» dell’assessore Montini.
Consultando i bollettini Arpae, si scopre che il 23 maggio anche Viserbella-La Turchia superò il limite di Escherichia coli, e mica di poco: 1616 MPN/100ml, cioè più di tre volte il consentito. Lo stesso giorno di campionamento il limite fu superato anche a Torre Pedrera-Pedrera Grande sud e nord (rispettivamente 960 e 1076), Viserba-Spina Sacramora (594), per limitarci al territorio comunale di Rimini.
Quanto ai divieti temporanei per apertura degli sfioratori di piena, il 9 giugno non fu fatale solo a Torre Pedrera-Brancona, ma anche nelle due zone di spiaggia di Bellariva (Colonnella 1 e 2), in quella di Rivazzurra-Rodella, a Miramare-Roncasso, a Miramare-Rio Asse sia nord che sud. Vanno aggiunte altre chiusure della balneazione per prevenzione, causa apertura degli sfioratori di piena, il 29 maggio e il 24 giugno nelle tre zone di spiaggia di Miramare (Roncasso, Rio Asse nord e sud).
Facendo i conti, e limitandoci al litorale di Rimini, i divieti di balneazione dal 23 maggio ad oggi sono stati nove nella zona di Miramare, uno a Rivazzurra, due a Bellariva, altri undici fra Viserba, Viserbella e Torre Pedrera, per un totale di ventitré, cui vanno aggiunte però anche le due bandierine rosse di Torre Pedrera Cavallaccio e Brancona, datate 28 giugno.
Per riprendere le parole dell’assessore Montini, i cittadini riminesi e romagnoli vorrebbero capire come mai la concentrazione di Escherichia coli sia stata trovata fuori controllo e fuori misura non una ma più volte nel corso di poco più di un mese di stagione turistica, mettendo a rischio la salute dei bagnanti. Dopotutto, sono gli stessi cittadini e turisti a pagare, con le bollette dell’acqua e altre tasse, le costosissime politiche delle amministrazioni pubbliche sul ciclo idrico, politiche di cui vorrebbero vedere i risultati.
In attesa di spiegazioni da parte delle autorità sanitarie e politiche, noi abbiamo cercato di farci un’idea dello stato di salute ambientale del Comune di Rimini andando un po’ più a monte della spiaggia, leggendo che cosa dicono i report ufficiali Arpae a proposito delle acque superficiali, cioè i fiumi.
Il Report Acque Fluviali 2020, messo a disposizione sul sito Arpae, ci dice che tre punti di campionamento che insistono su Rimini non sono proprio così limpidi come dovrebbero essere. Parliamo dell’Ausa al km 4 della SS72 a valle dell’Ausella, dell’Ausa a Rimini a valle del ponte sulla Marecchiese, infine del Marecchia a monte della cascatella di via Tonale. Se ci basiamo sull’indice LIMeco (“sistema di valutazione sintetico della qualità chimico-fisica delle acque ai fini della classificazione dello stato ecologico”, parametri considerati i nutrienti e l’ossigeno disciolto) l’Ausa al km 4 è classificato come «CATTIVO» cioè il peggiore dei cinque livelli di valutazione possibili. Il secondo punto di campionamento è appena «SUFFICIENTE» (livello 3 di cinque), così come il Marecchia a monte della cascata di via Tonale.
Gli analisti del Report, tuttavia, segnalano che in tutte e tre le zone fluviali che stiamo considerando esiste la presenza di un “impatto chimico” non considerato negli indici LIMeco, da tenere in considerazione, e cioè i dati di COD, di azoto totale, di fosforo totale e, udite udite, di Escherichia coli. Qualcosa vorrà dire.
Altri dati provengono dal Report Arpae «La qualità delle acque superficiali nel triennio 2017-2019 in provincia di Rimini».
Qui scopriamo che il Marecchia a monte della cascata di via Tonale è classificato come «stato chimico non buono», con peggioramento fra il 2017 e il 2019, a causa dell’introduzione a norma di legge della misurazione della presenza di PFOS (un acido molto forte) e altre sostanze perfluoroalchiliche. Un’altra presenza sgradita ai tecnici è quella del Triclorometano, trovato immediatamente prima della foce del Marecchia e del Ventena. Per quanto riguarda il Ventena, le analisi eseguite dimostrano che si può «ragionevolmente attribuire la presenza di Triclorometano ai processi di disinfezione con cloro attuati presso il depuratore di Cattolica di cui il Triclorometano è un sottoprodotto» (pagina 33 punto 3 del report «La qualità delle acque superficiali nel triennio 2017-2019 in provincia di Rimini»).
Il rapporto provinciale ci dà altre informazioni interessanti. Sul LIMeco scopriamo che le cose sono peggiorate, mettendo a confronto i due trienni 2014-2016 e 2017-2019, nell’Ausa al km 4 della SS72, mentre nel Marecchia a monte di via Tonale «il giudizio LIMeco mostra delle criticità e nel confronto fra trienni si mantiene stazionario», dal che si evince che la classificazione LIMeco “sufficiente” non deve lasciare tranquilli (pagina 36 del report «La qualità delle acque superficiali nel triennio 2017-2019 in provincia di Rimini»). Infatti il giudizio sugli “elementi chimici a supporto dello stato ecologico” delle acque alla foce del Marecchia è peggiorato dopo il 2017 passando da «buono» a «sufficiente», con superamenti fra il 2018 e il 2019 dei livelli di alcuni fitofarmaci, AMPA e Glifosate (tabella pagina 39).
Lo “stato ecologico” delle acque poco prima della foce del Marecchia è stato «sufficiente» nel triennio 2014-2016, valutazione confermata anche nel triennio successivo però con un’avvertenza: «gli elementi biologici non sono determinabili» in quel tratto di acque. Spiegazione (pagina 67): «Per quanto riguarda il monitoraggio degli Elementi di Qualità Biologica, il campionamento […] è condotto in tutte le stazioni ad eccezione di quelle presenti sull’ Ausa ed in chiusura di bacino del Marecchia. Quest’ultima, infatti, ha mostrato nel triennio delle alterazioni morfologiche dell’alveo tali da impedire lo svolgimento dei monitoraggi per difficoltà d’accesso in sicurezza». In sintesi: la fotografia dello “stato ecologico” è «di una sostanziale permanenza in uno stato SUFFICIENTE per il tratto terminale del Marecchia, sebbene la classificazione del triennio 2017-2019 non contenga valutazioni biologiche. Sulla chiusura del Marecchia pesano, infatti, i contributi cumulativi dell’intero bacino e lo scarico del depuratore Santa Giustina» (pagina 69).
Concludiamo con lo “stato chimico” dei tratti del Marecchia nei due trienni considerati, pagina 65 del Rapporto: «Gli unici metalli presenti in tabella (Arsenico e Cromo totale) risultano quasi sempre inferiori ai rispettivi limiti di quantificazione strumentali (LOQ). Solo l’Arsenico, in corrispondenza del torrente Ausa e del tratto terminale del Marecchia, presenta qualche valore superiore al limite di rilevabilità strumentale, ma sempre ben al di sotto dell’SQA-MA di 10 μg/l previsti dalla normativa di riferimento». Arsenico alla foce del Marecchia: presente, ma sotto controllo. Avremmo comunque preferito trovare nell’acqua, anziché tracce di veleno, dei vecchi merletti.

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