Diocesi in difesa sui conti in rosso

Diocesi in difesa sui conti in rosso

Situazione economica seria, impegnativa. Viene definita in modi diversi ma la sostanza non cambia. Ecco altri dati che lo confermano.

La prima risposta della “strana” intervista di don Danilo Manduchi al Carlino ha il sapore di una smentita. La domanda è chiara: “E’ vero che la Diocesi ha i conti in rosso?” L’economo diocesano i conti ce li ha in mano e li ha illustrati davanti al presbiterio pochi giorni fa, dunque anche “freschi” nella memoria. Ma così si esprime: “In quanto economo della Diocesi smentisco le notizie circolate sul web in questi giorni”.
A parte che il web che ha pubblicato la notizia ha un nome preciso e si chiama Riminiduepuntozero.it, cosa smentisce don Manduchi? E’ astuta la risposta. Non dice: smentisco che la Diocesi abbia i conti in rosso. Ma qualcosa smentisce (non meglio precisate notizie circolate) e forse a lui basta.

Nella seconda risposta spiega però che “la situazione economica è seria” ed è “evidente”. Evidente dopo che lo abbiamo scritto, prima era una notizia non nota nemmeno a tutti i preti della Diocesi.
Il seguito dell’intervista saltella fra conferme (calo degli affitti, soldi spesi per il seminario, ecc) e qualche elegante “fuga”.
Ovviamente confermiamo tutto quanto abbiamo scritto nel nostro servizio ed anzi aggiungiamo qualche dettaglio in più che potrebbe essere utile a far tornare tutta la memoria anche all’economo diocesano e a convincere, magari, che la trasparenza è sempre l’arma migliore, anche senza bisogno di invocare il modello chiesa casa di vetro che Papa Francesco sta energicamente accreditando, al quale tutti si richiamano ma pochi mettono in pratica.
Se con la sua sibillina risposta iniziale don Manduchi intende dire che il “rosso” non c’è, si tratta infatti della prima smentita di se stesso. Il deficit esiste, è consistente, cioè “serio” e i numeri li ha forniti lui stesso davanti ad un bel numero di sacerdoti. Situazione debitoria che è stata discussa anche nei vicariati (seppure non in tutti) prima della riunione del presbiterio. E nella sede del nuovo seminario, nella mattinata del 25 ottobre, è stato chiarito quasi tutto, accompagnando la presentazione da una raccomandazione: non divulgare nulla all’esterno. I dati sono molto riservati. Non perché ci sia qualcosa da nascondere – ha sottolineato lo stesso don Manduchi – anzi, probabilmente, dopo averne parlato anche col vescovo, si arriverà ad una pubblicazione dei dati economici, seppure “nei modi opportuni”. Opportuni? Un bilancio è un bilancio. Stato patrimoniale, conto economico… O lo diffondi o lo tieni segreto. O sei trasparente o sei opaco. Tertium non datur.

Conti in sofferenza, dunque. E’ stata definita “una situazione debitoria impegnativa per la diocesi” al punto che “si avverte l’urgenza di fare una graduatoria delle priorità”. Ci sono stati sacerdoti che nel presbiterio hanno detto senza mezzi termini che alcune realizzazioni “alla nostra gente” (intendendo appunto i fedeli) appaiono “esagerate”, con riferimento alle spese sostenute per i due seminari e in particolare per quello nuovo (e praticamente senza seminaristi) che presenta anche alti costi di gestione.
Qualcuno è stato ancora più esplicito, dicendo che i preti devono essere interpellati prima che le decisioni vengano prese, non dopo, quando mancano i soldi.
Mons. Lambiasi ha ringraziato tutti i preti presenti ed ha chiarito di avere voluto e incoraggiato il presbiterio sui temi economici. Ha detto che avrebbe voluto metterlo in agenda prima “ma il fatto di avere cambiato metodo per redigere il bilancio ci ha portato a reimpostarlo completamente” e ad allungare i tempi.

Possiamo anche fornire qualche altro dato in più, giusto a dimostrazione che non ci siamo inventati nulla.
Il patrimonio immobiliare della Diocesi, così come presentato davanti al presbiterio, ammonta a 85 milioni e 292 mila euro (avevamo scritto “che si avvicina ai 90 milioni di euro”). Le voci sono: terreni agricoli, che sul mercato valgono poco meno di 2 milioni e 300 mila euro, aree edificabili per 8 milioni 600 mila euro circa, fabbricati per oltre 37 milioni e il restante patrimonio è quello dei luoghi di culto.
Oltre ai beni immobiliari la Diocesi vanta anche parecchi crediti, quasi 18 milioni di euro. Indotta dalle necessità, è impegnata a vendere terreni agricoli e aree edificabili per circa 4 milioni di euro, e ad alienare beni per 6 milioni e mezzo di euro.
Come abbiamo spiegato, le uscite maggiori si sono avute nel vecchio (10 milioni andati nella ristrutturazione) e nuovo seminario (12 milioni e 400 mila euro), contributi alle parrocchie (11 milioni e 800 mila euro circa) e attività pastorale (2 milioni e 800 mila euro). Ma non mancano “garanzie” bancarie rilasciate per le singole parrocchie per 10 milioni e mezzo di euro.
I fidi ammontano a 17 milioni 200 mila euro circa, i mutui presso le banche superano di poco i 10 milioni e, sempre stando ai numeri riferiti, la diocesi è indebitata presso altri soggetti – oltre alle banche – per 6.313.000 euro.
C’è poi il capitolo “consociate”, cioè quelle realtà collegate (come Ariminum, la libreria Pagina, il gruppo Icaro, la Casa del clero ed altre) che nell’insieme hanno beneficiato nel 2012 di quasi 472 mila euro. In alcuni casi, dunque, chi ha chiuso in attivo lo ha fatto grazie all’aiutino della Curia. Un esempio, la Casa del Clero presenta un segno più in bilancio (4 mila euro circa), ma solo perché dalla Diocesi e da un sacerdote ha ricevuto 60 mila e 17 mila euro.

Organi di informazione. Fra le “scelte dolorose” (testuale) elencate da don Manduchi per far tornare i conti, al presbiterio sono stati citati la rinegoziazione degli interessi bancari (che attualmente incidono per circa 1 milione l’anno), la riduzione dei finanziamenti e fra questi “già nel 2013 tele Icaro ha avuto il 25% in meno”, l’ottimizzazione del personale (la biblioteca del seminario ha già una persona in meno che è stata spostata in altro servizio sempre in diocesi). Ci sono – purtroppo – anche 14 persone in cassa integrazione (ma questa informazione non è stata data al presbiterio) fra radio e Icaro tv, quantomeno fino a tutto ottobre (e a partire da maggio 2012).
A proposito dei qualificati strumenti di informazione (Ponte, radio, tv, Bottega video), se don Manduchi afferma al Carlino che sono preziosi ai fini della evangelizzazione, in realtà sono stati posti al riguardo dubbi enormi. Ha detto un autorevole sacerdote del vicariato sud che sugli strumenti diocesani di comunicazione e anche sulla libreria “Pagina” è opportuna una “verifica attenta sulla efficacia concreta di questi strumenti” sia in ordine alla evangelizzazione e sia a proposito del rapporto costi-servizi.
Anche un altro vicariato si è soffermato su questo interrogativo: sono spesi bene i soldi che vanno a sostegno di Tv, radio, settimanale Il Ponte e libreria? E qualche dubbio è stato sollevato anche per l’Istituto Superiore di Scienze Religiose.
Problematiche evidenziate da due vicariati sui quattro che hanno esposto le loro riflessioni davanti al presbiterio sulle finanze diocesane.
Le critiche ai media diocesani non sono state accolte in silenzio dal direttore del Ponte e dal responsabile diocesano delle Comunicazioni Sociali. Don Tonelli ha chiesto addirittura un presbiterio specifico su questo argomento e ha detto che c’è chi parla senza conoscere il lavoro che si sta facendo. Ha fornito dei numeri: il Ponte nel 2012 ha avuto un deficit di 7000 euro ma su un bilancio di 800 mila euro e la Diocesi contribuisce solo con 18 mila euro l’anno. Don Brigliadori ha rincarato, dicendo che nei confronti dei media cattolici diocesani c’è più disaffezione all’interno della chiesa riminese che all’esterno.

Capitolo banche. “Non c’è un filo diretto con Carim”, ha spiegato don Manduchi al Carlino. E sicuramente lui sa di quel che sta parlando.
Noi abbiamo scritto solo quel che ha detto al presbiterio, ed ora saremo un pochino più completi. Ha detto che “è opportuno e utile chiedere consiglio in diocesi, perché le banche seguono politiche aziendali”. Ha invitato i preti a fidarsi di questi consigli, anche se “dalla periferia è più difficile poter valutare questo aspetto” ed ha messo un bel carico anche su quelle “banche che fanno parte del nostro mondo” ma che in questo momento privilegiano logiche “economico-commerciali” ed hanno perso di vista i loro “riferimenti valoriali”. Non è difficile identificare queste banche. Le ha “richiamate” anche il vescovo nel suo discorso alle autorità in occasione di San Gaudenzo.
E subito dopo don Manduchi ha fatto “uno spot pubblicitario per Carim, verso la quale abbiamo un “debito morale” di un grosso prestito che ci ha fatto …”, per finire con l’invito ai parroci, “se è possibile, di convogliare li alcuni conti delle parrocchie, anche nuovi”.

La relazione di don Manduchi si era aperta con un aneddoto. Un turista americano va a far visita a un saggio monaco. Ma vede, non senza stupore, che nella stanza del saggio vi sono solo pochissime cose: un letto, una panca, un tavolo e una bibbia. Domanda: dove sono le sue cose? E il saggio: e le sue? Il turista spiega che per lui è normale non avere nulla perché è li in visita. E’ solo di passaggio. Anche io, conclude il saggio.
E’ questo l’atteggiamento che richiede il vangelo, ha commentato l’economo diocesano. Chiaro il messaggio. Però anche parecchio stridente con una realtà diocesana piena di ricchezze, forse gestite non troppo bene se è vero che i conti sono in rosso e si mettono in cassa integrazione i giornalisti degli organi di informazione della chiesa riminese. (c.m.)

Nella foto d’apertura il vescovo di Rimini nel giorno del suo insediamento, 6 anni fa, insieme al sindaco, al presidente della Provincia e al vicario generale di allora.

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