Il direttore di Carim replica al “Fatto”… ma si prende una bastonata

Il direttore di Carim replica al “Fatto”… ma si prende una bastonata

Una lunga lettera di discolpa quella di Giampaolo Scardone. Con una succinta ma pepata risposta del quotidiano di Marco Travaglio.

Ha chiesto il diritto di replica il direttore di Carim Giampaolo Scardone per rispondere all’affondo del quotidiano di Marco Travaglio. Ma chissà se è stata una scelta conveniente. Sul Fatto del 27 agosto è comparsa la sua lunga puntualizzazione, ma anche la risposta, non meno pepata del pezzo sparato in prima pagina il 23 agosto. “Egregio Direttore, ovviamente non mi ha fatto piacere essere definito sulla prima pagina del Suo giornale “ispettore cieco” e neanche mi ha fatto piacere il tono dell’articolo che mi riguarda. Ma tono e titoli degli articoli li sceglie il giornale; i lettori giudicano. Posso rammaricarmi, nulla più”, attacca il direttore generale della Cassa di Risparmio di Rimini. “Posso però aggiungere qualche notizia omessa, ovvero rettificare alcune affermazioni del tutto scorrette riportate nell’articolo”. La difesa riguarda la “operazione Alexandria”, che “è emersa dalla segretezza nella quale era relegata grazie al lavoro del gruppo ispettivo di Banca d’Italia che io coordinavo. Per inciso, la quantificazione dei rischi cui il Monte era sottoposto (non solo relativi a Alexandria) si è accompagnata alla gestione di una crisi di liquidità senza precedenti, in grado di produrre effetti sistemici devastanti che furono evitati soprattutto grazie alla Banca d’Italia”. Secondo Scardone “la qualità dell’analisi e l’intuito dei componenti del team ispettivo ha permesso di fornire un quadro corretto dell’operazione Alexandria, pur non essendo stati messi a disposizioni documenti contrattuali di fondamentale importanza”. E “anche per effetto delle prime conclusioni dell’ispezione, il vertice del Monte dei Paschi rassegnò le proprie dimissioni nel corso degli accertamenti (ricordo che al tempo la Banca d’Italia non disponeva ancora del potere di rimozione)”. Aggiunge Scardone: “non valuto la qualità degli accertamenti ispettivi dall’entità delle conseguenze che producono, tuttavia le sanzioni amministrative, fra le più pesanti di sempre (circa 10 milioni di euro), comminate a esponenti di vertice del Montepaschi hanno preso le mosse dalla stessa ispezione”. Infine, “le ipotesi di reato segnalate dalla Banca d’Italia alla Procura della Repubblica sono anch’esse legate alle conclusioni alle quali giunse quel gruppo ispettivo. Da quelle segnalazioni ha preso le mosse un procedimento penale concluso con significative condanne in primo grado di esponenti di vertice del Monte. Definire quindi l’ispettore responsabile degli accertamenti come “gabbato” dai banchieri appare, alla luce di tali precisazioni, quanto meno avventuroso. Le indagini relative alla Banca Popolare di Vicenza sono tuttora in corso e ciò impedisce di entrare nel merito; di certo tuttavia il non lusinghiero giudizio associato alla Banca al termine dell’ispezione da me coordinata ha modificato le politiche di vigilanza nei suoi confronti, fino alle conseguenze che la cronaca più recente ci riporta”. C’è anche il capitolo Carim: “Quanto al mio attuale incarico – premesso che la sua precarietà è direttamente proporzionale alle necessità della Banca Carim di mutare proprietà e che la mia retribuzione è talmente riservata da essere pubblicata da qualche anno sul sito aziendale – la Cassa di Risparmio di Rimini ha conosciuto vicende tempestose che hanno condotto al suo commissariamento; se, uscita dalla procedura, è riuscita – in tempi tutt’altro che tranquilli – a continuare ad assicurare i suoi servizi alle famiglie e alle imprese locali è merito anzitutto del suo personale e forse un po’ anche di chi l’ha guidata”. Scardone, insomma, si autoassolve su tutta la linea.
La replica del Fatto non è meno dura del servizio che ha scatenato il botta e risposta: “Ringraziamo il dottor Scardone che, senza smentire niente del nostro articolo, lo corrobora con la prova regina: l’elenco delle cose che lui sostiene di aver scoperto e dei “non lusinghieri” giudizi che sostiene di aver dato, proprio ciò che la Banca d’Italia ha accuratamente celato a chi investiva sulle azioni di Mps e Popolare di Vicenza. Quelli hanno perso i loro soldi (miliardi di euro) mentre l’ispettore Scardone veniva premiato dall’assunzione a peso d’oro presso una banca vigilata. Questo è lo scandalo su cui la Commissione parlamentare d’inchiesta dovrà fare chiarezza. E infatti Giuseppe Mussari è rimasto riverito presidente dell’Abi, Associazione bancaria italiana, fino a che un articolo del Fatto, e non l’ispezione di Scardone di un anno prima, l’ha costretto alle dimissioni”.

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