Documento dei vescovi ed elezioni: “se la Chiesa chiude gli occhi sul regime emiliano-romagnolo”

Documento dei vescovi ed elezioni: “se la Chiesa chiude gli occhi sul regime emiliano-romagnolo”

Ma voi prelati, vescovi e cardinali, in che mondo vivete?

Pubblichiamo la lettera aperta di Bruno Sacchini al card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale Emiliano Romagnola, che tre giorni fa ha diffuso la discussa "nota in preparazione alle elezioni regionali in Emilia-Romagna".

Eccellenza Reverendissima,
ho letto con grande attenzione la nota sulle prossime elezioni in Emilia-Romagna a cura della CEI elaborata, suppongo, sotto sua stretta sorveglianza e supervisione. Nota riguardo alla quale mi permetto, con filale reverenza, di sottoporle un paio di osservazioni.

La prima riguarda le “contingenze storiche” (ovvero indicazioni di voto per il 26 gennaio) riguardo alle quali la scelta di campo da voi caldeggiata emerge un po’ gesuiticamente, ma chiaramente laddove a un certo punto pudicamente si gerundizza: “continuando un impegno politico che in questi anni ha portato anche buoni frutti”. Lapsus non so quanto Freudiano d’una sostanziale adesione a quel “continuismo” che ha in Bonaccini e nel Pd la sua imperturbabile nonché peronista conferma.

Veniamo poi a quello che è il filo logico e culturale del discorso che, in verità, ha ben poco di logico e ancor meno di culturale. Come testimoniato dal fatto che la parola cultura compare una sola volta a proposito della necessità di “valorizzare un patrimonio umano, culturale, ambientale, religioso ecc.” Laddove, come poco oltre, si capisce che per voi la cultura altro non è che il bene immobile e catatonico, in quanto fossilizzato, della realtà artistico-monumentale. Mentre poco prima, florilegiando allo stesso modo, aggiuntavi solo la nota ambientalista, si era alluso alla “collaborazione per il bene comune, per la legalità, per la giustizia, per la cura della nostra terra e per la tutela dei più deboli”. Amen.

Che passi per il bene comune, passi per giustizia e tutela dei più deboli (id est Charitas) che non possono mancare in un documento entusiasticamente concluso dall’inevitabile riferimento alla Dottrina Sociale della Chiesa. Ma dove compaiono nel vostro documento la pace ma soprattutto la libertà dal regime quivi dominante, che tutto omologa e corporativizza? Che se la pace è surrogata dalla parola legalità (con una strizzata d’occhio al giustizialismo dominante) e la libertà proprio non compare, con la “cura della nostra terra” si strizza non uno ma tre occhi all’altrettanto imperversante Gretinismo global. Così come, più avanti, di occhi se ne strizzano sei alla sardiniana condanna del “linguaggio libero da offese e falsità”. A dimostrazione d’un luogocomunismo clericale che, se può andar bene per il politicamente corretto Bonacciniano, sconcerta quando diventa il marchio di fabbrica d’un così altisonante e meditato documento.

Perché veda, Eccellenza, dopo quattro secoli di moralismo calvinista che non sa argomentare se non in termini di principi e valori, infettando dello stesso virus chiesa e società, ci si sarebbe aspettato da voi ben altro registro in senso ermeneutico ma, soprattutto, “cattolico”. Dottrina sociale della chiesa compresa, che da centocinquant’anni parla di valori senza che non gliene freghi più una mazza a chicchessia. Ve ne siete mai chiesti il perché? Ma voi prelati, vescovi e cardinali, in che mondo vivete? Di qui la speranza, anzi l’illusione, che un documento così autorevole come il vostro potesse sollevarsi da moralismo e sociologismo dominanti per attingere ai cieli empirei, ma anche dialettici, della “verità”. Quella di cui Nostro Signore dice nei Vangeli che essa sola potrà renderci “liberi”.

Ma ecco il punto: dove mai nel vostro documento si parla di verità e libertà? Dove nella vostra nota si parla di quel “processo argomentativo sensibile alla verità” (Jurgen Habermas) capace per ciò stesso di attingere a una concezione della politica intesa come articolazione veritativa (non stalinista né burocratica, cioè Emiliano-Romagnola) del suo farsi, sia pratico che teorico?

COMMENTI

DISQUS: 0