Don Dino Gabellini: la passione per la musica e l’amicizia con don Benzi e don Ugolini

Don Dino Gabellini: la passione per la musica e l’amicizia con don Benzi e don Ugolini

Sul sacerdote scomparso all'età di 95 anni, una testimonianza inedita. Ecco cosa disse del fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII e di colui che ha guidato per tanti anni la realtà di Cl a Rimini.

Don Dino Gabellini, 95 anni, il più anziano prete di ordinazione sacerdotale della diocesi di Rimini, è morto nella casa del clero dov’era ospitato da qualche anno. Era nato a San Giovanni in Marignano il 5 dicembre 1925, negli ultimi tempi la malattia lo aveva reso irriconoscibile e bisognoso di essere accudito continuamente.
La sua grande passione di vita è stata la musica ma era un uomo a tutto tondo, un contadino letterato che leggeva libri in latino e tutto il giornale ogni giorno, sportivo e di una grande fede. La sua passione musicale, aveva indotto il vescovo di allora, monsignor Luigi Santa, che l’aveva ordinato nel 1949, a inviarlo dopo un paio d’anni parroco a san Pietro di Montegridolfo per poter frequentare così il vicino conservatorio di musica Rossini a Pesaro. Il suo primo insegnante di musica fu il riminese Matteo Tosi, che poi divenne maestro della Cappella musicale Marciana di Venezia. Il giovane Dino Gabellini andava a lezione in bicicletta da San Giovanni in Marignano, dove abitava, fino a Rimini per seguire le lezioni del maestro Tosi. Oltre al servizio pastorale nella parrocchia di San Pietro a Montegridolfo, è stato per anni rettore del santuario della Beata Vergine delle Grazie di Montegridolfo.
Domani venerdì 29 gennaio, per desiderio dello stesso don Gabellini, due messe in suffragio verranno celebrate nella chiesa parrocchiale di San Giovanni in Marignano alle 10 e nel pomeriggio alle 15, all’aperto nel campo sportivo adiacente alla chiesa di San Pietro a Montegridolfo. Quest’ultima sarà presieduta dal vescovo Francesco Lambiasi. Nel dare notizia, il vicario chiede ai sacerdoti di pregare scegliendo tuttavia di partecipare ad una solo delle due funzioni.

Uomo e prete dalle tante passioni, lo avevo incontrato quattro anni fa insieme a Marco Ferrini per ascoltare la sua testimonianza su uno dei suoi compagni di seminario: don Giancarlo Ugolini, che lo raggiunse nel seminario di Rimini dopo aver frequentato per un piccolo periodo il seminario di Urbino. Un altro suo compagno di studi è stato don Oreste Benzi. Era ancora ammirato dell’amicizia nata con don Giancarlo per la comune passione musicale ed educativa. Disse: «Don Giancarlo era di una dirittura morale e disciplinare perfino esagerata, mi sembrò convivere in lui quello che in genere si crede in ‘contrasto’ e cioè una smisurata simpatia per la libertà e liberalità di pensiero con un’innegabile quadratura dogmatica. Questo lo si vedeva nei suoi rapporti di amicizia con noi coetanei e con i ragazzi di cui è stato insegnante ed educatore: duro nei principi e amabilissimo e simpatico nei rapporti personali. Anche a lui piaceva la musica e lo sport, come me. In squadra io ero un’ala sinistra, lui centravanti. Cantava come basso nella corale che dirigevo e, una volta diventati preti, fu per un suo invito che ho cominciato a seguire il coro dei ‘suoi’ ragazzi e quando si facevano le prove lui spesso veniva e seguiva da vicino questa attività. Dopo due o tre anni, lasciai la direzione alle sorelle Marina e Guya Valmaggi, con le quali ho mantenuto per molto tempo successivamente rapporti di amicizia e che ho sempre seguito nel loro lavoro musicale». A proposito di don Oreste, già morto da una decina d’anni, mi fece una curiosa osservazione, quasi un appunto post mortem, una sorta di rimprovero che invero rivelava una profonda affezione e ammirazione verso il confratello. Mi disse che don Benzi se ne andò da questo mondo per la sua indefessa fatica e generosità verso tutti coloro di cui si occupava senza risparmiarsi, facendo però ben poca attenzione alle proprie condizioni di salute. Don Dino raccontò in quel dicembre 2016: «Qualche giorno prima di morire, a Roma i medici dissero a don Oreste che le sue condizioni di salute avrebbero imposto il ricovero immediato per un periodo di riposo. Consiglio che, manco a dirlo, don Oreste non ascoltò… Gli avrei dato quattro “scapaccioni”, perché se è vero che morire “bisogna” e che questo comunque non lo decidiamo noi, è anche vero che non serve morire da “minchioni”. Senza contare che la sua comunità poteva avere ancora bisogno di lui».

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