Dopo il boschetto degli gnomi piazza Malatesta è pronta per essere dedicata ai fratelli Grimm

Dopo il boschetto degli gnomi piazza Malatesta è pronta per essere dedicata ai fratelli Grimm

Una lettera che stronca l'ormai completato polo museale. Con una risposta: speriamo che possa accogliere più visitatori del Colosseo, degli Uffizi e degli scavi di Pompei. Speriamolo davvero. Ma se le cose dovessero andare diversamente, c'è già un lavoro al quale candidiamo Andrea & Jamil.

Lo splendido risultato del 43° posto a livello nazionale della nostra città, in tema di qualità della vita e soprattutto di cultura, edito da un attendibile e noto quotidiano finanziario, ci consegna una realtà diversa da quella che i locali pifferai magici tentano di propinarci. Tanto da evidenziare che il problema è ben compreso altrove, ma non a livello locale per via di una narcotizzazione al pensiero unico ad opera di un’amministrazione ben capace di questo, ma non di iniziative concrete e consone al tema specifico.
Quasi contemporaneamente invece, l’ennesima semi-inaugurazione di un qualche museo felliniano, e di un frustolo di quella piazza degli incubi©, ex Piazza Malatesta. Dopo le varie iniziative analoghe più o meno elettorali, e celebrative per l’uscita di scena del cessato sindaco, ora tocca a quella porzione di territorio che comprende i due bellissimi platani più che centenari, scampata miracolosamente superstite al magma di calcestruzzo e pietra fuoriusciti dal vulcano della cosiddetta “ri(s)qualificazione” di quella storica area. Manca poco; con le ultime pietre posate nella parte che reca verso Via Valturio, siamo ormai al capolinea dell’apoteosi del pacchiano e del cattivo gusto, ma questo ci tocca.
I poveri alberi, offesi nella loro dignità, sono tristemente agghindati con elementi luminosi fascianti e penduli, di una tristezza ed ovvietà riscontrabile in ogni città del pianeta che non abbia la cultura del rispetto di un tale patrimonio. Poi, l’intorno.

Quello che dovrebbe essere il residuo spazio verde, che circonda quegli alberi, sembra più un vivaio atto alla vendita, o se preferite una sorta di campionario floristico allestito sempre per quel fine. Liberata dalle transenne del cantiere ora appare nel pieno fulgore della sua assurdità. Ma siccome l’impronta tetra che caratterizza quel luogo, ben visibile la sera quando illuminata a terra richiama a scenari cimiteriali, anche quello spazio non fa eccezione e non ne è stato risparmiato.
Ecco quindi alcuni manufatti metallici arrugginiti e ridicoli funghi di pietra, forse dimora dei nanetti che abiteranno quel luogo ameno; magari di gesso facilmente reperibili in qualsiasi discount di giardinaggio, perché, come è ormai noto, a Rimini tutto si immagina.
Come fa uno scenario del genere ad essere compatibile con la splendida visione della Rocca Malatestiana, anche se vituperata e ridicolizzata, e la storia di quel luogo? So di essere irriverente ma è una pratica ben attuata nei confronti della storia e della cultura da chi ci ha amministrato per un decennio, lasciandone il prosieguo al fido successore. So anche a chi si riferisce quell’allestimento, ma è certo che, come già detto, è fuori luogo e contesto, non ci appartiene, tutt’al più meglio adatto ad altri siti cittadini specie verso la marina.

Ma ciò non accade per la presunzione di sapere gestire cose dagli elementari aspetti sconosciuti. Perché la qultura (“q” voluta) pubblica a Rimini, è cosa da organizzare in maniera ristretta e tramandata a persone di fiducia, da mentore ad allievo prediletto, per pericolo di contaminazioni che interromperebbero quella sciatta tradizione. Gestita quindi da persone caratterizzate da un’inadeguatezza totale sul tema, ma fortemente motivate e presuntuose dalla stessa. Tant’è che la città ora vanta quattro musei ed un teatro ma senza un direttore, che campicchiano per inerzia.

Poi arriviamo al ridicolo. Ed ecco si imbrattano alcuni marciapiedi della città oltretutto come in questo caso posti al contrario del senso di direzione di dove si vuole indicarne la meta; siamo in Via Saffi, e il verso di lettura dell’indicazione reca verso Covignano. Avete mai visto un museo importante, che so … Gli Uffizi, i Musei Vaticani ecc. ma soprattutto per quelli che si dichiarano di essere “internazionali”, ricorrere a mezzucci così ridicoli e provinciali?

E la barca non va. Ancora davanti l’ingresso del Fulgor museo, la barca del povero rinoceronte comincia a perdere qualche pezzo; ma tranquilli, non affonderà e non lo perderemo, anche se il costoso mare di cemento circostante continua a mostrare segni di progressivo deterioramento. Nuove crepe e minuscoli crateri forse conseguenza del pop-out del calcestruzzo, che con l’andare del tempo presenteranno il conto a livello di decoro e durabilità.

In ultimo. La vera cultura non abbisogna di continue inaugurazioni con mirabolanti scenografie proiettate qua e là, né di luci, suoni, nani e ballerine; né tantomeno di ossessive pubblicizzazioni del museo Fellini in ogni dove della città, caratterizzate dal triste rinoceronte giallo in campo nero, e perfino sui quotidiani locali. Sono segni di debolezza del progetto e del relativo mancato interesse, che segnano un pesante affanno già sul nascere.
Accetto smentite in proposito, ma con fatti concreti circa l’afflusso dei visitatori reali, e non quelli fantasticati da fini sognatori locali. Ma anche i dati del mirabolante numero di visitatori internazionali, mi accontento non dico interplanetari, che da tutto il mondo accorreranno per vedere tale meraviglia.

Salvatore de Vita

Qualcuno sta sbagliando di grosso, speriamo di essere noi che, come lei, da sempre critichiamo tutto quello che è accaduto in piazza Malatesta sotto il segno di un progetto mortificante dei tesori storici e monumentali, del tutto avulso dal contesto e forse pure da Rimini, anche se, paradossalmente dedicato al suo figlio più sfavillante nell’olimpo del cinema. Il tempo è galantuomo, si dice, ed è vero. Speriamo che il Fellini Museum accolga più visitatori del Colosseo, degli Uffizi e degli scavi di Pompei. Speriamo. Ma se non andrà così e fra due o tre anni dovessimo scoprire che l’ambizioso sindaco che ce l’ha rifilato si è sbagliato di grosso, lasciandoci in eredità un flop catastrofico, beh, speriamo che a quel punto Andrea & Jamil si metteranno al lavoro smontando, pezzo dopo pezzo, tutto quello che abbiamo visto affastellarsi caoticamente per la spesa di 12 milioni di euro.
Da subito possiamo dire, però, che l’accozzaglia di generi che qualcuno ha deciso dovesse surclassare il tratto di vertiginosa bellezza che Filippo Brunelleschi e Sigismondo Pandolfo Malatesta pensarono per Rimini, ha tutte le caratteristiche di una rozza forzatura. Un po’ come le 500 che negli anni 70 venivano truccate per fare più rumore, colorate di giallo vivo e dotate di marmitte scintillanti e vistose perché non passassero inosservate quando il grezzo di provincia, di domenica, faceva tappa al bar centrale.
Gli allestimenti di piazzetta San Martino, piazza Malatesta, del parco delle sculture e da ultimo del bosco dei nomi, sono un potpourri di cui sfugge l’amalgama. Il circo e il boschetto degli gnomi sono collocati a pochi passi di distanza ma rimandano a significati che confondono. Dal circo Orfei alle atmosfere che animano le fiabe dei fratelli Grimm, cioè la tradizione popolare tedesca. E d’altra parte chi hanno deciso di proiettare in occasione dello spettacolo di videomapping per l’inaugurazione del Fulgor? Le opere di Hieronymus Bosch. Che sono bellissime, ma più che i concetti di visione e immaginazione evocano un simbolismo misterioso e arcaico. Ma sono anche immagini di una certa ruvidezza, c’è chi dice cruenti, come ha fatto notare qualche papà e mamma che si è recato coi bambini al seguito ad assistere allo spettacolo immaginando di trovarsi immersi in temi natalizi salvo poi dover constatare qualcosa di totalmente diverso.
Il platano maestoso agghindato (come dice lei) come fosse un alberello natalizio finto, senza vita e senza i suoi abitanti (gli uccelli) tenuti lontani dalle luci accecanti, ricorda a tutti noi che con troppa facilità ci riempiamo la bocca di green e altrettanto a cuor leggero distribuiamo deleghe alla transizione ecologica.
Speriamo che nel 2022 il bene e il bello siano con noi più e meglio di quanto non lo siano stati nell’anno che si chiude. Perché «la perfezione è semplice, è la comprensione assoluta della sostanza delle cose e la sua espressione più piena». La perfezione «è sempre democratica, è aperta a tutti, la perfezione» (Vasilij Grossman).
Rimini 2.0

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