«Tirano giù l’ex questura di via Bassi»

«Tirano giù l’ex questura di via Bassi»

Voci insistenti su una ravvicinata demolizione dell'ecomostro (come lo definì l'ex questore Improta). Se fosse stata inaugurata, Rimini avrebbe avuto la "cittadella della sicurezza" numero uno in Italia. Invece è stata lasciata marcire. Il futuro dell'area è ancora tenuto in gran parte segreto, ma c'è aria di novità in arrivo.

«L’ex questura di via Bassi verrà demolita, la decisione è già stata presa». L’evento – che sarebbe epocale – andrà in scena a Capodanno? Se fossimo altrove magari sì, a Napoli, per dire, dove si saluta l’anno che si chiude e quello che arriva lanciando dalla finestra gli oggetti vecchi e rotti, propiziando così un anno nuovo ricco di novità positive. Ma siamo a Rimini, non a Napoli.
Si può solo scherzare su questa voce che circola con insistenza e sulla quale è difficile trovare conferme o smentite. Rasa al suolo per intero o solo in parte?
E’ davvero nell’aria la decisione delle decisioni? Speriamo ce lo dicano l’amministrazione comunale e la società che si è aggiudicata all’asta un bene in disfacimento per 14,5 milioni di euro. Che quella che avrebbe dovuto diventare la “cittadella della sicurezza”, nel frattempo superata dalla “provvisoria” sistemazione dell’immobile di piazzale Bornaccini e in prospettiva dall’annunciato progetto di trasferirla all’interno della Caserma Giulio Cesare (a proposito: c’è da spostare una statua), sia ormai un relitto senza speranza di futuro, è scritto nei fatti. Circa sette anni fa una perizia valutava in quasi 10 milioni di euro il valore dei danneggiamenti alla struttura.
Ma anche demolire “l’ecomostro”, la definizione è dell’ex questore Improta, non sarà una passeggiata, e si parla di una spesa che si aggirerebbe sul milione di euro (un affare anche quello).
Dal punto di vista delle prospettive che si aprono sui terreni dell’ex questura, una volta liberati del “cadavere” di cemento armato, al momento ci sono solo interrogativi e ipotesi.
Di recente Ariminum Sviluppo Immobiliare ha fatto sapere di voler «avviare da subito lo sviluppo di un progetto di assetto e una strategia di attuazione pienamente fattibili e condivisi con l’Amministrazione stessa, che riguardi l’attuazione di opere di rilevante interesse pubblico, riattivando l’intero comparto con una ‘marcata matrice verde’ in cui saranno inserite ed integrate nuove funzioni miste». Confidando che «l’Amministrazione, quale attore principale, possa valutare l’opportunità di riavvolgere il nastro per favorire un ulteriore nuovo potente contributo alla sua immagine di città sostenibile». «A tal proposito – proseguiva – è stata comunicata all’Amministrazione la nostra volontà di organizzare un incontro operativo con la struttura tecnica e amministrativa. Sarà un privilegio per A.S.I avere un ruolo nel processo di rinnovamento già avviato. L’obiettivo è eliminare quello che oggi è indiscutibilmente un problema del territorio urbano e trasformarlo in una preziosa opportunità, a vantaggio della comunità e del tessuto economico cittadino».
Una presa di posizione che con perfetto tempismo si materializzava il giorno dopo che il sindaco Jamil Sadegholvaad, rispondendo nel consiglio comunale del 18 novembre scorso ad una interrogazione sul tema presentata da Gloria Lisi (e anche lei parlava di «demolizione dell’esistente»), usava toni tranchant: «Quello che mi sento di dire come amministrazione e come consiglio comunale… Non ci faremo condizionare dal valore a cui è stata attribuita l’area, non è che se uno se l’è comprata a 14-15 milioni di euro può pensare di venire a bussare alla porta del Comune per ottenere un ristoro dell’investimento fatto. Chi ha investito quei soldi ha fatto per quanto mi riguarda un pessimo affare perché lì dovrà prevalere sempre e comunque l’interesse della città». Una risposta fin troppo “dura” che sembrò a molti non realistica. Possibile che degli investitori avveduti abbiano deciso di buttare dalla finestra tutti quesi soldi? Non solo. Il 1° ottobre Ariminum Sviluppo Immobiliare, come anticipò Rimini 2.0 ha comunicato al Comune «la volontà di cedere gratuitamente e senza indugio le aree ed opere di urbanizzazione connesse, in ottemperanza alle previsioni contenute nell’avviso pubblico della procedura d’asta». Non sembra regnare il gelo fra le parti, insomma.
E’ di pochi giorni fa la notizia che la giunta comunale ha approvato lo schema di convenzione tra Comune e Acer per l’ormai famoso programma integrato di edilizia residenziale sociale che dovrebbe riqualificare una parte dell’area di via Bassi.
Si parla di 2.265 metri quadrati – compresi tra le vie Pascoli, Bassi, IX Febbraio 1849 e Flaminia – che dovrebbero ospitare 36 alloggi e le opere di urbanizzazione connesse.
Per capire qualcosa delle reali intenzioni, fino ad oggi tenute gelosamente nascoste, sul destino di quel sito, occorre rifarsi allo studio urbanistico che la giunta comunale di punto in bianco mise sul tavolo ad inizio 2020. Prevede nell’area dell’ex questura il trasferimento degli uffici comunali, un comparto residenziale consistente e l’edilizia sociale di cui sopra, più una struttura di vendita di circa 1.500 mq (ma Ariminum Sviluppo Immobiliare ha detto che non ha alcun fondamento la news che dava praticamente per certa la realizzazione di un ipermercato). Pochi giorni fa l’assessore Roberta Frisoni ha parlato di 300 posti auto in arrivo in via Bassi «entro i primi mesi del 2022». Una possibilità che si aprirà a demolizione dell’ecomostro avvenuta?
Se andrà giù nel 2022 l’ex questura, come un ecomostro qualunque di cui in Italia non mancano i precedenti, sarà la fine di una storia cominciata negli anni 80, quando Gian Franco Damerini con la sua Da.Ma, e gli allora amministratori di palazzo Garampi cominciano a mettere a fuoco il piano.
E’ una struttura mastodontica quella che prende forma, ma se fosse stata inaugurata nessun altro in Italia avrebbe probabilmente avuto una questura come quella immaginata ed edificata a Rimini. Purtroppo mai entrata in funzione. Risale poi al 1995 il bando pubblico per la raccolta di proposte. Damerini confeziona la sua di proposta (ovviamente l’unica) e la presenta. Nel 1998 gli amministratori comunali la benedicono e la approvano e nel 1999 approvano la variante urbanistica che dà gambe da correre al programma integrato. Inizia la costruzione, non mancheranno le modifiche in corso d’opera a causa dei tanti che via via chiedevano servizi aggiuntivi, e si arriva al colosso terminato ma mai collaudato. Dovrebbe essere terminata nell’agosto del 2008 ma Damerini sfora di poco, arriva al 30 settembre. Per un gigante del genere sono bazzecole, anche considerato che il cantiere rimase fermo per più di un anno per problemi legati alla ditta appaltatrice. Il Comune chiede la revoca della convenzione e al Tar ha la meglio su Damerini.
L’ex questura comprende anche una novantina di camere, una palestra, cucine e mense, il poligono di tiro sotterraneo, l’eliporto, una sala operativa avveniristica. Tutto questo è finito in nulla. Misura circa 25mila mq, è costata intorno ai 30 milioni di euro, ma il suo valore, terreni compresi, sfiorava i 50 milioni.
Lunga e complicata fu anche la trattativa di Damerini (morto nel 2020) con il ministero dell’Interno in merito all’affitto della questura. Girarono varie cifre al riguardo: da 5,2 milioni a 3 milioni 366mila, 1,5 milioni e infine 900mila euro. Nemmeno una andò bene a chi doveva porre la firma sotto a quella di Damerini.
Da.Ma. andrà in liquidazione e tutto si arenerà, compresi i tentativi fatti dai curatori fallimentari (Rino Mosconi in primis) per uscire dal vicolo cieco. Se andrà giù, mettete almeno da qualche parte una targa: a Gian Franco Damerini, che volle costruire la questura dei sogni, ma fu la sua tomba, e la città non ci fece una bella figura.

Dentro la questura: il video che realizzammo nel 2015.

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