Dopo le polemiche degli ultimi due anni che Meeting ci aspetta?

Dopo le polemiche degli ultimi due anni che Meeting ci aspetta?

Il tema dei "muri" lascia immaginare quale piega prenderà anche questa nuova edizione.

Gli endorsement di Vittadini al Partito Democratico, l’accanimento contro Padre Carbone e lo stand dei Domenicani, il divieto di parlare del gender e dei valori non negoziabili hanno contraddistinto il Meeting degli ultimi anni e suscitato accesi scontri interni. Analizziamo l’anteprima di quest’anno per azzardare una previsione. 


Da oltre due settimane è online l’anteprima del programma del Meeting 2017 che si terrà dal 20 al 26 agosto come di consueto alla Fiera di Rimini. Il titolo, già annunciato allo scadere dell’edizione dello scorso anno, fa riferimento ad una citazione tratta dal “Faust” di Goethe che recita: “Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo”. Ovviamente, come si suol dire, un libro non si giudica mai solo dalla copertina. Questa saggia regola vale sempre e comunque per ogni cosa. Quindi, incuriosito, sono andato a leggere attentamente la corposa anteprima del programma di quest’anno sul sito ufficiale e, imbattendomi in una moltitudine di incontri, mostre e relatori, non posso nascondere che mi sia sorta qualche perplessità a riguardo.
Innanzitutto un progetto in particolare denominato “Muri”, come viene rivelato nella stessa descrizione, si preannuncia essere al centro di questa nuova edizione del Meeting. Tre saranno le persone che cureranno questo progetto: Monica Maggioni, membro della Commissione Trilaterale e presidente dal 5 agosto 2015 di una Rai sempre più LGBT friendly e lontana dal cittadino che la finanzia attraverso il canone. Paolo Magri, segretario italiano della Commissione Trilaterale, nonché vicepresidente e direttore dell’Ispi. Per concludere, Roberto Fontolan, attuale responsabile del Centro Internazionale di CL ed ex direttore di Oasis, rivista internazionale promossa dal Card. Angelo Scola.
Per chi non lo sapesse, la “Trilateral Commission”, tanto cara a Monica Maggioni quanto a Paolo Magri, è stata fondata il 23 giugno 1973 dal banchiere statunitense David Rockefeller, deceduto il 20 marzo 2017. Per capire di cosa stiamo parlando cito un rapporto prodotto dalla Commissione Trilaterale nel lontano 1975 intitolato “La crisi della democrazia” che denunciava un “eccesso di democrazia” in Usa e dichiarava in modo esplicito che le uniche democrazie che funzionano sono quelle dove la maggior parte della gente non partecipa e resta indifferente, ai margini del dibattito pubblico. In poche parole stigmatizzano la partecipazione attiva dei cittadini nella cosa pubblica per propugnare e sponsorizzare una netta separazione tra popolo e potere. Tante sono le accuse di massoneria rivolte ai signori che sono coinvolti in queste organizzazioni non governative, ma tanto influenti. Così influenti da esprimere premier degli ultimi governi italiani: Enrico Letta e Mario Monti per esempio, entrambi provengono dalla Trilaterale e quest’ultimo era pure presidente della Commissione Trilaterale lato Europa. Chiudiamo questo quadro sommerso da frequentazioni ambigue e torniamo ai “Muri”.
Tra le poche righe che illustrano questo progetto si legge una preoccupazione ben precisa: “Non solo i muri non sono mai scomparsi del tutto, ma sono tornati ancora più numerosi di prima”. Da questi presupposti credo di sapere purtroppo come andrà a finire, ma voglio fare una sorta di auspicio e quindi augurarmi di sbagliare totalmente previsione, sperando che questa iniziativa non cada nella semplicistica demonizzazione ideologica dei muri condita dal collegamento scontato alle vicende attuali per mezzo dello slogan strumentale, riduttivo e spesso fuori luogo “Viva i ponti, abbasso i muri”. Come se le regole e il controllo dei confini di uno Stato fossero da abbattere, perché non conformi al buonismo dilagante targato “no borders”.

Un altro tema che verrà trattato al Meeting sarà quello relativo all’Europa, o meglio all’Unione Europea con un particolare accento sulla Brexit. Oltre a Jan Figel’ (nominato da Juncker inviato speciale per la promozione della libertà di religione e di fede al di fuori dell’Unione europea) in questo incontro interverranno anche il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani e il già citato Enrico Letta, entrambi osteggiatori della Brexit e super fan dell’Ue, il dogma moderno del ventunesimo secolo. Inevitabile accorgersi che manca una controparte, quella che ha sostenuto la Brexit, dipinta per mesi da tanti quotidiani nazionali come “il male assoluto”. Intanto in Gran Bretagna è tutta un’altra storia, ma si sa, certe persone esaltano la democrazia a senso unico, ovvero solo quando sono loro a vincere.
Tra gli appuntamenti relativi al tema Europa vi sarà anche un confronto su “nuove generazioni di italiani ed europei” tra lo scrittore Eraldo Affinati e il Ministro (e non ministra) dell’istruzione (gender) Valeria Fedeli, passata agli onori della cronaca non solo per aver mentito sulla sua laurea mai esistita, ma pure sul suo diploma. Per quanto riguarda il tema scuola ci sarà l’onnipresente sottosegretario al ministero dell’istruzione Gabriele Toccafondi, il cui partito oltre ad aver appoggiato sempre la sinistra fin dalla sua nascita, si è reso protagonista dell’approvazione del cosiddetto simil-matrimonio gay, raccontato agli italiani attraverso il termine politicamente corretto “unioni civili”. Chissà se Gabriele a parole difenderà ancora la sacrosanta libertà di educazione dei genitori nelle scuole, omettendo di svelare una incontrovertibile verità: la legge fa cultura, se nelle scuole racconteranno ai bambini e ai ragazzi con tanta enfasi che Giuseppe sta con Gianni e tutto il resto della favoletta con particolari annessi, si potrà fare ben poco, perché sono le dirette conseguenze di una legge di stato sbagliata che mira a ridisegnare la famiglia sotto una chiave ideologica e relativista. Il furbacchione lo sa, ma cerca ancora gli applausi della platea in attesa della sua scomparsa politica alle prossime elezioni.

Un altro incontro che sicuramente non passerà inosservato in questa nuova edizione del Meeting sarà quello intitolato “Ecumenismo e dialogo” con diversi esponenti delle religioni monoteiste. Ultimamente va molto di moda affermare il luogo comune secondo cui tutte le religioni hanno lo stesso Dio, ma risulta fin troppo facile notare che questa sia una menzogna vera e propria diffusa da chi cerca un’unione forzata che non tiene conto del contenuto e non si basa minimamente né sulla verità, né sulla conversione. Ovvero, non tiene conto della risposta cattolica. Ma guai ad ammettere una cosa del genere! Ti rispondono freneticamente che la figura di Gesù Cristo è di fondamentale importanza anche per i musulmani, in quanto lo considerano “addirittura” un profeta. Appunto, un profeta musulmano di Allah e non Dio che si fa uomo. Possibile che in tanti non se ne rendano conto? Per non parlare delle dediche violente nei confronti dei cristiani e degli ebrei contenute nel Corano. Vale la pena ricordare un avvertimento di Don Giussani in cui si scagliava contro l’ecumenismo equivoco, tratto dal suo libro “l’autocoscienza del cosmo” (pagina 21) e dimenticato molto rapidamente da qualcuno: “La cosa più importante su cui costruire, su cui siamo costruiti, non è il senso religioso, ma è l’incontro con Cristo. Tutto l’ecumenismo di adesso, che poggia la sua argomentazione sul fatto che tutte le religioni sono simili, che tutte le espressioni religiose si equivalgono, che tutto l’affermarsi del cuore dell’uomo ha lo stesso valore, dimentica semplicemente che Dio è nato bambino, è nato come un uomo e che è seguendo questo uomo che si capisce cos’è il cuore, cos’è il senso religioso, cos’è la ragione, cos’è il destino, cos’è tutto. Ma la cosa impressionante è che, dopo quarant’anni, ci siano anche capi dei nostri gruppi che non capiscono queste cose. Sono così lontani dal comprenderle che, siccome debbono cercare di governare o di ordinare la massa di gente che costituisce la comunità, la ordinano secondo i loro pensieri e soprattutto secondo i loro sentimenti e soprattutto secondo le loro preferenze, nel senso più bieco del termine; e così squassano e sconfiggono l’energia che è costata tanto a chi li ha preceduti cinque anni fa, dieci anni fa. Bisogna essere implacabili con questa gente, con chi sostituisce un proprio progetto al progetto che dice di avere incontrato, al progetto cristiano in nome del quale si muove. Bisogna essere intransigenti, non bisogna lasciar passare nessun equivoco”. Già, pare proprio che siano in tanti oggi ad aver sostituito un proprio progetto a ciò che si sostiene di aver incontrato. Certi discorsi di stampo “modernista” ne danno l’amaro annuncio. Occorre leggere accuratamente qualche articolo sulla rivista Tracce per accorgersene, specialmente quello pubblicato il 22 Dicembre 2015 dal titolo “Quella baldanza e il Natale in Moschea” che parla di un gruppo di alcuni amici di CL che conoscono un gruppo di islamici. Verso la conclusione si legge la testimonianza di un ragazzo che afferma: “Che cosa abbiamo fatto ieri? Abbiamo ascoltato. Non avevamo qualcosa da difendere o da imporre o da dialettizzare. Anfore vuote. Solo così secondo me si può incontrare l’altro”. Avete capito bene? La testimonianza è praticamente azzerata e l’identità annacquata. Ci troviamo davanti al trionfo delle “anfore vuote” e alla neutralizzazione del cristianesimo. Il dialogo senza contenuti del “volemose bene” fondato sul nulla cosmico. Altro sinonimo duro e crudo? Sottomissione. Una tristezza disarmante.

E infine non poteva mancare Wael Farouq, musulmano, professore universitario e vice presidente del Meeting del Cairo che insieme ad altri terrà la mostra dedicata all’Italia multietnica. Non ho mai avuto l’occasione di conoscere di persona Wael, a lui mi lega solo una vicissitudine avuta su Facebook, quando solo per aver espresso con la massima calma un parere sull’Islam sotto ad un suo post, mi sono ritrovato i commenti cancellati e il profilo bloccato. In sintesi, dopo aver sostenuto che si debba sempre separare la persona dall’ideologia, fonti alla mano, avevo solo affermato verità storiche non smentibili, ovvero che Maometto era poligamo e pedofilo, in quanto ebbe oltre dieci mogli tra cui Aisha, una bambina deflorata tre anni dopo il matrimonio. Avevo fatto notare che era un assassino in quanto non solo sferrò 100 guerre di razzia, ma nel 627 d.C. alle porte di Medina si rese protagonista di un grave crimine partecipando in prima persona allo sgozzamento e alla decapitazione di oltre 600 ebrei. Gli chiesi pure di dissociarsi pubblicamente dalle prescrizioni coraniche che ordinano di uccidere i miscredenti in nome di Allah per dimostrare di essere davvero un moderato. L’Isl-amico (così si chiama il blog di Wael) invece si era trasformato in un censore taglia-lingue. Alla faccia del dialogo. Lui ovviamente replicò con un post ad hoc per negare l’accaduto, dimenticandosi che nel mondo di oggi fortunatamente esistono gli “screen”. Storie vecchie, l’ho già perdonato.
Tornando alla mostra presa in esame, nella descrizione si legge: “Sono più di un milione i figli di immigrati nati e cresciuti in Italia. Si confrontano con l’eredità trasmessa dai padri e con le esperienze e i valori del contesto in cui stanno vivendo. Sono ponti tra mondi diversi, costruttori di una società che può essere alimentata dalla cultura dell’incontro. La mostra presenta i loro volti, racconta la loro avventura umana e propone momenti di testimonianza e dialogo con alcuni esponenti di questa new generation che vuole essere protagonista del cambiamento”. Mi auguro con tutto il cuore che non si tratti dell’ennesima propaganda pro-Ius Soli che svuota il valore della cittadinanza italiana trasformandola in automatismo da regalare a chiunque nasca sul suolo italiano, senza tener conto dell’apprendimento della lingua italiana, della nostra cultura, delle nostre leggi e dei tempi e modalità di buon senso che esistono nel nostro paese per poterla acquisire. Spero vivamente che non venga esaltata la nauseante retorica dell’accoglienza indiscriminata che fomenta l’immigrazione irregolare e non attua una seria ed equilibrata distinzione tra i veri profughi e la stragrande maggioranza di clandestini che sbarcano in Italia. Soprattutto mi auspico che non venga lodata quella realtà fallimentare portatrice di pericolosi cortocircuiti chiamata “multiculturalismo”, ricordando che un’importante e recente sentenza della Cassazione ha affermato che i migranti devono giustamente conformarsi ai nostri valori.

Davanti al Meeting degli ultimi anni e a quello che si preannuncia, voglio rammentare le parole indelebili pronunciate da Don Giussani a Viterbo nel 1977: “Il potere mondano tende a risucchiarci: allora la nostra presenza deve fare la fatica di non lasciarsi invadere, e questo avviene non solo ricordando e visibilizzando l’unità tra noi, ma anche attraverso un contrattacco. Se il nostro non è un contrattacco (e per esserlo deve diventare espressione dell’autocoscienza di sé), se non è un gusto nuovo che muove l’energia di libertà, se non è un’azione culturale che raggiunge il livello dignitoso della cultura, allora l’attaccamento al movimento è volontaristico, e l’esito è l’intimismo. L’intimismo non è presenza, per l’intensità e la verità che diamo a questa parola. (…) La modalità della presenza è resistenza all’apparenza delle cose ed è contrattacco alla mentalità comune, alla teoria dominante e alla ideologia del potere”. Data la situazione, a maggior ragione quest’uomo oggi andrebbe riletto e riascoltato. Grazie Don Giussani.

Fonti:

1) Monica Maggioni e Paolo Magri nella Trilateral Commission

2) Rapporto Commissione Trilaterale su “Crisi della Democrazia”

3) “Anfore vuote” davanti ai musulmani

COMMENTI

DISQUS: 0