«Certamente il meglio sarebbe bloccare i lavori ma, alla disperata, piuttosto che distruggerli o cementarli i grossi massi in opera di pietra d'Istria potrebbero almeno essere levati via e portati in un magazzino comunale, sono grandi manufatti di duemila anni fa, con caratteristiche costruttive interessanti e uniche». L'intervento del prof. Rimondini.
Non paghi di avere cementato i muri di Castel Sismondo (1436-1446) opera di Filippo Brunelleschi, i nostri amministratori comunali non sono migliorati nel ricambio e adesso ci infliggono anche la cementificazione della rampa urbana del ponte di Augusto e Tiberio – iniziato il 14 d.C. ultimo anno di vita di Augusto, l’imperatore Augusti Jamil, non Andrea Gnassi, e terminato il 21, ottavo anno di regno di Tiberio.
Non si è interrotta la lunga serie di amministratori “riministi” cementificatori, che a partire dal dopoguerra con la distruzione del Kursaal, ha via via manomesso e decurtato il nostro Patrimonio culturale. Purtroppo non è un fenomeno solo di Rimini, simili disastri capitano in tutta Italia da ultimo dai tempi di Renzi, che abolì le Sovrintendenze archeologiche, terrorizzando gli archeologi, e mise al ministero della cultura quel Franceschini che tuttora scambia la cultura con gli spettacoli e che ha pagato i milioni di euro per la cementificazione del fossato del castello e di piazza Malatesta e per costruire nel castello “contenitore” detto anche “ventre” il museo della Gradisca, della Volpina, della Saraghina e altri mostri con tettone e culoni.
Questa mattina, 17 marzo 2022, una macchina con un puntale stava distruggendo il manto stradale della via Circonvallazione all’ingresso del ponte romano lato città; sotto la strada, a pochi centimetri, ci sono le pietre d’Istria e occorre evitare ogni rischio di un loro danneggiamento.
Ieri c’era una archeologa, questa mattina operai della ditta che ha in appalto i lavori.
Certamente il meglio sarebbe bloccare i lavori ma, alla disperata, piuttosto che distruggerli o cementarli i grossi massi in opera di pietra d’Istria potrebbero almeno essere levati via e portati in un magazzino comunale, sono grandi manufatti di duemila anni fa, con caratteristiche costruttive interessanti e uniche; per la chiusura delle cave di pietra d’Istria hanno anche un costo non indifferente.
Chissà se Jamil Sadegholvaad riesce a capirlo. Chissà se la Chiara Bellini riesce a commuoversi.
Anche nel 1829, quando venne demolita Porta Bologna che sorgeva sulla rampa urbana del ponte, dove adesso fanno quei ‘lavori’, vennero trovati grossi blocchi di pietra d’Istria di cui si interessò il cardinale camerlengo Tommaso Riario Sforza, e due grandi massi furono trovati nel 1905 quando si demolì quanto rimaneva di porta Bologna. Nel 1881 ai piedi della rampa era stato trovato un grande piedistallo di marmo greco.
Quei massi in fila regolare sono parte di un muro di forma triangolare che stringe una strada di basoli, la rampa del ponte appunto, che conduceva dalla strada in alto sulla pavimentazione del ponte. E’ la stessa situazione della rampa del ponte di Adriano a Roma, davanti a Castel S. Angelo. Ma gli archeologi o i sedicenti tali di regime, che hanno allestito il museo e che hanno dato le istruzioni per un modellino e per immagini di carte di vedute di Ariminum, questa delle rampe dei ponti romani non l’hanno ancora capita. E forse non la capiranno mai. Così dobbiamo sopportare non solo amministratori cementificatori ma anche “addetti ai lavori” con tutti i titoli possibili, che non conoscono il loro mestiere.
Denunciamo quello che potrebbe diventare un gravissimo danno a un monumento di fama nazionale ed europea all’opinione pubblica locale, nazionale e internazionale, per il triste compito che ci siamo accollati, noi dell’associazione Renata Tebaldi Rimini Città d’Arte, che già ci siamo mobilitati con successo per il teatro, e meno al momento per il castello, il fossato e piazza Malatesta. Ricordate?
Ma i beni del nostro Patrimonio culturale non erano il “nostro petrolio”?
La rivista geopolitica Limes non aveva messo il Patrimonio culturale tra le quattro “eccellenze” che avrebbero dovuto salvare l’Italia? Le altre tre: la posizione geografica, la chiesa cattolica, l’esercito.
A Rimini c’è un solo bene esclusivo: il cemento.
Questa novità della cementificazione delle rampe del ponte è arrivata sgradita e triste proprio quando stavo finendo un intervento su Rimini 2.0 sul ponte e sulla porta Bologna, che farò uscire presto per dare un’idea della straordinaria ricchezza archeologica del ponte e del porto romano di Ariminum.
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