E’ mancato Americo Mazzotta: opere e amicizie del suo intenso legame con Rimini

E’ mancato Americo Mazzotta: opere e amicizie del suo intenso legame con Rimini

Il bozzetto del grande pannello in bronzo sopra il sarcofago di Alberto Marvelli, il "S. Francesco" nel Santuario delle Grazie, le opere presenti nelle chiese di Villa Verucchio e San Giuseppe al Porto, S. Rita e ai Paolotti. Ma tanto altro ha lasciato questo artista che aveva deciso di “servire un popolo, seppur piccolo, e il suo desiderio di avere una chiesa bella”. Il ricordo dell'architetto Francesco Baldi.

di Francesco Baldi

E’ difficile per me raccontare in breve una storia durata più di trent’anni, che ha coinvolto me come persona prima che come professionista, la mia famiglia, e con me tanti amici, persone e luoghi dove per il suo lavoro di artista ha trovato occasione di esprimersi e lasciare un segno. E’ una piccola grande storia di un uomo che ha vissuto il suo talento dentro un grande ideale, senza riceverne gloria e pecunia, e che è morto povero. Scrivo queste righe per il debito di riconoscenza che ho verso Americo e perché le opere piccole e grandi che ha lasciato a Rimini possano essere guardate con occhi nuovi.
Moltissimi riminesi infatti hanno certamente visto, ammirato e magari pregato davanti a qualcuna delle opere di Americo Mazzotta presenti in diverse nostre chiese, ma pochi sanno chi ne è l’autore o sanno qualcosa di lui. Penso, ad esempio, a chi frequenta la nuova chiesa di Villa Verucchio dove le opere nate dal suo genio creativo formano un complesso davvero unico.

Americo Mazzotta è morto pochi giorni fà a Firenze, dopo lunga malattia, all’età di 79 anni.
Nato a Collecchio (PR) si trasferisce a Pesaro dove compie gli studi liceali; è poi obbligato dal padre ad iscriversi ad Architettura a Firenze mentre, appassionato di disegno, era suo desiderio frequentare l’Accademia di Belle Arti. E dopo pochi anni lascerà la facoltà per dedicarsi completamente alla pittura. Autodidatta, si ferma a Firenze e inizia una promettente carriera, con successo crescente e mostre in varie città d’Italia. I galleristi gli portano via le opere appena ultimate, critici affermati gli riconoscono qualità artistiche di primo livello. Incontra una ragazza francese, si sposa e ha una figlia.
Nel 1981 un incidente e il successivo ricovero provocano in lui “dolorosi interrogativi e riflessioni” sulla sua vita. Si aggiunge la crisi del suo matrimonio. Nel disegno esprime tutto il suo travaglio: inizia a dipingere “L’Odissea” come metafora della vita. Alfonso Gatto scrive di lui: “Egli porta le figure al rischio della presenza e della autorità visiva”; “Essere fuori del tempo, col tempo addosso è per Mazzotta singolare prestigio…” La sua arte assurge ad alti vertici in cui la realtà presente trasuda tutta la sua domanda, il suo grido di significato. La bellezza non è mai estetismo, ma ricerca travagliata della verità in cui mette in gioco tutto se stesso.
Poi accade un duplice decisivo incontro (non so bene quale preceda l’altro): un sacerdote, don Silvano, l’apre all’incontro con Cristo attraverso l’esperienza di Comunione e Liberazione; un altro don Silvano l’invita a lavorare per la chiesa di Redecesio a Segrate (MI) dove dipingerà una grandiosa “battaglia di Lepanto” (140 mq) e progetterà un pavimento figurato in seminato di 600 mq. Questo segna per lui l’inizio di un’avventura nuova, di un compito che man mano si va delineando in lui come coscienza, attraverso nuovi incontri e nuovi amici: vivere seguendo l’incontro fatto, “servire un popolo, seppur piccolo, e il suo desiderio di avere una chiesa bella”.
Quindi abbandona progressivamente il mondo delle gallerie, dei critici e delle riviste patinate e si dedica a seguire le richieste che provengono da questo “popolo” che lo porteranno come un pellegrino a muoversi da un capo all’altro dell’Italia, con interventi importanti anche in Africa (Nairobi) e Polonia (Aushwitz). Qui nella “chiesa di S. Giuseppe lavoratore” realizza forse la sua più grande opera (1997), sia per le dimensioni delle pareti dipinte e delle vetrate, sia per il tema affrontato (la “shoàh”).

Abbraccio della croce. Il Crocifisso che si trova nella chiesa di S. Maria Maddalena alle Celle.

Contemporaneamente inizia anche il suo rapporto con Rimini. Nel 1988 viene al Meeting ed è chiamato a realizzare un grande dipinto nella vecchia fiera; anche nelle due edizioni seguenti farà importanti interventi pittorici, purtroppo andati perduti. In queste occasioni conosce e stringe amicizia con alcuni architetti riminesi; amicizia che proseguirà e sarà occasione di fruttuosa collaborazione. Essa inizia col “Crocifisso dipinto su tavola” (1990) che vediamo nella chiesa S. Maria Maddalena delle Celle; anni più tardi darà a questa chiesa i bozzetti di una sua “Via Crucis” che farà modellare a Paola Ceccarelli per realizzare le terrecotte collocate nelle cellette all’esterno.

Nella nuova chiesa “Gesù nostra Riconciliazione” (1996) progetta e realizza la grande vetrata interna con soggetto “La Pentecoste”, piena di colore e di movimento; disegna i bozzetti dei pannelli in bronzo per l’altare e l’ambone, modellati ancora da Paola Ceccarelli. Anni dopo, ultimata la piazza antistante la chiesa, su suo disegno la scultrice Elena Ortica realizza la statua di S. Giovanni Paolo II (2005) collocata su un lato della piazza.
Nella chiesa-santuario dei Paolotti in P.za Tre Martiri mi rivolgo a lui per lo studio della nuova “Grotta della Madonna di Lourdes” e poi realizza il lucernario dipinto con “L’Agnello immolato” sopra il Tabernacolo e la vetrata retrostante nella cappella del SS. Sacramento (1998).
Una diversa versione della “grotta di Lourdes” viene studiata e realizzata successivamente anche per la chiesa di S. Rita. Nella chiesa di “S. Giuseppe al porto”, in occasione dei lavori di completamento del presbiterio lo chiamo a progettare le parti artistiche in bronzo per l’ambone (Il “Tetramorfo”) e il Tabernacolo (festone con simboli eucaristici) per il quale realizza anche tutto lo splendido rivestimento in pannelli di vetro fuso (1999). Anche stavolta Paola Ceccarelli ha il compito di fare la modellazione in creta per la fusione. Una decina d’anni dopo disegna il bozzetto di una bellissima statua di S. Giuseppe che doveva essere collocata sul fronte del nuovo sagrato della chiesa, purtroppo non realizzata.

S. Giuseppe. Il bozzetto per la statua della chiesa di S. Giuseppe al Porto.

Dalla collaborazione-amicizia con Paola nasce anche la tela col “S. Francesco” per il Santuario delle Grazie, sul colle di Covignano (2002). Su una bella ancona lignea barocca si dovevano chiudere i vuoti lasciati dalla perdita delle opere originali, avvenuta molti anni prima. Per le nicchie che contornano il quadro la Ceccarelli realizza formelle in terracotta con le storie di S. Francesco, di cui alcune su bozzetti di Mazzotta, mentre Americo dipinge la grande tela con un S. Francesco pieno di vita che pare uscire dal quadro e venirti incontro.

Il Crocifisso di Mazzotta nella chiesa di Villa Verucchio.

Nel 2003 inizia gli studi delle opere d’arte che dovevano essere realizzate per la nuova chiesa di Villa Verucchio da me progettata. Il complesso e articolato progetto iconografico prevede: 1) grande portone in bronzo con figure ad altorilievo; 2) capitelli in bronzo dei pilastri esterni e interni; 3) statue di santi per i due portali laterali; 4) grande vetrata dell’abside dipinta con “I misteri del Rosario”; 5) Crocifisso dipinto bifacciale (sul retro: il Cristo Risorto); 6) figure da scolpire su ambone e fonte battesimale in pietra; 9) vetrata sul battistero e sulla porta d’ingresso principale.
Di tutto questo ampio programma iconografico solo i capitelli dei pilastri con i dodici apostoli rimangono da realizzare; tutto il resto è stato completato in modo encomiabile, tanto che ha fatto esclamare al Vescovo Lambiasi, alla consacrazione della nuova chiesa: “Ma questa è una cattedrale!”

La vetrata con i misteri del Rosario e il Crocifisso sospeso nella chiesa di Villa Verucchio.

Questo grande lavoro meriterebbe un commento dettagliato, opera per opera, ma non è qui possibile. I lavori sono stati completati nel 2008; le sculture in pietra come la modellazione di portone e capitelli in bronzo sono di Elena Ortica. Le vetrate dipinte da Mazzotta sono state realizzate nell’“Opificio delle arti” (PA), col quale ha strettamente collaborato già dalla metà degli anni ’90 per oltre 15 anni, producendo vetrate a soggetto sacro di grandissimo rilievo.

Il bozzetto dedicato a “Battesimo… e Annuncio…” che fa parte della vetrata sui “Misteri del Rosario”: si trova nella chiesa di S. Paterniano a Villa Verucchio.

Nel 2004 sono chiamato a progettare la tomba del Beato Alberto Marvelli nella chiesa di S. Agostino. Sentivo che dovevamo dare evidenza alla presenza del corpo del Beato e alla sua storia e chiedo ad Americo il disegno di un grande pannello in bronzo sopra il sarcofago, con la figura che emerge dallo sfondo di una Rimini distrutta dalla guerra. Lui produce un bozzetto a sanguigna straordinario, da cui Paola Ceccarelli ha modellato il bellissimo pannello in bronzo che oggi ammiriamo e che davvero “parla” di Alberto Marvelli.
L’ultima opera “riminese” in ordine di tempo è nella chiesa di Montescudo dove, dopo il restauro, ha realizzato la vetrata del finestrone in facciata con una “Crocifissione” in cui sullo sfondo è raffigurato il paese. All’esterno della facciata ha poi inserito formelle in vetro fuso dipinto che raffigurano alcuni Santi e i Beati riminesi.

Beato Alberto Marvelli. Bozzetto per la tomba realizzata nella chiesa di S. Agostino.

Questo suo operare a tutto campo è connesso col suo impegno “culturale”: nel 1993 fonda col vetratista palermitano Calogero Zuppardo l’Associazione “Il Baglio”, per attivare rapporti e conoscenze fra artigiani, artisti e architetti. Promuoverà annualmente prima i “Corsi di arte e iconografia cristiana”, poi il “Laboratorio di arte e architettura per la Chiesa” che sono arrivati alla venticinquesima edizione. Nel 2007 è invitato dal Card. Mauro Piacenza, Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali, a tenere il Laboratorio di progettazione iconografica al Master di Architettura, Arti Sacre e Liturgia presso l’Università “Regina Apostolorum” di Roma, che terrà fino al 2013. Ha poi collaborato a diversi seminari di lavoro per pittori promossi dall’Associazione “Il DiSegno” di Padova.
A Rimini ha potuto realizzare la grande e indimenticabile mostra “Di terra e di luce”, allestita alla Rocca malatestiana nel 2014, nella quale Americo e Paola ancora una volta insieme (anche se esponevano singolarmente a piani diversi), hanno mostrato a quali livelli di bellezza può arrivare l’arte contemporanea quando è tale.
Assieme a queste opere Americo lascia a Rimini tanti amici, ai quali è stato vicino uno ad uno, in mille situazioni diverse, interessandosi anche dei figli soprattutto quando questi manifestavano interesse all’arte. La cosa che più manifesta la sua statura di “maestro” è proprio l’attrazione che i giovani hanno avuto per lui ricambiandolo col loro grande affetto. Per essi, ma possiamo dire per tanti anche non più giovani, non si è risparmiato, ha dedicato il suo tempo mettendo a disposizione tutta la sua “sapienza”, il suo consiglio pieno di affetto, la sua esperienza. Un grande uomo e un grande artista che attende di essere pienamente riconosciuto nella sua grandezza.
Non trovo parole più adeguate, per concludere, di quelle che Americo stesso ha detto a un gruppetto di amici che siamo andati trovarlo nel giorno del suo ultimo compleanno. Qualcuno gli ha chiesto come stava vivendo questo tempo, lui ha risposto: “Ho vissuto una vita bellissima!….Ho servito con orgoglio il mio Signore….l’orgoglio anche di avere tanti amici”.
La scultrice Paola Ceccarelli, profondamente colpita dalla sua morte, ha voluto esprimere così il suo dolore e la sua gratitudine: “Grazie Americo, perché hai saputo guardare alla profondità del desiderio del nostro cuore; come un Ulisse l’hai lanciato oltre le colonne d’Ercole, invogliandoci a mettersi per mare, a non attardarci su spiagge di ingannevoli felicità, a remare fino alla fine, come hai fatto tu, con la certezza della rotta giusta e l’amore appassionato per i tuoi compagni di viaggio. Adesso aiutaci a giungere là dove tu sei approdato.”

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