«Ecco perché ho deciso di sostenere Gloria Lisi»: parla Bonfiglio Mariotti

«Ecco perché ho deciso di sostenere Gloria Lisi»: parla Bonfiglio Mariotti

«Non sono io che ho tradito il centrodestra, ma i valori di una destra liberale non li ho più ritrovati in chi ha condotto i giochi in vista della scelta dei candidati. Impossibile stare vicino a persone che fanno del proprio tornaconto l’oggetto di una proposta raffazzonata alla città». L'ex vicesindaco? «Si è trovata nella mia stessa condizione nel campo del centrosinistra». E poi: «Rimini deve uscire dalla "bolla" in cui è vissuta nel decennio Gnassi, la strada da seguire io ce l'ho ben chiara». Cominciamo con questa intervista a conoscere i principali protagonisti al voto del 3 e 4 ottobre.

«Per decenni ho condiviso i valori di una destra liberale, e ne ho anche appoggiato in vari modi i tentativi di crescita nella nostra città. Ma nel momento in cui ho cominciato a rapportarmi con chi nel centrodestra locale ha tirato le fila in vista della scelta dei candidati per le elezioni del 3 e 4 ottobre, certi valori non li ho più ritrovati». Bonfiglio Mariotti (nella foto) ci mette subito un carico da novanta. Da sempre schierato culturalmente e idealmente con l’area alternativa alla sinistra, ha fatto discutere non poco la sua scelta di mettersi al fianco di Gloria Lisi, per dieci anni vicesindaco di Andrea Gnassi e catalizzatrice della “sensibilità” curiale a palazzo Garampi.
«Ecco perché non sono più riuscito a stare vicino a persone che fanno dei propri affari e del proprio tornaconto l’oggetto di una proposta raffazzonata alla città. E ho capito che anche Gloria Lisi, dalla sua parte, si è trovata nella mia stessa condizione ed ha così deciso di muoversi in autonomia».

Non penserà di cavarsela così… Il suo è visto come un tradimento, cosa è successo per passare al fronte avversario?
Nessun tradimento e nessun passaggio al “nemico”. Io non ho mai militato in un partito, niente tessere né incarichi politici di sorta, anche se ho avuto ed ho la mia visione sociale, culturale e politica nel senso più ampio del termine, non certo di sinistra. Ma questo è abbastanza irrilevante nel caso di una elezione amministrativa, dove contano le persone più delle “fedi” politiche. Il discorso va quindi spostato su un altro piano…

Quale?
Ho sempre pensato che chi ha ricevuto deve anche restituire qualcosa alla propria comunità. Per questo ho accettato a suo tempo l’invito del centrodestra ad analizzare la praticabilità di una mia candidatura, che definirei “di servizio” alla città. Io non ho aree da edificare, non discoteche né ristoranti, nessuna concessione governativa, solo passione, ma quando ti rendi conto che affarismo e poltrone marcano il territorio a discapito della gente, te ne vai per forza da certi giri.

Lei dice, in estrema sintesi, che l’hanno costretta ad andarsene dal centrodestra, però da qui a “sposare” la causa di Gloria Lisi ce ne passa, o no?
Ho incontrato Gloria Lisi per puro caso alcuni anni fa, quando come assessore con delega ai servizi sociali mi chiese un sostegno economico per una iniziativa del Comune contro la violenza sulle donne. La aiutai molto volentieri perché mi sembrava assurdo che il Comune non trovasse quei quattro soldi che avrebbero permesso di concretizzare un evento così meritevole e utile al fine della formazione di una coscienza civile avveduta su un tema quanto mai all’ordine del giorno. Da lì ho cominciato a conoscerla meglio e ad apprezzare la sua grande capacità amministrativa, insieme agli ideali che la contraddistinguono e che sono parte integrante anche della mia vita.

Ovvero?
Nelle mie aziende coltivo l’etica nei rapporti di lavoro e la legalità, senza cercare scorciatoie di sorta. Il pagamento delle tasse, così come di tutti i contributi ai dipendenti, li reputo il primo e fondamentale passo per vivere all’interno di una comunità.

Torniamo a Gloria Lisi: sta di fatto che è rimasta per dieci anni a fianco di Gnassi senza avanzare mai una critica, e ha dichiarato di volersi muovere nell’alveo del centrosinistra.
E’ stata dieci anni nella giunta uscente, dove ha fatto il suo dovere, come un tecnico all’interno di un consiglio di amministrazione, con deleghe specifiche che ha portato avanti. O forse qualcuno pensa che negli ultimi dieci anni ci sia stata una persona all’interno dell’amministrazione comunale che poteva tenere testa all’irascibile Gnassi?
Ma per me è fondamentale anche un altro aspetto: Gloria Lisi non è mai stata un politico, non ha avuto la tessera del Pd, e da quello che so io non l’ha nemmeno mai votato.

Qual è il background che lei porta candidandosi con Gloria Lisi e guidando la “Lista Rimini per le Imprese”? Qual è il valore aggiunto che pensa di poter immettere nella competizione elettorale e magari in seguito anche nell’esperienza dell’amministrazione comunale?
Vorrei spiegarlo partendo da una premessa sostanziale. Rimini ha vissuto per un decennio in una sorta di “bolla”, in un clima anestetizzato. I nostri giovani sono rimasti offuscati dall’attivismo dell’amministrazione Gnassi o, meglio, dal molto fumo negli occhi profuso a piene mani. Ma lo stesso è accaduto per molti imprenditori del turismo e non solo, che hanno visto nell’uomo solo al comando la possibilità di un rilancio per la nostra città. A conti fatti dobbiamo ammettere che, grattando via l’apparenza, la realtà ripropone i soliti “buchi neri”, i grandi problemi irrisolti di sempre, come in questi giorni evidenziano anche alcune importanti categorie economiche.

Un turismo che è andato impoverendosi mentre inseguiva i grandi eventi, la mancanza di parcheggi e una mobilità caotica, l’incertezza che attanaglia il futuro dell’aeroporto e il sistema fieristico, eccetera eccetera…?
Certo. Lo scalo internazionale, per fare solo un esempio, possiede enormi potenzialità ma deve essere messo nelle condizioni di decollare e di integrarsi in una rete di trasporti coerente e armonizzata. Vogliamo continuare a puntare sul divertimentificio straccione che attira solo ospiti con una scarsissima capacità di spesa e alimenta il fenomeno dei prezzi stracciati? Ma, ancora più in profondità, c’è da invertire una tendenza al ribasso, altrimenti si rischia di bruciare la speranza di un’intera generazione di giovani che non vede più un futuro lavorativo a Rimini, che non può ovviamente essere garantito dai giochi circensi, dai cotillons e dai lustrini che hanno contraddistinto l’era Gnassi. Il quale ha fatto sicuramente alcune buone cose, ma davvero poche … L’unica degna di nota se guardiamo al centro storico è stata eliminare il parcheggio da piazza Malatesta, salvo poi trasformarla in un museo dell’effimero. Il resto, mi riferisco al Fulgor e al Galli, è stato solo un completamento di opere iniziate da altri.

Bisogna svegliarsi dal sonno…
E’ arrivato il momento che il mondo imprenditoriale abbia un sussulto di vita, di creatività, di impegno, di intrapresa, di partecipazione, ed è per questo che ho coinvolto trentadue imprenditori nella “Lista Rimini per le Imprese”. L’ho fatto per mettere in campo competenze e professionalità. Anche nel turismo ci siamo accontentati delle briciole, di incrementi delle presenze del tutto marginali mentre i fatturati precipitavano e le destinazioni concorrenti camminavano a grandi passi. Il mio obiettivo è chiaro: dobbiamo tutti ritornare allo spirito delle startup. Ripartire, rimettersi in gioco, analizzare lo stato dell’arte partendo dai dati, far seguire un progetto di cambiamento e crederci. Solo così le nostre aziende e le imprese piccole e grandi riusciranno a creare nuovi posti di lavoro per tutti, a partire dai nostri giovani, che non dovranno più andarsene lontano da Rimini per trovare lavoro.

Una proposta concreta per uscire dalle secche?
Il primo passo per attivare lo spirito dei pionieri della nostra città e della nostra Romagna è quello di togliere quell’infinità di lacci coi quali la burocrazia comunale sta uccidendo le attività economiche. E la burocrazia spesso e volentieri viene lasciata prosperare da chi governa perché consente di mantenere il controllo economico e politico. Bisogna eliminare la burocrazia e lo si può fare anzitutto applicando la digitalizzazione ai processi amministrativi. Nella giunta uscente c’era un assessore alla innovazione digitale, qualcuno se ne è accorto? La digitalizzazione deve consentire a cittadini, imprese e pubblica amministrazione un dialogo virtuoso, che è anche l’unica strada per una vera democrazia partecipata. Va tolto il filtro del controllo della politica sui processi amministrativi, sulle pratiche, sul rilascio di permessi e concessioni.
Per quale motivo, poi, continuare a obbligare pensionati, portatori di handicap e lavoratori dipendenti a perdere ore per ottenere un certificato all’anagrafe, quando potrebbe essere messo tutto online, accessibile da casa, dall’ufficio o dallo smartphone? Oggi facciamo tutto con questi strumenti, tranne rapportarci col Comune. Non ne usciremo senza dar vita ad un sistema informatico comunale integrato a servizio dei cittadini.

Nel suo programma la sicurezza occupa un posto centrale, cosa propone?
L’insicurezza, il degrado e l’illegalità peggiorano la vita dei cittadini e mettono in crisi le attività economiche quindi vanno combattute con ogni mezzo. Non è più accettabile quel triste primato che ogni anno ci viene affibbiato nella classifica nazionale sulla sicurezza.
La città si è quasi assuefatta a forme di illegalità diffusa e strisciante, scippi, furti in abitazioni e nei locali, prostituzione, accampamenti nomadi abusivi, venditori di ogni sorta che scorrazzano in spiaggia e sui lungomare.

Come intervenire?
Prima di tutto va mappato l’intero territorio comunale individuando la copertura delle telecamere e intervenendo laddove risultano assenti o insufficienti. Poi va istituita una centrale operativa che in estate sia in grado di essere operativa h24 e, soprattutto, deve assolutamente entrare in funzione il servizio del vigile di quartiere. Non serve a nulla e non porta nessun risultato ricriminare contro lo stato che non manda i rinforzi. Molto possiamo fare da soli, con le nostre forze, prevedendo deterrenti efficaci. Certo che se la polizia municipale la utilizziamo per fare cassa raccattando multe o mandando pattuglie sulla statale con l’autovelox, il problema non lo risolviamo.

Creare un corpo di polizia locale dedicato ha dei costi… e il Comune piange sempre miseria.
E’ un falso problema, si cominci con l’evitare gli sprechi e indirizzare le risorse dove servono davvero. E dove vogliamo investire se non nella sicurezza urbana?

Il primo progetto al quale si metterebbe a lavorare in amministrazione sul versante della sicurezza?
Una rete di collaborazione fra cittadini, associazioni di residenti, vigile di quartiere e forze di polizia. Un filo diretto di questa natura, dotandosi anche di un adeguato sistema di raccolta delle segnalazioni, sarebbe una svolta. Praticamente immagino un circolo virtuoso che si sviluppi a cerchi concentrici, in cui al centro ci sia il cittadino, nell’anello successivo l’associazione territoriale, quindi il vigile di quartiere, la centrale operativa e le forze di polizia dello stato centrale. Il modello è un po’ quello della “polizia partecipativa” attuato in America e in Canada: prevenire i reati e gestire la sicurezza facendo leva sulla collaborazione e l’apporto di tutti. Si tratta di un percorso relativamente semplice per liberare da subito i parchi da sbandati e predatori, evitare scippi e borseggi, ripulire la città da bivacchi e ospiti indesiderati, insieme a tanto altro.

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