Encefalogramma piatto per il mercato del lavoro a Rimini: i dati della Cgil

Encefalogramma piatto per il mercato del lavoro a Rimini: i dati della Cgil

L'assessore regionale Emma Petitti sprona gli attori politici locali a mettere mano alla riqualificazione.

Pur fra qualche segnale di ripresa generale, il territorio riminese fa peggio di quello emiliano e il tasso di occupazione resta immobile. Continua a scendere il numero delle imprese attive, bene esportazione e miglioramenti nel turismo.

Qual è l’effetto della crisi economica sulle imprese e sui posti di lavoro in provincia di Rimini? Lo spiegano i dati dell’Osservatorio sull’economia e il lavoro (giunto alla sesta edizione), presentati oggi da Alessandro Daraio dell’Ires Cgil Emilia Romagna. Sulla base di questa fotografia, Cgil chiede di aprire un dialogo e un confronto, a partire dalle istituzioni e dalle categorie economiche.
Anni pesanti quelli segnati dalla crisi, come ha ricordato Graziano Urbinati (nella foto), segretario generale Cgil Rimini, nei quali le organizzazioni sindacali sono state impegnate con migliaia di accordi aziendali: ben 800 all’anno nel settore dell’artigianato (fra sospensione e cassa integrazione in deroga), circa 1000 gli accordi di cassa integrazione in deroga nel settore servizi fra il 2011 ed il 2015, 1314 gli accordi di cassa integrazione nel settore legno-edilizia e 2 milioni e mezzo le ore di cassa integrazione nella metalmeccanica nel 2015, “difendendo migliaia di posti di lavoro e sopravvivenza delle imprese”, come hanno spiegato Manuel Fiori (Rsu Scm) e Stefano Ceccarini (Rsu Ferretti Imbarcazioni).
Encefalogramma piatto per il mercato del lavoro, con un 2016 che segna una crescita del valore aggiunto del 1,3% (prevista a ritmi dell’1% nei prossimi anni) ma una “crescita senza occupazione”.
Il lavoro non aumenta e rimane precario, sottolinea Cgil, frammentato e povero (con 2 milioni di voucher nel 2016).
L’assessore regionale Emma Petitti ha lanciato qualche sasso nello stagno, mandando anche alcuni segnali agli “attori” locali, e per forza di cose il primo ad essere investito è il sindaco del Comune capoluogo. Vi è la necessità di una profonda riqualificazione territoriale dal punto di vista sismico ed energetico – ha detto Emma Petitti – attraverso politiche di incentivi e leve fiscali, così come c’è la necessità di far camminare a livello territoriale il patto per il lavoro regionale e la nuova legge urbanistica che verrà.

“È ormai evidente che dopo gli anni acuti della crisi e la lunga recessione, non si prospetta un rimbalzo e il ritorno alla situazione economica preesistente, bensì un adattamento a un nuovo scenario più complesso e meno brillante”, spiega l’Osservatorio.
La crescita del valore aggiunto nel 2016 ha interessato tutti i settori produttivi, compreso quello delle costruzioni che rivede il segno positivo dopo molti anni, mentre l’incremento è stato meno intenso per l’ambito dei servizi, che sono la vera ossatura del sistema produttivo provinciale.
Il numero di imprese attive continua a ridursi, ma in maniera minima (-0,3%) e meno che nel resto della regione. In questo caso sono soprattutto il settore primario, le costruzioni e l’industria a consolidarsi. Nell’ambito dei servizi ci sono 85 imprese in più rispetto all’anno precedente, come risultato del saldo negativo del commercio e quello positivo di tutti gli altri segmenti principali (in particolare servizi alle imprese). Diminuisce il numero di imprese assoggettate a procedure concorsuali rispetto al dato molto negativo del 2015 (92 contro 128).
Balzano le esportazioni con un +12,3%, superando per la prima volta i due miliardi di euro di valore assoluto. Dopo diversi anni la performance riminese è migliore della media regionale, ed è trainata dai comparti dei macchinari (+16%), degli altri mezzi di trasporto (+68%), degli altri prodotti in metallo (+14,8%) e delle apparecchiature elettriche (+17,7%).
Per il turismo è stato un anno positivo sia in termini di arrivi (+3,1%) che di presenze (+1,6%), aumentate sia dall’Italia che, soprattutto, dall’estero con una ripresa anche della spesa dei turisti internazionali. Ma nonostante i segnali di miglioramento il turismo riminese è ancora fortemente dipendente dai flussi domestici (80% del totale) provenienti in particolare dalle regioni del centro nord.
La popolazione è cresciuta in modo moderato sia nel 2015 sia nel 2016 (dati provvisori) con una variazione di 0,2-0,3 punti percentuali ogni anno. Si accentua però lo spopolamento delle aree più interne a favore dei comuni di pianura.
Come negli anni passati, la crescita demografica è guidata dal saldo migratorio (sia dalle altre province e regioni italiane sia dall’estero) che bilancia il saldo naturale negativo. Si è arrestato però l’aumento dei residenti stranieri, che nel 2015 diminuiscono leggermente in termini assoluti.

Nonostante la crescita (stimata) del valore aggiunto, la performance del mercato del lavoro è stata sostanzialmente piatta, non riuscendo ad allinearsi al positivo andamento regionale trainato dalle province emiliane. Il tasso di occupazione è rimasto immobile, ma è leggermente diminuito quello di disoccupazione anche a causa di una riduzione della propensione a cercare lavoro (tasso di attività).
C’è stata una netta biforcazione delle dinamiche tra uomini e donne: gli indicatori sono tutti positivi per le donne e frenati dalla performance relativa agli uomini. Il numero di donne disoccupate, dopo aver pagato il prezzo della recessione, torna a convergere rispetto a quello degli uomini.
Nel 2016 sono cresciuti soprattutto gli occupati in agricoltura, silvicoltura e pesca (+46%), ma anche nei servizi e nel commercio. Al contrario continuano a diminuire gli occupati nelle costruzioni (-15,7%), e nell’industria (-3,7%).
Pochi progressi rispetto alla qualità e stabilità dell’occupazione: dopo il boom del 2015 calano drasticamente gli avviamenti al lavoro con contratto a tempo indeterminato così come le trasformazioni contrattuali verso il tempo indeterminato.
Sul fronte opposto è aumentata la diffusione del lavoro retribuito con i voucher, da tempo usciti fuori dall’ambito del lavoro accessorio. Si diceva della grande quantità di voucher venduti: quasi la metà di quelli per i quali si conosce il settore di attività, sono destinati al turismo e quasi il 30% al commercio. Meno del 5% dei buoni riguarda il lavoro domestico e le attività di giardinaggio e pulizie.
Diversi indicatori descrivono una situazione di maggiore fragilità e instabilità del mercato del lavoro di Rimini rispetto alla media regionale: una maggiore diffusione del lavoro autonomo, una incidenza minore dei contratti a tempo indeterminato e maggiore dei contratti stagionali (legati al settore turistico) tra i lavoratori subordinati, un maggiore ricorso al part-time. Sono tutti fattori che concorrono a ridurre l’intensità di lavoro e conseguentemente le retribuzioni e il reddito dei lavoratori.
“Complessivamente, i tassi di crescita economica registrati in questi anni e le previsioni per i prossimi sono evidentemente insufficienti a sostenere un ritorno in tempi ragionevoli ai livelli occupazionali registrati prima dell’inizio della crisi, un aumento dell’intensità di lavoro degli occupati e un miglioramento delle retribuzioni e del potere d’acquisto delle famiglie. Oltretutto si intravedono segnali di disaccoppiamento tra crescita economica e generazione di lavoro e tra occupazione e disponibilità di reddito. Sono concreti i rischi di allargamento delle diseguaglianze e della polarizzazione sociale, in un contesto di progressivo invecchiamento della popolazione e quindi aumento della dipendenza economica”. Non c’è da essere troppo ottimisti e, soprattutto, non si intravedono politiche su scala provinciale e regionale in grado di invertire questa china.

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