Nell’antica chiesa alle pendici di via Covignano una “start up innovativa” (sic) celebra una finta messa e sbeffeggia la religione cattolica. All’ombra del potere politico ed economico riminese.
Non è passato inosservato agli occhi dei riminesi il servizio televisivo andato in onda sabato mattina su Rainews24: il filmato documentava l’attività di un’azienda di marketing con sede nell’antica chiesa di Sant’Andrea dell’Ausa alle prime pendici di Covignano, oggi sconsacrata e divenuta proprietà privata.
Le nicchie dell’edificio di forme gotiche una volta ospitavano le sacre immagini di Maria o dell’apostolo Andrea – ricordiamolo, era il fratello di Pietro e fu il primo a seguire Gesù. Oggi invece un gruppo di specialisti della réclame vi ha appeso e vi “adora” i ritratti non del primo martire Stefano ma di Steve Jobs, non dell’evangelista Marco ma di Mark Zuckerberg, oltretutto inaugurando il culto di un novello Andrea – vedremo dopo. Il gruppo non si nasconde bensì ostenta in pubblico queste sue credenze, in favor di telecamera, non prima di aver acceso i rituali ceri di offerta sotto gli occhi sognanti delle presunte nuove divinità dell’empireo digitale.
Ma attenzione, non si tratta di uno scherzo, e nemmeno basta a derubricare la faccenda il cattivo gusto, che pure sembra essere di casa in questo gregge di pecorelle della new economy. Non è solo dabbenaggine ma qualcosa di peggio, come documenta il video autopromozionale che l’aziendina (capitale sociale euro dieci) ha postato sul suo profilo Facebook il 3 febbraio 2017.
Come vedete in queste inquadrature, nella ex chiesa i dipendenti e collaboratori della “società a responsabilità limitata semplificata” hanno filmato una finta messa, cioè qualcosa al limite della profanazione della religione cattolica. Le ragazze relegate in una cappella laterale, ferme con le mani giunte; i maschietti in processione verso l’altare prendono la comunione dal “ceo” o presidente del consiglio d’amministrazione, che tiene appunto un’ostia nella mano destra e un calice nella sinistra, con tanto di chierichetto a fianco.
L’offesa alle sacre specie è opera di tal Giacomo Arcaro, laurea in design, 32enne. E’ lui a capo della “Black Marketing Guru srls”, sede legale a Santarcangelo, uffici appunto in via Covignano 221, “in a Byzantine temple”, dichiara esagerando su internet dove, si sa, è sempre meglio spargere della panna.
Sarà forse perché una volta arrivato alla fatidica età dei 30 anni ha creduto di essere il messia dei social, sta di fatto che Arcaro è un uomo letteralmente osannato – bisogna ammetterlo – dal potere economico e politico locale. Ha vinto una volta il premio “Nuove imprese”, ha creato startup e ideato app, una delle quali comprata dal Gruppo Maggioli, incrementa i contatti di Music Inside Festival alla Fiera e quelli di Santarcangelo dei Teatri, ha collaborato con Apt e con alcune importanti associazioni di categoria. Chapeau.
Ma è veramente tutta gloria, da mettere sugli altari? I giornali locali lo definiscono “vulcanico”, eppure a giudicare dalle foto che mette in bella mostra le sue idee sono, gira e rigira, sempre le stesse, compulsivamente ripetute in tante varianti: minimalismo dell’architettura contemporanea, bottiglie di Dom Perignon, tettone al vento proiettate sulle arcate dell’edificio sacro, immagini religiose corredate di ambigui hashtag per far intendere che non ci crede mica tanto (#crucifix #saint #bathroom #toilet #church; #likeavirgin eccetera).
Non sarà che il video della finta messa è solo uno scivolone passeggero? Niente affatto, il Nostro coltiva un’autentica passione per il capitolo blasfemia e dintorni.
Si fa immortalare mentre “celebra” il matrimonio dei suoi anziani genitori con a fianco un quadro di san Pio da Pietrelcina;
mette la tradizionale immagine dell’Agnello di Dio come sfondo del sito internet aziendale;
per attirare nuovi clienti, descrive l’attività della sua “start up” con un video basato interamente su di un ritratto di Gesù Cristo modificato e camuffato in mille modi (con diverse fogge di baffi, cappelli, occhiali eccetera).
Insomma, è sempre di quella.
Forse però il capolavoro dei “Black Guru” è il sodalizio con Andrea Gnassi: fotografando il Suo ufficio in campagna elettorale, Arcaro lo chiama “il Sindacone”, #Sindy; ha inventato la campagna “E’ tutta colpa di Gnassi” per far parlare di Lui; un’operazione di “demistificazione” che ha portato Lui ad essere “il più cliccato ed amato d’Italia” (stampa locale).
Sarà per tutte queste commesse affidate ai “Blacks” che nell’ex chiesa non si venera più sant’Andrea dell’Ausa ma sant’Andrea Gnassy, come documentato nella foto.
Post scriptum: all’interno del Black-Gnassy-Byzantine-temple non potevano mancare gli stupefacenti. «Abbiamo deciso di rendere il nostro ambiente ancora più rilassante, mettendo a disposizione vari prodotti derivati della cannabis legale che si trovano oggi facilmente in commercio in tanti negozi», Arcaro dixit (ma è di pochi giorni fa la notizia che il Consiglio superiore di Sanità ha stabilito che “non può essere esclusa la pericolosità della ‘cannabis light’”). “Il tutto a carico dell’azienda, che ha inserito l’acquisto dei prodotti fra le spese per i benefit destinati ai propri dipendenti” (stampa locale), oltre ad “auto aziendali, riservate ai manager più importanti di Black marketing guru, e al pass che permette a tutti i collaboratori di entrare gratuitamente nelle discoteche della Riviera”. Sic transit.
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