Fosse per la Boldrini abbatteremmo Villa Mussolini. E “Pugno Chiuso” Gnassi esulta

Fosse per la Boldrini abbatteremmo Villa Mussolini. E “Pugno Chiuso” Gnassi esulta

Il PD vuole mandare in carcere chi vende le bottiglie di vino con sopra la faccia del Duce. Ma la Presidente della Camera esagera: i monumenti del fascismo offendono i partigiani. A questo punto, togliamo Ungaretti dalle antologie. Ecco come la pensa Marcello Veneziani.

La politica punitiva. Il Sindaco di Rimini fa il Vendicatore
Pensavate di vivere nel migliore dei mondi culturali possibili. Invece no. I reflui della ‘vendetta’ antifascista sono risorti, 70 anni dopo. Fosse per la Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, Villa Mussolini, la dimora riccionese del Duce, dovrebbe essere rasa al suolo. “Ci sono persone che si sentono colpite, a volte anche offese… quando passano sotto alcuni monumenti”, ha detto Laura, manganellatrice dell’arte fascista, interpellata da una tivù. In particolare, la politica si riferiva ad alcuni partigiani che “hanno evidenziato questo stato di cose… non accade altrettanto in Germania dove i simboli del nazismo non ci sono più”. Al di là dell’accostamento, infelice – il fascismo equivalente al nazismo – a questo punto, perché salvare i monumenti creati dai sanguinari imperatori di Roma? Perché tenere in piedi San Pietro, icona di un papato che annienta le ‘minoranze’? Perché non abbattere gli Uffizi, simbolo del Granducato di Toscana, che imponeva la sua egida con la spada lungo gli Appennini? In effetti, pensavamo di abitare in un mondo migliore. Un mondo dove Forlì, da anni, presso i Musei di San Domenico, non ha timore a studiare l’arte del Ventennio, dove il Sindaco ‘Piddì’ di Predappio, giustamente, lavora per creare un Museo del Fascismo. Invece niente, basta una proposta di legge demenziale – quella griffata Fiano&Co. che propone il carcere per chi fa “propaganda del regime fascista e nazifascista”, colpendo “tutta la complessa attività commerciale che ruota intorno alla vendita e al commercio di gadget o, ad esempio, a bottiglie di vino riproducenti immagini, simboli o slogan esplicitamente rievocativi dell’ideologia del regime fascista o nazifascista” – e l’inchino del Compagno ‘Pugno Chiuso’ Andrea Gnassi – “è una proposta importante perché permetterebbe, in particolare, di vietare la produzione, la vendita e la diffusione di immagini o contenuti di propaganda al regime fascista e nazifascista, di vietare espressamente il saluto romano e l’ostentazione pubblica di simboli, istituendo inoltre l’aggravante della propaganda via web”, ha detto il poco malatestiano Sindaco di Rimini – per tornare nel terzo mondo culturale. Fosse per il trio Boldrini-Fiano-Gnassi:

*abbatteremmo Villa Mussolini, che già la Giunta Pierani, nel 1979, decretò di distruggere. Fu grazie all’audacia di Rosita Copioli se la villa, tutelata dal Ministero dei Beni Culturali, esiste ancora: nel 1997 l’ha comprata la Fondazione Carim, cedendola fino al 2027 al Comune di Riccione con il compito di custodirla, ora è usata – pur poco e male – per mostre d’arte;
*non leggeremmo più Giuseppe Ungaretti a scuola, il poeta preferito da Mussolini – nel 1923 il Dux scrisse una Presentazione al Porto sepolto, “poesia fatta di sensibilità, di tormento, di ricerca, di passione e di mistero” – dacché, lo sanno anche i muri, la letteratura fa più male di una maglietta con sopra l’immagine smunta del Duce;
*bruceremmo il Fondo Gioacchino Volpe custodito alla Biblioteca ‘Baldini’ di Santarcangelo, sinistra testimonianza di uno storico di genio colpevole d’esser stato parlamentare fascista;
*censiremmo nell’oblio vili intellettuali come Corrado Ricci e Alfredo Panzini, romagnoli che firmarono il Manifesto degli intellettuali fascisti, per non parlare di Marinetti, di Malaparte, di D’Annunzio, che a Rimini si trombò la Duse e a cui è intitolato pure il lungomare, a Riccione e a Cervia.
Ora capisco perché il Comune di Rimini non sa da che lato pigliare l’anniversario malatestiano: Sigismondo Pandolfo Malatesta puzza un po’ di fascismo ante litteram.

Marcello Veneziani aiutaci tu: l’intervista
Per mettere un po’ d’ordine nel cataclisma politico, fatto di frasi fatte e di opportunismi elettorali, meglio interpellare un intellettuale come Marcello Veneziani.
Partiamo dalla Boldrini…
“Se dovessimo realizzare il proposito della Boldrini dovremmo dichiarare inagibili quasi tutte le città italiane. Ovunque c’è l’impronta del fascismo e persino nelle zone rase al suolo dal sisma hanno resistito solo gli edifici fascisti. Se non c’è riuscito un terremoto ad abbatterli, figuriamoci se ci riesce un coccodè, sia pure isterico”.

Nelle pagine di Storia non ci sono innocenti e non si possono eleggere ‘giusti’ per legge. Lei come la pensa riguardo alla proposta di legge di Fiano&Co.?
“C’è innanzitutto qualcosa di sproporzionato, di mostruoso, nel demonizzare per 72 anni (e non è finita) un’esperienza che è durata poco più di venti. C’è poi una ricerca ossessiva di rassicurazioni identitarie per rianimare la sinistra dispersa: l’antifascismo funziona in questo senso da sala rianimazione, restituisce un Nemico Assoluto a un’area che non sa vivere senza un Rancore verso qualcuno (Berlusconi, la destra, il populismo) e appena ne declina uno, bisogna rimettere in piedi l’Eterno Fascismo (Ur-fascismo diceva Eco). E non si distingue più tra il neofascismo politico di una volta e il folclore, il vintage, la civetteria di esibire cimeli fascisti che non hanno alcuna ricaduta politica, ma solo sentimentale e commerciale. Cominciai a seguire la politica nei primi anni Settanta. Da allora ciclicamente ma ininterrottamente, sento parlare di un imminente pericolo fascista che serpeggia nella società. Una leggenda metropolitana che serve per rianimare la mobilitazione antifascista”.

Perché fa così paura il Ventennio? Perché non studiamo a dovere – al posto di agire con il manganello della legge – cosa è stato il Fascismo?
“Il fascismo non si può ridurre solo a qualcosa di criminale. Non lo farei neanche per il comunismo che per estensione, durata, vicinanza temporale, numero di vittime (in tempo di pace, si badi bene) ha prodotto crimini inarrivabili. C’è poi da chiedersi perché ancora tanta gente ha un giudizio positivo del fascismo. Non si può ricordare del fascismo la violenza, la guerra, la persecuzione razziale (che riguarda il nazismo e solo di riflesso, in modo infame e caricaturale l’ultima fase del fascismo) dimenticando le opere realizzate, la tutela sociale, l’integrazione nazionale, i passi da gigante compiuti dall’Italia nel segno della modernizzazione, la forte passione ideale e civile, il consenso… Durante il fascismo gli italiani ebbero in assoluto il maggior attaccamento allo stato e maggior fiducia nelle istituzioni, e potrei continuare. Il fascismo fu una rivoluzione conservatrice che modernizzò il paese nel nome di valori e primati tradizionali, cercando di accordare l’avvenire del socialismo con l’eredità della nazione”.

Perché, poi, simili posizioni non si esprimono nei riguardi del ‘Che’ o di Stalin o dell’apologia del comunismo – o dell’islamismo, a questo punto?
“Il paradosso è che questa ennesima ondata contro il fascismo sorge nell’anno in cui ricorrono i cent’anni dalla Rivoluzione bolscevica. Sul piano storico, è il comunismo il tema di quest’anno, la sua parabola, i suoi orrori, la stretta linea di continuità tra Lenin e Stalin, il fallimento di ogni comunismo in ogni paese e in ogni tempo, i residui tossici che sono rimasti, il passaggio dal Pc al Pd, nel senso del politically correct, il comunismo dei nostri anni. Invece il comunismo è totalmente rimosso, confinato in una dimenticata antichità, salvo qualche reperto mitico, come il Che o da noi come Gramsci e Berlinguer. Gli unici miti spendibili perché sono due comunisti che (per fortuna) non andarono al potere. Come diceva Gomez Davila, gli unici comunisti da rispettare sono quelli che non sono andati al potere”.

Le ‘manganellate’ contro la presunta ‘apologia di fascismo’ ricordano simili ‘punizioni’ inflitte a personaggi ritenuti scomodi. Mi riferisco a Ezra Pound, da troppi amministratori scambiato per un tesserato di Casa Pound o a Curzio Malaparte, osteggiato dai più. Viviamo ancora in tempi in cui la cultura è strumentalizzata per puri fini di parte, di partito, elettorali?
“La cultura strumentalizzata rientrava ancora in una fase ‘eroica’ in cui si riteneva che annettersi un autore o condannarne un altro avesse un’incidenza effettiva, e un significato. Oggi la cultura è considerata una zavorra molesta e obsoleta, irrilevante. E nei confronti degli intellettuali non riconducibili alla dominazione corrente non si pratica più la denuncia e la demonizzazione ma, peggio, il silenzio, la finzione d’inesistenza, la non considerazione come autori e scrittori. Non potendo più eliminare fisicamente il dissidente o il nemico, come accadeva ai tempi di Florenskij e di Gentile, lo si elimina moralmente, si certifica con il silenzio la sua morte civile…”.

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