Dietro la mitologia della "transizione ecologica" molto fumo e poco arrosto. Creare uno scempio davanti alla costa non è una scelta oculata che guarda al futuro. Tante le ragioni che dovrebbero far riflettere. La lettera dell'ing. Luca Gallini.
di Luca Gallini
Nella sinistra dei salotti è di moda dichiarare di essere ambientalisti, ecologisti ed appoggiare e sostenere l’indirizzo energetico degli ecologisti europei, “la transizione ecologica” (nomenclatura che fa inorridire) volta all’utilizzo delle fonti rinnovabili perché non inquinerebbero, a loro dire: ma le cose non stanno proprio così e spesso, a ben vedere, dietro certi indirizzi si celano fini non proprio nobili.
Dall’Europa, i paesi che lì comandano, hanno impresso questo indirizzo a loro dire ecologista, che ha avuto come punto di grande impatto il divieto delle auto alimentate a diesel e benzina dal 2035.
Purtroppo, questi signori, non dicono la verità sulle auto elettriche e su quelle ibride, sono reticenti quel tanto che basta a circuire ed ingannare la maggioranza della popolazione.
Per dimostrare che l’inquinamento causato da auto elettriche ed ibride fosse nettamente inferiore a quello dei veicoli tradizionali, avrebbero dovuto mostrare i conti fino in fondo e dire le cose come stanno.
Perché i fautori di tale indirizzo non dicono chiaramente quanto inquina la produzione e lo smaltimento di quelle corpose batterie necessarie all’alimentazione di tali vetture; perché non dicono quanto costa la loro ricarica nel caso di auto elettriche e perché non dicono che le batterie che alimentano queste vetture durano al massimo 6/8 anni, dopo i quali il costo del ricambio è superiore a quello dell’auto con la conseguenza che è preferibile la sostituzione della vettura.
Una vettura tradizionale dura in media 15 anni cioè più del doppio di queste nuove invenzioni.
Questo implica la produzione di un numero doppio di vetture e quindi una produzione doppia di materiali che compongono le vetture stesse, tra i quali primeggia l’acciaio, la cui produzione è altamente inquinante (vedi ILVA di Taranto) e molto pregiudizievole per la vita umana.
Si ricorda come in Europa la Germania ecologista produce molte auto e l’indirizzo delle auto elettriche volge quindi – stranamente – a favore dei loro tornaconti.
Per contro, anche di recente i fatti occorsi in tema di energia e di migranti, hanno palesato l’autentica solidarietà e moralità dei popoli nordici, specie della Germania che in Europa detta legge.
Anche in merito al fotovoltaico, nessuno ha mai mostrato il carico di inquinamento che implica lo smaltimento dei pannelli, della durata media di 20-25 anni.
Per contro, i privati che hanno concesso agli erogatori di energia l’installazione di detto sistema nelle loro proprietà private, si sono resi conto che il 99% del beneficio economico va ei gestori dell’energia e a loro che hanno vincolato i terreni spettano le briciole.
Ora, nella Romagna, è il momento in cui nei salotti della sinistra ecologista, sono diventate di moda le pale eoliche, appoggiate direttamente dal Governatore Bonaccini, il quale, da profondo ecologista già nel 2021 aveva emanato norme molto severe per contrastare l’inquinamento.
Vale la pena ricordare come la Delibera di Giunta Regionale n.189 del 15/02/2021, successivamente reiterata nella sostanza, agli occhi della sinistra fu un modello di ecologia.
Peccato che il divieto posto con la Delibera in questione alle auto più inquinanti fu stranamente imposto ai soli veicoli privati, ma non ai mezzi pubblici e chi scrive ha più volte filmato con sgomento le fuoriuscite di colonne di fumo nero dagli autobus pubblici: ma forse gli ecologisti da salotto le considerano salutari provenendo da mezzi pubblici.
Per fornire alcuni dati numerici, un autobus, emette circa 100 g/km di CO2 per passeggero, a pieno carico mentre un’auto diesel, considerata occupata anche solamente da due persone, emette circa 80 g/km di CO2. Considerando un autobus occupato da 40 persone si desume che lo stesso inquina come 25 auto. Se come spesso accade gli autobus sono a metà carico, si desume come un autobus pubblico lasciato libero di circolare dall’ecologista Governatore Bonaccini, inquini mediamente come 50 vetture private alimentate a diesel. Rispetto alle auto euro 1 a GPL interdette espressamente dalla circolazione con lo stesso provvedimento, l’autobus pubblico inquina circa 75 volte.
Tornando alle pale eoliche vale la pena evidenziare preliminarmente e senza timore di smentita, che il loro costo di installazione, indipendentemente dal sito, è altissimo.
Per impianti di piccola taglia, fino a 60kW, si va infatti ad avere un costo totale di circa € 250.000 per un impianto completo da 60kW con pala eolica nuova di tipo tripala e con torre da 30 metri, o € 70.000 circa per un impianto completo da 20kW con pala eolica nuova di tipo tripala e con torre da 30 metri.
Ciò implica un rientro economico molto lungo durante il quale intervengono gli interventi manutentivi.
Fare un “parco” eolico che possa produrre diversi MW con soldi presi a prestito dall’Europa non appare così economico anche perché le rese degli impianti eolici non sono esaltanti. Una grande turbina con una capacità di 2.5-3 MW sarà in grado di produrre circa 6-7 milioni di kWh all’anno: le stime però affermano che le turbine eoliche, a causa dell’andamento del vento, producono solitamente il 30-50% della loro capacità.
Ad essere onesti, bisognerebbe inoltre palesare l’inquinamento acustico che producono, le alterazioni all’ambiente ed infine l’inquinamento consequenziale.
Studi condotti sulle collisioni degli uccelli con le turbine eoliche a livello mondiale, portano a concludere come le stesse costituiscono un concreto pericolo per gli uccelli. Anche se impiantate in mezzo al mare, queste strutture vanno ad occupare con le loro pale rotanti lo spazio aereo che da sempre gabbiani, anatre ed altri volatili, utilizzano per veleggiare. Il vento è da sempre una risorsa per gli uccelli, che hanno imparato a sfruttarlo laddove è più potente.
Se si osserva da lontano il movimento delle pale erroneamente si potrebbe pensare che è impossibile per un uccello rimanere colpito, eppure lontano dal rotore la velocità della pala è di 150-300km/h e questa si abbatte come una scure su qualsiasi corpo che incontri: dal rondone all’airone, al gabbiano.
Questo argomento non interessa agli ecologisti europei?
Corre inoltre l’obbligo di evidenziare come le pale di questi grandi impianti, al momento siano composte da materiali compositi non riciclabili e la loro durata sia dell’ordine di 20 anni.
Quanto inquina produrre e poi smaltire tali strutture al momento è un tabù.
Un articolo, apparso sul sito della National Public Radio statunitense, prende in considerazione proprio questo argomento e stima che nei soli Stati Uniti saranno più di 720.000 le tonnellate di materiale costituito pressoché da pale che dovranno essere smaltite nei prossimi 20 anni.
Le stesse pale rappresentano un problema non di poco conto: mentre le altre parti di una torre eolica, compresa la turbina interna, sono fatte di materiali che possono essere riciclati oppure rivenduti, le pale, realizzate con un mix di materiali composto di resina e fibra di vetro, risultano sostanzialmente non riciclabili.
Infine, bisognerebbe tenere conto del trasporto delle pale eoliche dalla produzione al luogo di installazione. L’inquinamento dei camion è altissimo.
Siamo certi che sia stato tenuto conto dell’inquinamento prodotto?
La verità – in sintesi – è che i fautori di queste scelte badano ai loro interessi quantomeno politici e dell’inquinamento – vero – ne tengono ben poco conto.
Bisognerebbe infine considerare come funziona il meccanismo dei grandi lavori pubblici in Italia. Sul tema un Pubblico Ministero molto caro alla sinistra, il Dott. Piercamillo Davigo, ha spesso pubblicamente palesato un interrogativo che si è posto: «come mai un chilometro di strada in Italia costa il doppio che in Germania?».
Avendo condotto diverse consulenze sul tema, chi scrive una risposta se l’è data e non esprime affatto nobiltà.
Ci si dovrebbe interrogare sulle vere motivazioni che spingono così fortemente le amministrazioni di sinistra sulla realizzazione delle costosissime pale eoliche.
Creare uno scempio nel mare Adriatico non abitualmente investito da forti venti, con investimenti che solo in linea teorica potrebbero essere ammortizzati in un periodo comunque molto lungo, dovrebbe far riflettere tutte le persone intellettualmente oneste.
Anche il terremoto di oggi nell’Adriatico marchigiano dovrebbe far riflettere. In tema energetico e di sicurezza, sarebbe certamente meglio incentivare più adeguatamente gli interventi soprattutto in edilizia che possano limitare il consumo di energia e migliorare la sicurezza degli edifici ed investire su fonti con rendimenti più elevati come il nuovo nucleare piuttosto che favorire ingiustificatamente i grossi produttori di queste strutture proposte dalla sinistra ecologista italiana ed europea.
Il “bonus facciate” pare francamente privo di senso, ma il «sismabonus» e l’«ecobonus», dovrebbero ragionevolmente essere reiterati e forse implementati.
Allo Stato, costerebbe certamente di più stanziare finanziamenti per case crollate dal sisma e specie nell’attuale stato del mercato dell’energia, sarebbe bene che gli edifici “consumassero” poco.
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