Gnassi non accetta la sentenza della Corte dei conti, che però parla chiaro

Gnassi non accetta la sentenza della Corte dei conti, che però parla chiaro

"Qui c'è un teatrino all'italiana", ha commentato a caldo il sindaco Gnassi a proposito della clamorosa "bocciatura" ricevuta dalla Corte dei conti pe

“Qui c’è un teatrino all’italiana”, ha commentato a caldo il sindaco Gnassi a proposito della clamorosa “bocciatura” ricevuta dalla Corte dei conti per l’inquadramento del suo capo di Gabinetto, Sergio Funelli. “I sindaci potevano organizzare gli uffici di supporto e inquadrare il capo di gabinetto come abbiamo fatto noi, secondo un orientamento che dava la Corte dei conti, quindi gli uffici hanno detto: inquadriamo come la norma diceva fino al 2012. Poi la Corte dei conti ha cambiato orientamento dal 2012 al 2014 e quest’anno è uscita la legge che dice che il capo di gabinetto si può inquadrare coma ha fatto il comune di Rimini nel 20011. Noi faremo ricorso perché oggi la legge italiana dà ragione al comune di Rimini e grazie a quella riorganizzazione che comprendeva anche l’ufficio di supporto (Funelli ha fatto 1093 ore di straordinario in un anno e mezzo) noi abbiamo tagliato 13 dirigenti con un risparmio d 1 milione e 140 mila euro”. Così il primo cittadino a Newsrimini.
Ma la Corte dei conti nella sentenza che “condanna” il sindaco, gli assessori e il segretario generale al pagamento di circa 60 mila euro complessivi, non lascia troppi margini di dubbio, smentendo anche la ricostruzione postuma del sindaco.
Il primo dato oggettivo è l’illegittimità dell’inquadramento di Funelli “in una categoria alla quale non poteva accedere, atteso che ai lavoratori della categoria D sono attribuite, ex CCNL, attività caratterizzate da conoscenze pluri-specialistiche con un grado di esperienza pluriennale che richiedono una base teorica acquisibile con un diploma di laurea e ritiene non corretto che al F. sia stato corrisposto un trattamento economico (stipendio base, emolumento sostitutivo ex art. 90, terzo comma, TUEL ed altri trattamenti accessori) per una categoria professionale (categoria D) alla quale non poteva, per carenza del diploma di laurea, avere accesso”.
La Corte smonta anche il “precedente giurisprudenziale” (definendolo “supposto”) richiamato dal Comune di Rimini per giustificare l’inquadramento di Funelli nella categoria D. Fa riferimento ad un’unica sentenza della sezione pugliese della Corte dei conti “che avrebbe ritenuto non necessario il diploma di laurea per la copertura delle posizioni di staff”. Ma, si legge nella sentenza, “il mutamento dell’orientamento giurisprudenziale che le difese sostengono essere stato assunto dalla magistratura contabile nella subiecta
materia, in realtà non c’è mai stato, in quanto in nessun precedente giurisprudenziale si è mai affermato la necessità del possesso del titolo di studio della laurea per ricoprire il ruolo di capo di gabinetto”. E richiamano un’altra sentenza della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna e, soprattutto, sostengono che “lo stesso precedente della Corte dei Conti pugliese citato dalle difese, in realtà dice tutt’altro”, ribadendo che “per l’accesso ad una funzione direttiva e quindi per l’inquadramento nella categoria D, è necessario il diploma di laurea”. Sarà molto difficile, dunque, per il sindaco Gnassi, ribaltare la sentenza, con tutte le conseguenze del caso, anche in termini politici.

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