Caso Funelli, la tegola della Corte dei Conti sulla testa di Gnassi

Caso Funelli, la tegola della Corte dei Conti sulla testa di Gnassi

"L'inquadramento in una determinata categoria professionale" deve "essere effettuato sulla scorta dello stesso titolo di studio che il regolamento comunale richiede per l’accesso alla corrispondente qualifica di inquadramento".

“Questo giudice contabile reputa illegittimo l’inquadramento del F. in una categoria alla quale non poteva accedere, atteso che ai lavoratori della categoria D sono attribuite, ex CCNL, attività caratterizzate da conoscenze pluri-specialistiche con un grado di esperienza pluriennale che richiedono una base teorica acquisibile con un diploma di laurea e ritiene non corretto che al F. sia stato corrisposto un trattamento economico (stipendio base, emolumento sostitutivo ex art. 90, terzo comma, TUEL ed altri trattamenti accessori) per una categoria professionale (categoria D) alla quale non poteva, per carenza del diploma di laurea, avere accesso”. E’ uno dei passaggi della sentenza della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale dell’Emilia Romagna, decisa nella camera di consiglio del 5 novembre scorso ma pubblicata pochi giorni fa, relativa al famoso caso Funelli, il capo di gabinetto del sindaco Gnassi a Palazzo Garampi.

Il danno è stato quantificato fino alla data del 31 ottobre 2013 in quanto, a seguito dell’esposto e delle interpellanze presentate da Gioenzo Renzi, a partire dal mese di novembre per Funelli è stato redatto un nuovo contratto, che lo ha retrocesso dalla categoria D alla C, cassando quindi l’indennità ad personam.

Il sindaco può esercitare la scelta degli organi di staff con la massdima libertà, argomenta la Corte dei Conti, ma “l’inquadramento in una determinata categoria professionale” deve “essere effettuato sulla scorta dello stesso titolo di studio che il regolamento comunale richiede per l’accesso alla corrispondente qualifica di inquadramento”. La Corte dei Conti parla di “colpa grave” connessa al comportamento dei componenti della Giunta Comunale che hanno adottato la delibera incriminata e anche del segretario generale presente alla votazione della stessa delibera, perché “i membri della giunta e il segretario generale dovevano necessariamente percepire la eccessività della quantificazione che stavano riconoscendo al capo di gabinetto. A tale riguardo, bastava confrontare le buste paga della dott.ssa V.P., che aveva ricoperto l’ufficio di supporto del Sindaco, di livello dirigenziale prima del “declassamento” operato con la delibera n. 217 del 12.7.2011, e quelle del sig. S. F., succedutole con la diversa denominazione di Capo di Gabinetto. A fronte di una retribuzione base mensile lorda per la dirigente di € 3.361,64 e di una retribuzione di posizione mensile lorda di € 1.478,50 (e quindi per un totale di € 4.840,14), al F. veniva corrisposta una retribuzione base per posizione economica D1 di € 1.763,89, ma un emolumento accessorio ex art. 90 TUEL pari a ben € 3.166,67 (e quindi per un totale di € 4.930,56)”.

“L’intera serie procedurale degli atti sin qui esaminati (proposta del Sindaco, parere di regolarità tecnica, deliberazione di Giunta, impegno di spesa, contratto individuale) ha avuto, come effetto causale, la corresponsione di emolumenti al Responsabile del Gabinetto del Sindaco in misura superiore a quanto gli sarebbe spettato se inquadrato correttamente”.

La Corte dei Conti ha quindi presentato il conto: ad Andrea Gnassi 16.457,20 euro, la stessa somma chiesta anche al segretario generale, mentre ai membri della giunta 4.081,34 euro ciascuno.

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