I 600 anni di Scolca nel segno di San Benedetto: scrigno di fede, storia e arte

I 600 anni di Scolca nel segno di San Benedetto: scrigno di fede, storia e arte

Dal colle di Covignano non si ammira solo uno splendido panorama, ma corre un brivido alla schiena pensando alla storia che è passata da questo luogo e all'arte imbevuta di cristianesimo che ha lasciato un segno profondo, arrivato fino al presente. Fondata da Carlo Malatesta, da qui sono passati Giorgio Vasari e alcuni papi. Il giorno dell'Epifania parte l'anno giubilare per Scolca, punteggiato da una serie di eventi di natura religiosa, artistica e storica. Don Renzo Rossi ci spiega il valore delle celebrazioni, che proseguiranno per tutto il 2018.

Carlo Malatesta fonda la Scolca nel 1418 e vuole che siano gli Olivetani a prendersene cura, che arrivano tre anni dopo. Qui muoiono la moglie di Carlo, Elisabetta Gonzaga, nel 1432 e, nove anni dopo, anche Polissena Sforza, seconda moglie di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Transitano dalla Scolca principi e papi, come Giulio II e Paolo III.
Dal colle di Covignano non si ammira solo uno splendido panorama, ma corre un brivido alla schiena pensando alla storia che è passata da questo luogo e all’arte imbevuta di cristianesimo che hanno lasciato un segno profondo che è arrivato fino al presente.

Partono il giorno dell’Epifania, con l’apertura della porta santa e la messa celebrata dal vescovo, i festeggiamenti per i 600 anni dell’Abbazia di Scolca, che andranno avanti per tutto il 2018, fino all’8 dicembre prossimo. Sarà l’anno del Giubileo per la Scolca, ricco di eventi, che zampillano però da una fonte ben precisa: “Celebrare la nostra chiesa, insigne monumento del Rinascimento, non vuol dire celebrare delle pietre, seppur belle, ma ciò che queste pietre e questo edificio significano: la Chiesa di Cristo, misticamente adombrata nel segno del tempio”. Spiega così don Renzo Rossi, a Scolca (parrocchia di San Fortunato) dal 1998 (prima cappellano a San Mauro Pascoli e a Miramare, segretario del vescovo mons. Giovanni Locatelli e parroco a San Salvatore) il fondamento delle celebrazioni. Rivolgendosi a “parrocchiani e amici, che amate e frequentate la Scolca”, è stato molto chiaro al riguardo: “Il programma che vi consegno vuole essere un sentiero che rinvigorisca la nostra personale adesione a Cristo, che si manifesta nella bellezza di questo luogo. Amare la bellezza, scoprirla e custodirla nella natura e nel volto della vita umana, diventa una sorgente di fiducia, di speranza e di salvezza”. Ed ha concluso con le parole di Sant’Agostino: “Noi non amiamo se non ciò che è bello”.

Nel 1418 Carlo Malatesta, signore di Rimini, dona l’Oratorio di Scolca ai Padri Ungheresi di S. Paolo I, i quali però solo due anni dopo tornano in patria (i motivi restano ancora sconosciuti). Carlo decide allora di estendere la donazione dell’oratorio agli Olivetani, che ne prendono possesso il 17 ottobre 1421 e costruiscono il monastero e una magnifica chiesa.
Nel periodo rinascimentale l’Abbazia di Scolca ha la sua più felice stagione artistica: Benedetto Coda affresca la Cappella dei Malatesta (1512), Cristofano Gherardi affresca l’attuale sacrestia (1548), il monaco olivetano Tommaso da Bologna esegue le statue di stucco (1550) e, tra gli interventi più importanti, i monaci commissionano al Vasari il trittico “L’Adorazione dei Magi”, del quale si può ancora ammirare la splendida tavola centrale. Giorgio Vasari è alla Scolca dall’ottobre del 1547 al gennaio del 1548. Qui fa anche correggere e trascrivere al Faetani “Le Vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti”.
Nel ‘600 la chiesa perde l’aspetto iniziale di fortilizio, l’abate Tignoli la fa allungare e fa costruire un nuovo coro. Nel 1715 l’abate Giuseppe Felici fa erigere un nuovo altare maggiore in stile barocchetto bolognese e fa selciare il sagrato. Nella notte di Natale del 1786 un terribile terremoto distrugge il monastero e danneggia anche la chiesa. L’Abbazia di Scolca sarà sede della comunità Olivetana dell’Ordine benedettino fino al 1797, anno delle soppressioni napoleoniche. Nel 1805 la Scolca diviene sede parrocchiale intitolata a San Fortunato, Vescovo di Todi. Il complesso monastico degli Olivetani, che si estendeva su una superficie di 5.478 mq, fu venduto a un gruppo di speculatori per un decimo del suo valore e il monastero antico, ricavato dalla roccaforte malatestiana, cominciò a essere smantellato l’8 maggio 1802 da Giovanni Cisterni, che iniziò a vendere i materiali edili. Rimasero in piedi sola la chiesa, la cappella malatestiana, la sacrestia, il palazzo abbaziale e una parte del corpo di collegamento degli edifici monastici, spogliati nel frattempo della maggior parte degli arredi. Il primo agosto dell’anno giubilare 1925, il Vescovo di Rimini Vincenzo Scozzoli riconosce al parroco Carlo Ghigi e ai suoi successori il titolo di Arciprete di San Fortunato e Abate di Santa Maria in Scolca. Il complesso abbaziale e la chiesa furono gravemente danneggiati durante la seconda guerra mondiale, quando le bombe distrussero la sagrestia affrescata dal Vasari e dai suoi collaboratori.

“Con l’arrivo degli Olivetani alla Scolca ebbe inizio una lunga storia di vita religiosa all’insegna dell’antica Regola benedettina, rivisitata da una Congregazione che si era costituita appena un secolo prima dal carisma di San Bernardo Tolomei e compagni”, dice don Renzo Rossi. “Il patrimonio ecclesiastico e fondiario venutosi a creare con la donazione malatestiana, rese S. Maria di Scolca uno dei maggiori monasteri della Congregazione Olivetana e il più ragguardevole della Diocesi di Rimini. Qui per secoli gli Olivetani hanno segnato profondamente la vita degli abitanti di Covignano e della Città. Hanno vissuto la Regola di San Benedetto irradiando il Vangelo, hanno prodotto Cultura, Arte e Bellezza”.

“In occasione dei seicento anni della fondazione dell’Abbazia di Santa Maria Annunziata Nuova di Scolca, vogliamo promuovere un ampio progetto culturale in grado di valorizzare lo straordinario patrimonio storico, religioso, artistico e scientifico di questo importante Bene ecclesiale”, aggiunge don Renzo Rossi. “L’Abbazia viene così assunta quale espressione viva di una feconda e mirabile memoria profetica, in cui un ricco deposito teologico-sapienziale, quale quello della tradizione monastica olivetana, è offerto alla comunità come preziosa risorsa in grado di generare una rinnovata spiritualità. Una spiritualità che, diversamente declinata nelle sue ricche ed articolate manifestazioni “culturali”, non vuole essere intesa come itinerario autocelebrativo ma, al contrario, come testimonianza viva e fruttuosa all’interno della più ampia identità della vita sacramentale della Chiesa”.

Il programma viene presentato questa mattina a palazzo Garampi e vede la collaborazione di varie realtà: dalla Diocesi di Rimini all’ufficio diocesano dei Beni Culturali Ecclesiastici, dall’Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli” alla Biblioteca “Emilio Biancheri”, fino al coinvolgimento di alcune importanti abbazie olivetane come quella di Monte Oliveto Maggiore e quella di San Miniato al Monte a Firenze. Saranno proposte sette approfondite meditazioni di introduzione alle verità della fede, poggiando sulla leva della tradizione del monachesimo olivetano.
Solo alcuni accenni al ricco programma: il 7 gennaio (ore 16) Suor Maria Gloria Riva parlerà della Adorazione dei Magi di Giorgio Vasari; domenica 14 gennaio (ore 16.30) i Vespri solenni a cura della Cappella Musicale Malatestiana; il 5 febbraio (ore 20.45) Dom Giustino Farnedi dell’Abbazia di S. Pietro (Perugia) interviene su “l’Abbazia di Scolca tra storia e profezia“. Saliranno a Scolca per tenere incontri e meditazioni, oltre al vescovo di Rimini, anche i presuli di Modena-Nonantola, mons. Erio Castellucci, Fidenza, mons. Carlo Mazza, Campobasso, mons. Giancarlo Bragantini e l’arcivescovo di Urbino-Urbania e Sant’Angelo in Vado mons. Giovanni Tani. Il 5 maggio una visita guidata all’Abbazia, si parlerà anche dei documenti storici dell’Abbazia conservati presso la Biblioteca Gambalunga e di tanto altro.

“Quando il Vescovo Mariano De Nicolò mi ha affidato la Parrocchia di San Fortunato e l’antica Pieve di San Lorenzo a Monte, fin dal mio primo saluto ai parrocchiani ho detto che mi sarei impegnato a valorizzare la storia del luogo, perché un popolo continua a esistere se custodisce la tradizione e se la tramanda alle nuove generazioni”, dice don Renzo Rossi.”Se interrompiamo il flusso della nostra memoria, veniamo sradicati dal passato e rimaniamo orfani nel presente e nel futuro. Senza memoria storica una Parrocchia vive separata dalle sue origini, senza conoscere la storia della Chiesa la comunità rischia di smarrire l’identità cristiana”. Si comprende così l’impegno profuso per preparare l’avvenimento dei 600 anni di Scolca.

Don Renzo Rossi lo scorso 25 ottobre nella Basilica di San Miniato al Monte è diventato oblato benedettino olivetano. Cosa significa? “Pur rimanendo sacerdote diocesano, ho deciso di offrirmi (da qui il termine oblazione) al Signore per il Monastero di San Miniato al Monte, della Congregazione Benedettina di Monte Oliveto Maggiore, con l’impegno di vita secondo la Regola di San Benedetto e sono aggregato spiritualmente alla famiglia monastica di San Miniato al Monte”.

Don Renzo Rossi con Dom Bernardo Gianni in occasione della oblazione benedettina olivetana

Nella omelia pronunciata da Dom Bernardo Gianni in occasione della oblazione di don Renzo Rossi, il padre abate ha detto che “il cristianesimo occidentale è un cristianesimo che tramonta, che perde progressivamente il bagliore quasi accecante che è proprio dell’autentico riflesso che non ha paura di confrontarsi fuoco a fuoco con la luce che promana dal Vangelo di Cristo”: qual è la sfida che l’annuncio cristiano porta oggi agli uomini e alla Chiesa stessa? “La celebrazione dei 600 anni della fondazione di un’antica e prestigiosa Abbazia benedettina quale quella di Scolca, che nei secoli passati ha sempre dialogato col contado e la città e in questi ultimi anni non solo ha rivendicato il suo antico titolo (pur continuando ad essere sede dell’antica Parrocchia di San Fortunato), ma ha proposto gesti ed eventi radicati nel genius loci con molto interesse e partecipazione, vuol essere l’occasione per rinvigorire e riproporre la Bellezza del Volto di Cristo e della sua Chiesa”.

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