In un’anticipazione dei temi della mostra «Segnali urbani», un writer racconta anni di “train-bombing”, nascondimenti e fughe, furti e quant’altro. Ma per palazzo Garampi si tratta di «un esempio per le generazioni successive»: e giù soldi pubblici.
Ne hanno fatte di tutti i colori, comprese ruberie varie, per tutti gli anni Novanta e oltre, ai danni del patrimonio pubblico. E ora l’amministrazione locale li premia, aprendo loro i portoni del Museo comunale, in un’iniziativa pagata – per l’ennesima volta – con fondi pubblici.
Parliamo di Rimini, per la precisione Comune di Rimini e Regione Emilia-Romagna. Non solo: c’è di mezzo pure il governo (di destra), con il “Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale – Presidenza del Consiglio dei Ministri”, nientemeno. Il programma di finanziamento pubblico si chiama «Giovani Evoluti e Consapevoli», acronimo GECO.
Chi sono questi Giovani Evoluti e Consapevoli?
Lasciamo la parola a uno di loro, in “arte” Rok.
«Io dipingevo e tutti gli altri della compagnia della sala giochi, che frequentavo e per la quale ho anche fatto alcuni dei miei primi pezzi in assoluto, facevano il palo avvisandomi se arrivavano macchine. In quel caso io mi nascondevo dietro al muro e una volta passate, un loro fischio mi diceva che potevo riprendere.»
«Una sera […] gli ho proposto di andare in una yard ottima perché all’epoca era ancora vergine, in una città vicina. Così ci siamo preparati per fare qualcosa di grosso, un whole car [cioè un’intera carrozza ferroviaria]. Al Brico Center però non c’erano colori, solo argenti. […] Così abbiamo rubato tutti gli argenti e ci abbiamo fatto uno sfondo top to bottom a dei pezzi colorati. Tra l’altro, ricordo che la mattina dopo ho dovuto saltare la scuola e siamo andati fino a Genova per cercare di fare le foto: prendi il treno senza biglietto, vai fino a Genova» …
«Per dire, cercavi la linea Reggio Emilia – Suzzara, scoprivi che l’ultimo treno che arrivava a Suzzara a una certa ora e non partiva più, quindi per forza doveva rimanere lì la notte. Allora prendevo il mio Renault 14 e andavo a vedere nel paesino e a volte li trovavo, a volte scoprivo che tornavano indietro spenti e fuori servizio…»
«La prima Suburbana che ho fatto forse è stata in occasione di Indelebile, nella defunta yard di San Vitale. Tornavamo dalla jam di Rimini e ci siamo fermati a dipingere prima di proseguire a nord. Purtroppo di quella trenata ci sono solo foto pessime perché dipingemmo schiacciati tra due treni e non ci fu modo di avere foto di giorno. In quegli anni, in cui ancora i writer non avevano conquistato la linea, era facile che cancellassero rapidamente.»
Dunque scopriamo che loro, i writers, “conquistavano le linee” ferroviarie. Gli altri, intanto, i comuni mortali, pagavano i biglietti dei treni per andare a lavorare. E pagavano anche i rincari, magari determinati (anche) dal fatto che i treni dovevano essere ripuliti dalle “imprese” dei “conquistatori”.
Prosegue il racconto di Rok: «abbiamo finito per abbandonare Milano per passare al DAMS di Bologna. Qui abbiamo iniziato a frequentare feste e rave party dove abbiamo incontrato Gec col quale abbiamo iniziato a passare un sacco di tempo insieme. Ed è stato un delirio di feste e party.» «Non credo di aver mai frequentato il DAMS nemmeno per una lezione se non per rubare qualcosa»: ma complimenti!
«A Bologna erano gli anni del Livello [si allude a un centro sociale, ndr] proprio davanti alla yard, del Ravone e della Suburbana, quindi si dipingeva davvero tanto. Poi tornavo a casa nel fine settimana, e anche li dipingevo, facevo sempre avanti, indietro sul treno. A volte mi svegliavo a Torino, poi mi addormentavo, mi svegliavo ad Ancona… all’epoca se eri senza biglietto mica ti buttavano giù.» Intanto i pendolari, i peones, quelli sì, i biglietti li pagavano, e se per caso si dimenticavano il biglietto erano multe. Ma Rok, no, lui era del DAMS e per lui la vita era tutta una festa: «Le feste partivano anche dal Livello dove per un periodo almeno una volta al mese c’era un rave che durava anche diversi giorni.»
Dopo tutte queste feste, il ragazzo viene preso da una crisi creativa e allora cambia tipo di attività, beninteso sempre artistica:
«E con centinaia di questi pezzi di carta e la colla spray che all’epoca era distribuita dalle stesse ditte che vendevano i colori, ho iniziato ad attaccarli ovunque, prima in strada poi anche sui treni. Ed erano difficilissimi da staccare, la carta incollata era molto più aggressiva della vernice, per cui in strada rimanevano e sui treni giravano. Ne avevo sempre con me e li attaccavo ovunque, anche all’estero». Rinnoviamo i complimenti! Non si staccavano mica!
Ma leggiamo il seguito dell’affascinante romanzo d’appendice.
«Questa fase è andata avanti due o tre anni, non ricordo esattamente. Delle volte scrivevo solo dei messaggi, oppure mettevo solo il logo invece che fare il pannello. Una volta ho fatto tutto un pannello nero incollandoci sopra degli specchi rubati al Leroy Marlin [sic]. Poi ci ho scritto “ogni volta che pulite un treno, guardatevi in faccia”. I pulitori poi hanno staccato tutti gli specchi e ci hanno scritto tipo “Andatevene affanculo vandali di merda”. È stato figo».
Qui i “pulitori” sono stati poco delicati, va riconosciuto: non erano “vandali” qualunque, ma raccomandati da Palazzo Garampi.
E ora attenti perché si scende in politica. Indovinate verso quale pendenza.
«Quando poi 2009 la Moratti ha fatto quella gigantesca campagna antigraffiti e Milano era tappezzata di cartelloni 6×3 con lo slogan “se lo facessero a te?”, avevo rifatto su dei poster la sua faccia con scritto “e se lo facessero a me?” lasciando un pennarello attaccato con lo spago. Ne avevo attaccati un po’, fai conto in zona Navigli, tornavi dopo una o due settimane e te li trovavi con tutte le scritte tipo Troia di Merda, voglio la mia pensione… ad uno hanno anche dato fuoco! Un altro ancora le ha fatto una benda tipo pirata e ci ha scritto ladrona. Insomma le persone si relazionavano ed interagivano». Sputtanare l’altro e nascondersi: un modo veramente esemplare di “relazionarsi”.
Infine arriva lo sbarco nella capitale.
«Mi sono sempre trovato bene a Roma […] quando ho avuto l’opportunità di portarmi a casa dei pezzi di storia l’ho fatto: 2 intere porte di metro B con pezzi di Ver e Poison, tag ad acido degli UV e tanto altro.» Questa è nuova: arrivederci Roma e, come souvenir, due porte di vagone di metropolitana. Premio Arsenio (Lupin).
Chi volesse saperne di più e consultare le foto delle imprese dei graffitari, può leggere il racconto integrale, pubblicato recentissimamente, il 27 aprile 2023 [qui]: la pagina è dichiaratamente un’anticipazione dei temi dell’imminente mostra riminese.
Sì, perché il nostro eroe Rok, insieme a un’altra decina di suoi pari, sarà celebrato – ripetiamo, da Comune, Regione e Governo della Repubblica – nella esposizione dal titolo «Segnali urbani». Artisti, precisa palazzo Garampi in un comunicato alla stampa, «selezionati in base a importanza e storicità».
Costoro avrebbero compiuto – spiega ancora il Comune di Rimini – «azioni “non istituzionali” dalla fine degli anni Ottanta e per tutti gli anni Novanta». Di più: «per primi e in maniera pioneristica hanno tracciato un solco e lasciato un esempio per le generazioni successive».
Rileggiamo per essere sicuri di aver capito bene: «un esempio per le generazioni successive». I giovani d’oggi devono quindi prendere esempio da chi ha compiuto le seguenti “azioni non istituzionali”: rubacchiare qua e là; dipingere sui beni della collettività e nascondersi; prendere il treno senza passare dalla biglietteria; iscriversi all’Alma Mater senza frequentare le aule di lezione ma frequentando assiduamente rave della durata di vari giorni. Eccetera.
Per l’“assessora” – citiamo dal comunicato – Francesca Mattei è argomento di interesse pubblico «conoscere meglio una pagina importante della storia contemporanea della città». Attendiamo di sapere quanti soldi pubblici costerà ai cittadini questo supplizio e quali sono i soggetti che intascheranno i denari.
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