Jano Planco: genio, scienza e un caratteraccio da far paura

Jano Planco: genio, scienza e un caratteraccio da far paura

Medico, botanico, fisico, esperto di scienze naturali, antiquario e tanto altro. L'epigrafe nel loggiato della Biblioteca Gambalunga ce lo descrive quasi immortale. Ma fu anche un patologico polemista, maestro dell'insulto.

Abbiamo lasciato l’epigrafe che magnificava la vita del Cardinale Michelangelo Tonti, sconosciuto ai più, e proseguiamo con le altre presenti nel loggiato della Biblioteca Gambalunga, anticamente appese alla facciata del Palazzo del Comune.
Gianni mi rammenta sempre che queste “pietre” hanno tanto da raccontarci, ed anche questa volta la promessa è mantenuta. Siamo dinnanzi l’epigrafe dedicata a Jano Planco, Giovanni Bianchi per intenderci. Ci siamo già occupati di questo personaggio (qui), con la sua epigrafe presente all’interno della chiesa di S. Agostino, ma se la prima recava un mesto testo funebre, quella che ora vediamo è una lode alla magnificenza del personaggio, quasi assurto a divinità o quanto meno ad una condizione immortale, come viene espresso nell’ultimo rigo della dedica che suona come una sfida alla potenza della morte.

IANO.PLANCO.ARIMINENSI
PHILOSOPHO.INGENIO.DOCTRINA.PRAESTANTISSIMO
ARCHIATRO.ORNAMENTARIO.DIVI.CLEMENTIS.XIV
ET SANCTISSIMI.PII.VI.PONT(IFICIS).MAX(IMI)
ADLECTO.IN.SPLENDIDISSIMAS.ACADEMIAS
BEROLINEN(SE). LIPSIEN(SE).BONONIENS(SE).ALIASQVE.PLVRIMAS
QVI.LYCEO.AD.SAPIENTIAE.CVLTVM.DOMI.EXCITATO
VETVSTIORIBVS.PATRIAE.MONVMENTIS.STVDIOSE.CONQVISITIS
LYNCEIS.RESTITVTIS.AVCTA.DEMVM.PRAECLARIS.INVENTIS
SCIENTIA.MEDICA.ANATOMICA.NATVRALI
VBIQVE.CELEBERRIMVS.EXTITIT
CIVI.OPTIMO,INCOMPARABILI.PATRICIA.DIGNITATE
ET.STIPE.ANNVA.EX.S(VO).C(ESPITE).DONATO.PRAECIPVE
OB.EXOPTATISSIMVM.EIVS.IN.PATRIAM.REDITVM
VT.IPSE.ABDICATIS.EXTERIS.PENSIONIBVS
SALVTI.CIVIVM.PERPETVO.CONSVLERET
S(ENATVS).P(OPVLVS).Q(VE).A(RIMINENSIS)
PRO.EXIMIIS.EIVS.ERGA.PATRIAM.CIVESQ(VE).MERITIS
VIXIT.ANN(IS).LXXXII. MENS(IBUS).XI
OBIIT.III.NON(IS).DEC(EMBRIS).A(NNO).D(OMINI).MDCCLXXV
VIVIT.ADHVC.VIVETQVE.AETERNVM.PLANCVS.IN.AEVVM
ASPICE.MORS.VIRES.NIL.VALVISSE.TVAS

A Jano Planco riminese, filosofo per ingegno e dottrina eccellentissimo, archiatra onorario del divo
Clemente XIV e del santissimo Pio VI Pontefice Massimo; accolto nelle splendidissime Accademie
di Berlino, di Lipsia, di Bologna e in moltissime altre, il quale, fondato nella sua casa un liceo per
il culto della sapienza, illustrati i più antichi documenti della patria, ripristinata l’Accademia dei
Lincei, e finalmente per le novità trovate nella scienza medica, anatomica e naturale, ovunque fu
famosissimo; all’ottimo incomparabile cittadino, di dignità patrizia, donato di annuo stipendio con
denaro pubblico, principalmente per il suo desideratissimo ritorno in patria, affinché egli stesso,
rinunciato ad esteri cespiti, si facesse carico della salute dei concittadini in perpetuo,
IL SENATO E IL POPOLO DI RIMINI
[eresse questo monumento] per gli esimi suoi meriti verso la patria e i concittadini.
Visse 82 anni e 11 mesi morì il 4 dicembre [il terzo giorno prima delle none di dicembre che
cadevano il 7 dicembre] dell’anno del Signore 1775.
Vive dunque e vivrà in eterno Planco.
Guarda, Morte, le tue forze non contano niente.

Ritratto di Giovanni Bianchi (Jano Planco).

Ciao Gianni abbiamo già parlato di questo personaggio, ma immagino che tu abbia altre informazioni in proposito. L’epigrafe ovviamente mette in luce i grandi meriti del Bianchi, ma c’erano anche delle ombre qui taciute che non tornano con ciò che si legge nel Dizionario Biografico degli Italiani.
«C’erano sì e come avrai visto, per conoscerle bisogna leggere la biografia di Angelo Fabi on line nel Dizionario Biografico degli Italiani. Medico, anatomista, botanico, fisico, esperto di scienze naturali, antiquario, storico e soprattutto educatore di grandi personaggi e di numerosi medici, il Bianchi aveva in negativo un caratteraccio e una coazione quasi ossessiva alla polemica, che arrivava agli insulti, di chi lo contraddiceva e alla propria esaltazione senza limiti.»

Bé non doveva essere l’unico.
«No ovviamente, ma trovava pane per i suoi denti: una sua autobiografia edita anonima venne definita “le lodi del cacatoio”. Il Bianchi era sempre occupato nelle polemiche verbali e stampate. Anche i suoi allievi più importanti Battarra e Garampi in un’occasione in cui gli si misero contro, per la questione del porto di Rimini e altro, li definì uno “coprofago” e “mangiamerda” e l’altro, impegnato in un cursus honorum vaticano importante, “stronzo confettato” ossia merda rivestita di glassa zuccherina…»

Epiteti fantasiosi direi, oltreché da classificarsi in un linguaggio assai volgare soprattutto per un erudito, ma anche questa è storia. Mi hai detto che ebbe diversi allievi, ma chi furono?
«Tanti, ma i più noti: Giovanni Antonio Battarra naturalista, agronomo, micologo nato vicino a Coriano, Giuseppe Garampi, archivista vaticano, storico, diplomatico e cardinale riminese, Gioseffantonio Aldini giurista, latinista, antiquario cesenate, Michele Rosa grande clinico, fisiologo, epidemiologo, curatore dell’igiene pubblica di San Leo, Giovanni Cristofano Amaduzzi, erudito, stampatore vaticano di Savignano di Romagna, Gaetano Marini erudito, storico, archeologo di Santarcangelo, Francesco Bonsi primo docente universitario di veterinaria nato a Lugo da padre riminese, e infiniti medici che educava nella sua casa dove aveva allestito un museo.»

Esiste ancora?
«No, la casa che era all’inizio dell’attuale via Tempio Malatestiano, è stata distrutta dalla guerra; molte collezioni però sono rimaste, insieme allo sterminato epistolario conservato in Gambalunga. Ma il suo museo doveva essere qualcosa di favoloso, da immaginare come un interno di un quadro fiammingo, aveva monete romane, epigrafi latine, le conchiglie minuscole che aveva raccolto in riva al mare, quando studiava per intere notti il moto delle maree. E non mancavano parti anatomiche seccate come … una collezione di imeni femminili. A proposito; ad una ragazza cadavere della quale aveva tolto l’imene, a Siena, quando insegnava anatomia in quella città, le aveva dedicato un breve saggio che sembra un caso clinico di Sigmund Freud. Teresa si chiamava, e circolava vestita da uomo in cerca di femmine. Aveva un pene artificiale che venne trovato quando la ricoverarono nell’ospedale di Siena, ferita a morte da un familiare della ragazza con la quale era scappata. Il Bianchi la definisce “Donzella di Lesbo” senza dare giudizi sui suoi costumi e sul carattere sessuale, come fa il suo biografo che segnala “un caso di inversione sessuale”.»

Il Bianchi si era sposato?
«No, ma non trarre conclusioni affrettate. La sessualità umana non si divide tra due categorie nette: eterosessuali e omosessuali. I bisessuali dovrebbero essere, secondo Alfred Kinsey, la maggioranza. Forse un 80 per cento…»

Chi sono questi bisessuali?
«Sono i bambini a cui gli adulti chiedono: vuoi più bene al papà o alla mamma? E loro rispondono che vogliono più bene al papà e vogliono più bene alla mamma. E bada che non è affatto una contraddizione. Segnala la presenza di due desideri sessuali e affettivi allo stesso tempo, non che sia senza problemi. E poi dovremmo considerare anche gli asessuali, quelli che non hanno interesse sessuale; una categoria poco studiata.
C’è da dire che il Bianchi nei suoi diari e descrizioni di viaggi, anche nei manoscritti conservati in Gambalunga, si mostra attento alle donne che manifestano una qualche caratteristica virile, in contrasto con le aspettative del tempo. Non che fossero necessariamente lesbiche, ma diciamo non sottomesse, capaci di gestirsi la vita da sole… In questo era un illuminista.
Scrisse anche un Discorso sull’arte comica, nel quale cercava di rendere meno rigido il regime dei teatri dove le parti da donna erano riservate ai ragazzi, e venne per questo elogiato da Voltaire; la sua lettera è in Gambalunga. E per questo si beccò anche una condanna dall’Inquisizione, che fu resa meno terribile proprio dal suo allievo Garampi. Poi quando diventò papa il santarcangiolese Clemente XIV, fu onorato col titolo di archiatra onorario, e sfoggiò un mantellone di seta viola.»

Cambiano i tempi, i personaggi e il modo di giudicare le cose a seconda del momento; dalla condanna dell’Inquisizione al mantellone viola, quale riconoscimento del papa del momento. Meritandosi infine una trionfale epigrafe.
Saluto Gianni e mi commiato da lui pensando che chissà se oggi il nostro illustre concittadino – Jano Planco – sarebbe stato almeno insignito del Sigismondo d’oro. Alla luce dei fatti non credo proprio; più plausibilmente sarebbe stato ignorato come peraltro accade per i vari odierni personaggi cittadini dediti alla cultura meritevoli di riconoscenza e considerazione, e a cui la città dovrebbe gratitudine. Ma poi mi sovviene che Rimini non ha neppure un assessore con quella delega; sic!
Eh sì! I tempi mutano proprio.

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