Fu Mina, la sposa fedifraga di "Aroldo". Soprano, ventisettenne, “prima donna assoluta”. Viaggio fra i grandi della stagione inaugurale del teatro di Rimini, a cura di Attilio Giovagnoli.
di Attilio Giovagnoli
In questi giorni il mare di cemento che ha sommerso il fossato di Castel Sismondo e l’intera piazza Malatesta arriverà a lambire la base del maestoso platano bicentenario nei pressi del Teatro Galli. In seguito una rete di fili elettrici e una miriade di luci artificiali invaderà la sua chioma. Ci auguriamo vivamente che il platano possa sopravvivere a questi affronti.
Con ogni probabilità sotto le sue fronde, nell’agosto di 164 anni fa, sono passati Giuseppe Verdi, il direttore d’orchestra Angelo Mariani, i cantanti e i musicisti impegnati nelle prove e nelle recite della prima di Aroldo.
Così scriveva il 7 agosto Mariani a Tito Ricordi: «Ieri sera facemmo la prima prova in orchestra coi cantanti e cori: andò a stupendamente e senza interruzione dal principio alla fine. Verdi restò pienamente soddisfatto della mia orchestra che lodò, più volte con parole distintissime esprimendosi così «bravi, bravi e molto!» Nei cori vi fu, qualche nota non troppo precisa, ma oggi io ho fatto due prove a pianoforte, per rinfrancarli, ond’è che domani Verdi ne rimarrà contento quand’egli assisterà ad un’altra prova particolare di piano forte che faremo per loro non essendosi potuto aver libero il Teatro oggi che è occupato coll’orchestra fino la messa in iscena del nuovo ballo, Il fallo di Rota, per domani sera!
I cantanti come al solito, hanno fatto scobbare [sic] il povero Verdi per insegnar loro la parte: se Pancani starà bene di voce potrà cavarne molto effetto; la Lotti ha una magnifica voce, ma avrebbe duopo di più sentimento artistico; Ferri molto bene, così pure il Cornago che gentilmente accettò di eseguire il Briano Sacerdote.» [1]
Aroldo si ripresenta meritoriamente in questi giorni nel Teatro Galli, ricostruito “com’era e dov’era”, a rievocare la memorabile, irripetibile stagione inaugurale del 1857:
una nuova opera di Verdi presente l’autore, il migliore direttore d’orchestra Angelo Mariani sul podio, celeberrimi artisti, autentiche star del canto, scelti quali interpreti.
A metà dell’Ottocento l’Italia primeggiava nel mondo nel teatro d’opera.
Se altre nazioni potevano vantare imperi coloniali l’Italia aveva un vero e proprio “impero nel teatro d’opera”. Da Vienna a Pietroburgo, da Londra a Costantinopoli, da Parigi a Mosca, Lisbona, Madrid, Barcellona e perfino L’Avana, New York, Filadelfia, Rio de Janeiro, Buenos Aires, Lima, queste città avevano teatri d’opera “italiani” dove si allestivano opere in italiano. Il repertorio spaziava da Rossini a Donizetti a Bellini, al nuovo astro Verdi. Si davano ancora il Don Giovanni di Mozart, le opere di Meyerbeer, di Mercadante e, soprattutto in Italia, numerosi nuovi titoli di compositori “minori”.
L’opera in musica furoreggiava. Ogni città aveva il proprio teatro.
Ma chi erano i protagonisti del “primo” Aroldo e come si arrivò alla loro scelta?
Cominciamo dal soprano che interpretò Mina, la sposa fedifraga di Aroldo, la ventisettenne “prima donna assoluta” Marcellina Lotti Della Santa.
In assenza di fonografi, che saranno inventati una trentina di anni dopo, possiamo avere un’idea della sua vocalità leggendo le gazzette musicali che proliferavano in quegli anni.
Ecco il parere del critico musicale de L’Arte, giornale fiorentino, ascoltata la Lotti come Gilda nel Rigoletto al Teatro Nuovo (oggi Verdi) di Firenze nel 1853.
«Noi abbiamo sentito molti e grandi cantanti ma raramente ne abbiamo trovata una che riunisca tutte le doti di natura che brillano nella Sig. Lotti. Essa ha per sé infatti la gioventù, la bellezza, l’eleganza, il gusto, la freschezza, il prestigio di una voce meravigliosa, un’espressione abitualmente giusta e spesso potente, l’istinto dei grandi effetti e la volontà ardente ed intrepida che li fa trovare. La malevolenza cercherebbe invano nella sua esecuzione una di quelle arditezze mal regolate di quelle asprezze spiacevoli che pur si riscontrano nel canto di altre artiste di gran nome quando si tratta di musica declamata di forti emissioni di voce. Se la Sig. Lotti ha dei difetti sono tutti propri della sua età giovanile, come se manca di certe finitezze della buona scuola, il pubblico e la critica non possono badarci tanto per la trafila perché vi è nel suo canto e nella sua azione una forza spontanea, una facilità espressiva, un accento giusto che fanno dimenticare qualunque imperfezione». [2]
Marcellina Lotti era nata a Mantova il 1° settembre 1830, da Luigi e Maria Gavioli di umili origini. «Dotata da natura di una bellissima voce e di un distinto talento musicale» [3] fu accolta alla Scuola popolare di musica presso il nobile Dott. Alessandro Antoldi che presso la propria abitazione teneva lezioni gratuite di canto e pianoforte.
Nobile e filantropo Antoldi era laureato in giurisprudenza. Arpista, divenne frate terziario e animatore della musica a Mantova. Alla sua scuola si formarono per anni numerosi giovanissimi musicisti e ben quattordici fanciulle calcarono i palcoscenici o come prime donne o come comprimarie. [4]
Intorno ai quindici anni di età Marcellina rimase orfana di entrambi i genitori. Fu allora adottata dalla stessa famiglia Antoldi e il Dott. Alessandro nominato tutore della giovane con atto del tribunale di Mantova con l’obbligo di educarla cristianamente. [5]
La Lotti rimase sempre riconoscente alla famiglia Antoldi mantenendo una corrispondenza affettuosa con la madre di Alessandro e ricordando il suo tutore: «che a tanto sapere vi unì altrettanta pazienza specialmente con me». [6]
Il contemporaneo Francesco Regli nel suo Dizionario biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici scrive che Marcellina Lotti: «Entrò dapprima nel convento di Vimercate in Brianza. Però l’amore dell’arte si assopisce, ma non si perde, e quindi, anche per ragioni di salute, lasciò ben tosto le monastiche mura». [7]
Sull’episodio abbiamo anche un’altra versione riportata dal portoghese Julio Cesar Machado che conobbe il soprano mantovano quando cantava a Lisbona nel 1859. [8]
Marcellina raccontò di essere stata promessa sposa, ma non amando l’uomo cui era destinata, e sentendo prepotente la passione per il canto, preferì piuttosto chiudersi in convento. Qui, soffrendo immensamente perché le era stato impedito il canto, si ammalò. I medici preoccupati avvertirono la famiglia adottiva che mossa a pietà la fece uscire dal monastero di Vimercate ospitandola a Milano presso i fratelli di Alessandro. Una sera la giovane ebbe occasione di esibirsi in un concerto privato evidenziando strepitose doti canore. Il giorno dopo aveva un pianoforte a disposizione e in breve fu mandata a lezione dal prof. Alberto Mazzucato, fra i più noti maestri di canto di Milano. Con Mazzucato che era compositore, direttore d’orchestra e poi direttore del Conservatorio di Milano la Lotti fece quel salto di qualità necessario che le spalancò la prospettiva per una luminosa carriera di artista di canto.
Dopo pochi mesi di studio, a vent’anni compiuti, il soprano fu ritenuto pronto per il debutto.
La piazza scelta era il Teatro Naum a Pera di Costantinopoli che per un debutto non poteva essere luogo più opportuno. Il teatro era guidato dagli impresari fratelli armeni Naum che erano in contatto costante con l’editore milanese Giovanni Ricordi sia per gli spartiti musicali che per consigli artistici. A Costantinopoli da anni si svolgeva un’intensa attività operistica. Il pubblico era internazionale, uomini d’affari, diplomatici e nobili russi, francesi, inglesi; numerosi italiani fra cui esuli politici come il grande direttore d’orchestra ravennate Angelo Mariani allora ventottenne. A differenza di oggi la Turchia era guidata da un sovrano illuminato: il Sultano Abdülmecid I, vero appassionato di musica occidentale, tanto da farsi costruire un piccolo teatro nel palazzo residenziale e da commissionare un nuovo inno nazionale allo stesso Mariani che era direttore musicale al teatro Naum.
L’esordio di Marcellina Lotti avvenne il 27 ottobre del 1850 in Roberto il Diavolo di Meyerbeer nel ruolo della protagonista Isabella. Le gazzette raccontano di «un grandioso spettacolo decorato con gran magnificenza d’abiti, scene, meccanismo e danze». [9]
Nel terzo atto c’è un balletto, un “baccanale” di monache risorte dalle loro tombe. Non male per una ex novizia uscita di convento come Marcellina. Lo spettacolo fu un successo e la Lotti fu applauditissima.
In dicembre fu la volta dell’Attila di Verdi. Ecco il giudizio sul nostro soprano di Angelo Mariani, che dirigeva l’opera, pubblicato sulla Gazzetta Musicale di Milano:
«Ciò ch’è innanzi tutto a lodarsi nella giovinetta esordiente signora Lotti è, l’impegno, l’amore che pone nel rappresentare la propria parte. Ella, che dice ed agisce con tanto slancio e tant’anima la cavatina di sortita dell’Odabella, non n’esce men bene nel cantare a mezza voce e nel saper ascendere pianissimo alle sue più belle note acute nella romanza dell’atto primo Oh nel fuggente nuvolo, che va eseguita con tutta grazia, con tutta soavità a fior di labbro. Ella ebbe applausi e ghirlande, e fu fatto replicare il suo duetto col tenore. Le sue corde vocali sono tanto belle e robuste che non è necessario sforzarle né punto né poco, perché rifulgano in tutta la pienezza della loro energia.» [10]
Fecero seguito altre due opere di Verdi, I Lombardi alla prima crociata (sotto nome di Giselda col testo modificato per ragioni politiche) e I due Foscari e infine il Mosè di Rossini. La Lotti divenne una beniamina del pubblico. La sua voce bella e potente suscitò vero e proprio fanatismo. Allo spettacolo conclusivo della stagione, nel maggio del 1851, scoppiarono addirittura in teatro drammatici incidenti.
«Gravi disordini ebbero luogo lo scorso giovedì al teatro italiano-Naum. Davasi l’ultima rappresentazione della stagione, ed una folla di dilettanti oltre l’ordinario era intervenuta al teatro per congedarsi dagli artisti che compivano l’obbligo delle loro scritture. Regnava nella sala come una specie d’inquietudine: qualche fatto isolato, qualche querela particolare facevano presentire il deplorabile avvenimento col quale andava a chiudersi la stagione teatrale. Prima che si cominciasse la rappresentazione venne arrestato un individuo nell’atto che distribuiva biglietti d’ingresso da lui comperati alla porta, ad uomini nell’apparenza sospetti, e cui egli indirizzava nello stesso tempo secrete raccomandazioni. Circa la metà dello spettacolo la signora Lotti fu l’oggetto d’una straordinaria ovazione: per la sesta volta veniva chiamata al proscenio, quando s’accese nella platea una disputa, ed in un colpo d’occhio gli spettatori dalle loggie e dalle sedie non videro che bastoni in alto. Ne seguitò una rissa spaventevole nel mezzo della quale alcuni individui furono gravemente feriti, uno fra questi un calzolajo greco che dimorava al Téké, fu passato da parte a parte da un colpo di punta: fece alcuni passi di fuori del teatro, poi le guardie che erano accorse al rumore della lotta, vedendolo barcollare, lo sostennero fino alla prima via nella quale cascò per spirare alcuni istanti appresso. […] Gli individui che occupavano la platea in numero considerevole sarebbero stati prezzolati per fischiare la signora Lotti (noi riferiamo sotto forma dubitativa, questa versione che circola, ripugnandoci d’ammettere e raccontare i motivi che avrebbero guidato i fautori di questo scandalo). I partitanti per questa prima donna, che le fecero, come noi dicemmo poco anzi, un’ovazione tale da vederne poche di simili, scesero allora in platea per opporsi alle manifeste disapprovazioni. Da ciò nacque il conflitto e le sue tristi conseguenze […]». [11]
La carriera della Lotti era comunque avviata. Scritturata dal Teatro alla Scala esordì nel verdiano Attila il 26 dicembre 1851. La sofisticata e difficile critica milanese le fu favorevole : «Alla Lotti bastarono le prime note per cattivarsi la simpatia di tutto il pubblico. Freschezza, soavità, forza, eguaglianza di suoni, tutto riunisce quella voce, senza dubbio una delle più belle che da qualche tempo si siano udite sulle scene dei nostri teatri. Ed alla voce corrisponde lo squisito metodo, l’intelligenza, la passione del suo canto: ancora una maggior padronanza ed un più maturo esercizio di scena, e la Lotti giungerà ad un primissimo posto nell’arte. [12]
Pietro Cominazzi su un altro gazzettino musicale, La Fama, espresse questo giudizio lusinghiero: «Bella, fresca, eguale, forte voce di soprano argentino, che squilla e si spande per le vastissime pareti della Scala e mostrasi educata a giudiziosa scuola, a quella scuola che non abborre gli ornamenti, ma non li accatta alla cieca, e cerca specialmente l’accento, signore de’ cuori; pronunzia abbastanza spiccata e chiara, fraseggiar limpido e castigato, franchezza e calore, quanto almeno concedono la giovinezza e la non molta esperienza, congiunti a presenza geniale ed a bastante scioltezza nel gesto e nel portamento, ecco le doti che adornano Marcellina Lotti, reco le doti che la fecero tornar gradita fino dal suo primo aprir bocca agli spettatori». [13]
Nel 1852 dopo altre due opere alla Scala (La figlia del proscritto e Carlo Magno) fecero seguito Genova (Roberto il Diavolo, Ernani) e Bergamo (Macbeth, Attila, Le nozze di Messina).
Nel 1853 ancora la Scala (Nabucco, Roberto Devereux), Modena (Rigoletto, Roberto il Diavolo), Firenze (Rigoletto, Maria di Rohan), Udine (Rigoletto, Ernani, I Masnadieri), Roma (Mosè, Nabucco, Rigoletto).
Nel 1854: Verona (Il Trovatore, Emma d’Antiochia, L’assedio di Malta), Parma (Il Trovatore, Poliuto), Ravenna (Il Trovatore, Lucrezia Borgia, Ernani), Vicenza (Rigoletto, Marco Visconti), Palermo (Il Trovatore, Stradella) e nel marzo del 1855 il verdiano Stiffelio col titolo di Guglielmo di Welligrode.
Nello stesso 1855 sposò il baritono fanese Luigi Della Santa. Quindi fu scritturata per il Teatro Italiano di Pietroburgo (Macbeth, I Lombardi, Freischütz).
Nel 1856 Pietroburgo (Mosè, Roberto il Diavolo), Varsavia (Macbeth, Il Trovatore),
Pietroburgo (Gli Ugonotti, Don Giovanni, alla presenza dello zar Alessandro II).
Nel 1857: Pietroburgo (I Lombardi, Don Giovanni, Il Bravo), Vienna (Il Trovatore, Le nozze di Figaro, Giovanna d’Arco). E finalmente Rimini con Il Trovatore e Aroldo.
Il teatro di Rimini non fu l’unico inaugurato dalla Lotti. Nel luglio del 1853 aveva partecipato a Udine al vernissage del Teatro della Società e nel settembre del 1855 fu fra i protagonisti a Mosca della grandiosa stagione lirica allestita per festeggiare l’incoronazione dello Zar Alessandro II quando si era inaugurato il Teatro Imperiale, il “Bolshoj” ricostruito dopo un incendio che lo aveva distrutto nel 1853, cantando Lucrezia Borgia ed Ernani.
Soprano verdiano per antonomasia la Lotti possedeva una voce potente con acuti che spesso sovrastavano l’orchestra.
Così la ricordava Gino Monaldi: «La voce di Marcellina Lotti, per la sua purezza adamantina, acquistava nelle note acute una potenza di squillo straordinaria, non raggiunto da nessuna delle voci di soprano anche maggiormente celebrate per la loro forza ed intensità. In camera la voce di Marcellina Lotti aveva un echeggio tale da renderla intollerabile. Fui, giovinetto, suo ospite la vigilia di Natale del 1863, due giorni prima della famosa sera del Santo Stefano, data tradizionale nella storia dei teatri. Eravi pure il tenore Carion, che doveva essere suo compagno dell’Ebrea, come ho narrato poc’anzi. Dopo il pranzo la Lotti, per capriccio, volle, come usano dire i cantanti, provare la voce; ebbene, le poche note ch’essa emise, quasi scherzando, in quel vasto salotto in cui ci trovavamo, percossero le nostre orecchie con violenza assolutamente intollerabile. […] Una sera, alla fine d’una delle sue trionfali recite dell’Ebrea, [alla Scala] diceva: «Vedete, noi, qui sul teatro, viviamo istintivamente e bruciamo di quella vita estrinseca del personaggio che rappresentiamo, divenuta per qualche ora la nostra, dopo di che torniamo nulla, come una creatura umana spogliata della sua personalità». [14]
Giuseppe Verdi aveva in mente la voce di Marcellina Lotti quando compose Aroldo e per questo volle fortemente questa cantante come si evince da una lettera del librettista Piave al compositore ai primi di luglio 1857: «In seguito all’esternato tuo desiderio di avere per Rimini la Lotti (qualora ti decidessi ad andarvi) i Fratelli Marzi sono entrati con essa in carteggio, e ieri è qui giunta da Pietroburgo la sua adesione ad impegnarsi, qualora fosse onorata dal cavalier Verdi, coll’affidarle la parte del suo rifuso Stiffelio.» [15]
Al termine delle recite, ripartita per Pietroburgo, il soprano così si rivolgeva alla sua benefattrice la Signora Antoldi di Mantova: «Da Rimini avrei dovuto già senz’altro scriverle e lo avrei dovuto fare tanto volentieri avendo potuto darle eccellentissime notizie si sulla maniera con cui fui accolta da quel pubblico, si delli onori che mi furono fatti, come anche l’importanza che aveva in sé questa stagione trovandosi colà Verdi che per me scrisse espressamente l’Aroldo ch’ebbe un esito straordinario». [16]
Note:
[1] Lettera di Angelo Mariani a Tito Ricordi, datata Rimini 7 agosto 1857, LLET010411 Archivio Ricordi Milano (on line).
[2] L’ARTE 1853, N. 47, Firenze, 15 Giugno 1853, p. 187.
[3] GAZZETTA DI MANTOVA, Anno VIII, N. 210, 2 Settembre 1870 [Accademia Nazionale Virgiliana, Mantova, Archivio Storico della Vecchia Accademia, Archivio Alessandro Antoldi, Busta 65 (ex busta 63).
[4] Accademia Nazionale Virgiliana, Mantova, Archivio Storico della Vecchia Accademia, Archivio Alessandro Antoldi, Busta 65 (ex busta 63).
[5] Accademia Nazionale Virgiliana, Mantova, Archivio Storico della Vecchia Accademia, Archivio Alessandro Antoldi, Busta 65 (ex busta 63).
[6] Vladimiro Bertazzoni, L.Mari-F.Tedesco.M.Lotti-V.Collini, Grandi voci mantovane della lirica mondiale dell’800, Editoriale Sometti, Mantova 2009, p. 130.
[7] Francesco Regli, Dizionario biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici, ecc. 1800–1860, Torino, 1860, Ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore, Sala Bolognese 1990, p.284.
[8] Julio Cesar Machado, Marcellina Lotti, in Revista Contemporanea de Portugal e Brazil, 1 de Abril de 1859. Lisboa, Typographia do futuro, pp. 565-567.
[9] LA FAMA del 1850, N. 89, Milano, 14 novembre 1850 p. 356.
[10] GAZZETTA MUSICALE DI MILANO, N. 51, 22 dicembre 1850, p. 223.
[11] L’ITALIA MUSICALE, N. 47, Milano, 11 giugno 1851, p. 187.
[12] L’ITALIA MUSICALE, N. 1, Milano, 3 gennaio 1852, p. 1.
[13] LA FAMA del 1852, N. 2, Milano, 5 gennaio 1852, p. 5,6.
[14] Gino Monaldi, Cantanti celebri del XIX secolo, Roma, Nuova antologia, 1907, pp. 139-141 e 169.
[15] Gianandrea Polazzi, Andrea Parisini, Maria Chiara Mazzi, Rimini, Verdi e il suo Aroldo, Rotary Rimini Riviera, Rimini 2001, pp. 71-72].
[16] Vladimiro Bertazzoni, L.Mari-F.Tedesco.M.Lotti-V.Collini, Grandi voci mantovane della lirica mondiale dell’800, Editoriale Sometti, Mantova 2009, p. 128.
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