Ieg & Bolognafiere: sotto il cielo dell’integrazione per Rimini potrebbe addensarsi qualche nuvolone

Ieg & Bolognafiere: sotto il cielo dell’integrazione per Rimini potrebbe addensarsi qualche nuvolone

La rassicurazione di partenza è il "rapporto di concambio pari ad 1:1". Ma davanti ad una praticamente irrinunciabile esigenza di ricapitalizzazione, Rimini potrà avere lo stesso peso di Bologna? Quali garanzie per evitare lo scenario peggiore, cioè il calendario fieristico di Ieg stabilito con il gradimento della Camera di Commercio di Bologna?

Con un annuncio ufficiale accompagnato dalle trombe suonate all’unisono dal timoniere di Italian Exhibition Group e da quello BolognaFiere, Lorenzo Cagnoni e Gianpiero Calzolari, è partito il percorso verso l’integrazione fra i due quartieri fieristici. «Poscia, più che ‘l dolor poté ‘l digiuno», si potrebbe dire con Dante. La crisi che si è abbattuta sulle Fiere da quando è il coronavirus a dettare legge, ha convinto anche i più riottosi che il momento è quello giusto per compiere la difficile traversata tentata da decenni senza successo.
Il 15 ottobre, quando è uscita la notizia che già era nell’aria, si è saputo che Ieg e Bolognafiere, “società leader nel mercato fieristico congressuale italiano”, hanno “siglato un term-sheet non vincolante avente ad oggetto un’operazione di integrazione tra IEG e BF, sulla base di un rapporto di concambio pari ad 1:1 e secondo modalità ancora da definirsi tra le parti”.
Scopo dell’operazione quello di “dare vita al principale operatore italiano del settore, in grado di competere, anche grazie alla propria capacità organizzativa in Italia e all’estero, con i più importanti player internazionali, facendosi portavoce del Made in Italy e, al contempo, mantenendo un forte legame con i territori”. Consentendo inoltre “di accrescere la visibilità della combined entity sui mercati di riferimento nonché di incrementare il flottante al fine di agevolare un successivo accesso al segmento STAR di Borsa Italiana“.
Si informava anche “delle attività di due diligence che saranno condotte” e di “eventuali operazioni societarie che si dovessero rendere necessarie ai fini del raggiungimento del suddetto rapporto di concambio”. Col “perfezionamento dell’integrazione indicativamente entro il mese di maggio 2021“.
Per concludere che “il Term-Sheet delinea un’ipotesi di struttura della nuova governance della combined entity volta a riflettere il suddetto rapporto di concambio paritario, assicurare la prosecuzione del programma di investimenti nei quartieri fieristici di proprietà compatibilmente con la situazione finanziaria della combined entity e in coerenza con gli impegni contrattuali già definiti ferme restando le eventuali diverse intese che saranno raggiunte tra i soci di riferimento di IEG e BF”.
Queste le valutazioni dei due presidenti: “Il progetto di integrazione ci proietta in una dimensione saldamente internazionale. Il nostro Paese potrà contare su di un player in grado di affrontare con ancora maggiore incisività tutte le nuove sfide che avremo di fronte una volta che il mondo avrà superato l’emergenza pandemia” (Gianpiero Calzolari);
“Stiamo facendo passi concreti e decisivi verso la conclusione dell’operazione di integrazione tra le due società. Le difficoltà derivanti dalla pandemia non riducono la nostra convinzione nella valenza industriale del progetto, ma ci spingono a procedere con maggiore determinazione” (Lorenzo Cagnoni).

Praticamente nessuno fino ad oggi ha osato “pesare” questo annuncio. Cosa potrebbe comportare la fusione per Rimini? Pur senza la pretesa di esprimere valutazioni definitive, anche perché ancora di definitivo non c’è nulla, va detto che l’operazione potrebbe ragionevolmente comportare una sinergia industriale fra i due quartieri fieristici. Ma se questo è vero, occorre considerare i dati di partenza: i bilanci ci dicono che Rimini si fa preferire per una migliore gestione dei quartieri fieristici, come attestano i positivi riscontri economici. Al contrario, Bologna consegue negativi risultati nella gestione delle strutture fieristiche, ai quali però contrappone ottime risultanze derivanti dall’attività estera (sulla quale Rimini anche in passato non ha brillato). Anche solo questo primo raffronto consente di comprendere come la sinergia operativa potrebbe risultare interessante, facendo leva su una gestione equilibrata delle rispettive attività.

Non solo. L’attuale contesto presenta una situazione più favorevole per Rimini, che progressivamente ha prodotto importanti nicchie operative, con proprie manifestazioni che, ad esempio, rendono Ieg indipendente dallo strapotere della Fiera di Milano. Lo stesso non si può dire per Bologna, che risente, anche in maniera pesante, della concorrenza milanese, alla quale ha tentato inutilmente di opporsi, in una competizione che per la differente struttura economica dei territori appare persa in partenza.

L’operazione di fusione ha la protezione assicurata della Regione Emilia Romagna, il cui ormai onnipresente presidente è certamente favorevole, utilizzando anche le conseguenze della pandemia, ad una robusta capitalizzazione della società risultante dalla fusione.
Ci sono però ottime ragioni che dovrebbero andare nella direzione di far aprire gli occhi agli «attori» riminesi. L’integrazione è infatti più favorevole per Bologna, in quanto Rimini potrebbe ragionevolmente, con l’apertura ai privati, proseguire l’attività a vantaggio del territorio. Spieghiamoci.

E’ apparsa l’ipotesi (comunicato stampa dixit) di valutare nella stessa entità le fiere di Bologna e di Rimini (1 contro 1), ma potrebbe trattarsi di una situazione del breve periodo, in quanto il non piccolo indebitamento delle società richiederà una considerevole ricapitalizzazione. Poniamoci ora la domanda ineludibile: davanti allo start della ricapitalizzazione Rimini e Bologna esprimerebbero le stesse potenzialità? Sempre 1 a 1? Diciamo che Rimini farebbe molta fatica ad adempiere alla ricapitalizzazione. Probabilmente non ci riuscirebbe. Non così i soci bolognesi, in particolare la potente Camera di Commercio, particolarmente interessati all’aumento di capitale. Magari all’atto della fusione Rimini uscirebbe con un ruolo preminente, presidenza compresa, ma sarebbe la vittoria di Pirro perché nel breve tempo Bologna finirebbe per assumere un ruolo superiore, se non egemone. In prospettiva Rimini avrebbe certamente un ruolo superiore a quello esercitato in Hera, società nella quale non conta nulla, ma il sistema Rimini sarebbe disposto ad accettare che il calendario fieristico venisse stabilito con il gradimento della Camera di Commercio di Bologna? Abbiamo così introdotto anche un altro tema della massima importanza: una operazione di questa portata può non essere condivisa con la città di Rimini, con tutta la sua rappresentanza economico-politico-sociale, ma incasellata sui binari da due sindaci ormai al termine del loro mandato?

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