Quanti sono gli iscritti al Campus di Rimini? Secondo la vicesindaca con delega all'università sarebbero 5.133 secondo tutti gli altri 5.087, con un decremento rispetto agli anni passati. La maggioranza sviolina la Fondazione Carim e le chiede di far parte del "patto per l'università" ma non la invita al consiglio comunale. Ecco cosa è successo ieri sera all'iniziativa che ha avuto i contorni della parata, mal riuscita.
Consiglio comunale dedicato all’università che ha sede a Rimini, quello che si è tenuto ieri sera. Importantissimo dunque, date le premesse, tanto da far decidere il cronista a sorbirsi (fantozzianamente, diciamolo) oltre quattro ore di seduta. E il lettore a questo punto dirà: faticoso, va bene, ma chissà quanto interessante, trattandosi del focus sulla nostra istituzione culturale e formativa più qualificata. La risposta non è né sì e né no. Ma ni.
Anzitutto perché gli illustri ospiti espressione del Campus e di Uni.Rimini, hanno debordato, sbrodolato, si sono insomma dilungati troppo rischiando di dire troppo e spesso ripetendo gli stessi concetti, quando per intavolare il confronto sarebbe stata invece sufficiente una sintesi dei dati essenziali.
A proposito di ospiti e di numeri, due clamorose défaillance. Ha aperto le danze la vicesindaca Chiara Bellini, la quale dall’esterno dà un po’ questa impressione (sbagliata sicuramente, ma le impressioni sono come un istintivo e irrefrenabile guizzo della conoscenza pura, che come tale va spiattellato): non avendo potuto godere della delega alla cultura (rimasta al sindaco…, che la esercita fattivamente? Boh!) si gloria quando può di quella all’università. Ieri sera la sua introduzione è stata dai toni rettorali ma, sfronda sfronda, anche un pochino superflua e pure controversa. Sì, perché ad un certo punto, volendo dare l’impressione di saperne, e magari ne sa, ne sa, eccome se ne sa, ha buttato lì che gli iscritti nel 2022 sono «5.133, studente più o meno, con un forte aumento negli anni». Ora, parlare di studenti universitari come si fa per la spesa, lira più lira meno, non è che suoni molto professorale. Ma al di là di questo aspetto opinabile, c’è quello del numero degli iscritti che opinabile non dovrebbe essere. Dunque, 5.133 ha detto la vicesindaca. Ma l’ordine del giorno sulla «Università a Rimini, situazione attuale e prospettive di sviluppo», presentato – Achtung, bitte! – dal gruppo di maggioranza, e precisamente la proposta di deliberazione reca i nomi di Zamagni, Carminucci, Barilari, Lari, Tonti (si è poi scoperto che il gruppo ne ha dimenticata una: Manuela Guaitoli), scrive ciò: «Il numero degli studenti iscritti presso il Campus di Rimini nell’anno accademico 21/22 è di 5.087, con una media di 5.000 anche negli anni precedenti».
In una delle svariate slide mostrate di volta in volta dai relatori “ospiti”, in questo caso da Alessia Mariotti, presidente del consiglio di Campus di Rimini, stava proprio scritto 5.087, ed il dato è stato così commentato: «Si riferisce a febbraio 2022, e i prossimi dati sulle immatricolazioni verranno comunicati a febbraio 2023; il numero di iscritti non è mai lo stesso, ogni minuto cambia perché ci sono nuovi iscritti e laureati…». Quindi, forse, la vicesindaca con delega all’università, è più avanti di tutti e dispone dei numeri in continuo mutamento? Un grande Mah!
Abbiamo sempre più iscritti, perché Rimini e l’università attraggono come calamite, ha più o meno sostenuto la vicesindaca (la calamita ce l’abbiamo messa noi). Ma sicuri? Il capogruppo della Lega, Luca De Sio, in apertura del suo intervento ha sostenuto il contrario: «Siamo orgogliosi di poter avere l’università a Rimini, ma non possiamo dirci orgogliosi per il fatto di avere solo 5.000 studenti». La vicesindaca ha avuto qualcosa da ridire, contestando il numero non in linea con quello che aveva fornito lei stessa, ma se è per questo nemmeno in linea con quello messo nero su bianco dalla propria maggioranza e immortalato nella slide di cui sopra. Sempre De Sio: «A me risulta che non ci sia stato un forte incremento come lei ha detto, ma che dal 2011 ad oggi ci sia stata una riduzione inesorabile del 20%, passando da 6.500 a 5.087». E’ un elemento di non poco conto e che va inserito nella cronaca della serata.
Così come non si può tacere la seconda défaillance emersa. La riassumiamo così: qual è l’ente che ha fatto grande il Campus di Rimini, finanziariamente parlando? Sicuramente la Fondazione Cassa di Risparmio, che negli anni in cui è stata “ricca” ci ha messo tanto, ma che ha sempre continuato a farlo fino ad oggi a beneficio di Uni.Rimini. Bene, pare che la Fondazione Cassa di Risparmio non sia stata nemmeno invitata alla importante seduta del consiglio comunale chiesta dalla maggioranza, cioè da chi governa la città (politicamente parlando da sempre). Ancora De Sio: «Mi sarei aspettato di vedere anche la Fondazione Carim, che non so nemmeno se sia stata invitata, anche se più volte citata come auspicato soggetto erogatore di finanziamenti… spero e credo che la Fondazione non si accontenti di farsi relegare a questo ruolo». E in effetti nel solito ordine del giorno, si legge che «il Consiglio Comunale impegna il Sindaco e la Giunta Comunale a favorire in quanto socio di maggioranza, il potenziamento di Uni.Rimini come veicolo di progettazione e sostegno al percorso universitario, dotandola delle risorse necessarie … insieme a Fondazione Carim, ai soci …». E soprattutto che la Fondazione Carim «deve» far parte «di un nuovo “Patto per l’università”», e che da lei è venuta storicamente «la spinta propulsiva» al sostegno all’università.
A proposito di Fondazione Carim vanno segnalate le parole del sindaco: «Noi non avevano i 30 milioni che sono stati capaci di mettere insieme Forlì e Ravenna per portare i corsi di medicina in quelle sedi», ha detto riferendosi all’intervento del consigliere Nicola Marcello che aveva messo l’accento su questo tema. La Fondazione Carim per i motivi noti a tutti, io non punto il dito contro nessuno, ma è così purtroppo, oggi non è nelle condizioni di mettere sul piatto certe risorse, le fondazioni di Forlì e Ravenna questa capacità ce l’hanno».
Contropelo è andato il consigliere della Lega Loreno Marchei: «Ho assistito finora a una passerella su tutte le cose positive che si possono dire sull’università, però bisogna anche parlare delle cose che non vanno». E via: «A Rimini la nascita dell’università è avvenuta grazie al mondo cattolico e per propositi ideologici il centralismo bolognese ha sempre osteggiato il fatto di lasciare troppo spazio a questo tipo di iniziative. I numeri degli iscritti al Campus di Rimini non sono confortanti se confrontati con quelli delle altre sedi romagnole, ma soprattutto con le facoltà autonome emiliane che mostrano numeri completamente diversi». Sostanzialmente fra 15mila e 27mila a seconda dei casi. Marchei è dell’idea che un ateneo autonomo della Romagna avrebbe potenzialità enormi, ed ha rimarcato più volte che la nascita dei Campus romagnoli non è stata un “regalo” di Bologna («che è stata costretta a decentrare») ma figlia di una legge dello Stato che risale ai primi anni 80. Per concludere che Rimini non deve più accontentarsi di un «decentramento calato dall’alto» e che il «tono inaccettabilmente subordinato che viene utilizzato nell’ordine del giorno della maggioranza non consentirà certo un vero sviluppo dell’università a Rimini».
Tutti d’accordo sull’importanza dell’università a Rimini, ma senza chiudere gli occhi sui problemi, altrimenti non si cresce. C’è ad esempio quello degli alloggi, che scarseggiano e che seguono nell’offerta il ritmo delle stagioni, nel senso che in estate si preferisce affittare ai turisti, con ripercussioni evidenti, soprattutto sugli studenti stranieri che non possono certo tornarsene a casa e ripresentarsi all’avvio delle lezioni. Scarseggiano gli spazi per la didattica, e ciò sembra abbastanza paradossale considerate le tante colonie vuote e derelitte di cui la città dispone.
Il sindaco Jamil Sadegholvaad nella sua replica conclusiva (non solo “spodestando” la sua vice con delega all’università ma chiamandola “il vicesindaco”, e poi si è dovuto correggere perché gli hanno fatto notare la cosa: «la vicesindaca, scusate, su questo devo migliorare lo so, ognuno ha le sue culture di provenienza») ha dato un colpo al cerchio ed uno alla botte: «Dobbiamo farci valere di più all’interno dell’università più antica del mondo per far valere il nostro peso, guardarci anche attorno su alcune partite… pretendiamo una giusta considerazione da parte dell’Alma Mater». Quindi no ad una autonomia della università in Romagna ma sì ad un maggiore peso specifico di quest’ultima a Bologna. Si avvicina Natale e nella letterina al babbo con la barba bianca si può scrivere ciò che si desidera.
A questo link l’intera seduta del consiglio comunale.
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