Il nuovo romanzo storico di Paolo Biondi

Il nuovo romanzo storico di Paolo Biondi

«Zenobia, Anastasia, Costanza, Elena. Storie di templi e di regine». Il giornalista e scrittore riminese, romano d'adozione, questa volta ci introduce nelle corti imperiali tra terzo e quarto secolo e nella vita della comunità cristiana del tempo.

S’intitola Zenobia, Anastasia, Costanza, Elena. Storie di templi e di regine, ed è il quinto libro che l’autore, Paolo Biondi, pubblica con l’editore Pagina. Paolo Biondi è un giornalista e scrittore di origini riminesi che da molti anni vive e lavora a Roma, dove è stato a capo della redazione romana dell’agenzia Reuters ed analista della politica italiana.
Tra le recensioni dell’ultimo libro di Paolo Biondi non si può non citare quella dell’Osservatore Romano che porta la firma dello storico Paolo Mattei: “Le regine, i poveri e il volto dei santi”. Si apre con il ricordo dello storico e patrologo francese Gustave Bardy, che nel suo volume dedicato alla Conversione al Cristianesimo nei primi secoli, confessava il suo ardente desiderio di “sapere cosa hanno provato gli schiavi, la povera gente, i commercianti, i marinai, i contadini che ad Antiochia, a Salonicco o a Corinto hanno udito per la prima volta l’annuncio del Regno di Dio…”. Nessuno di loro è stato in grado di riferirlo né tantomeno di scriverlo. Ci si deve accontentare, per così dire, di intravvedere queste impressioni “tra le parole di profili biografici di nobili altolocati, le cui avventure incrociano a vario titolo il cammino della Chiesa delle origini”.
Ma questa intenzione c’è, fors’anche di più, nel romanzo storico di Paolo Biondi che tuttavia nel suo libro si occupa di Zenobia, la regina di Palmira che viene portata a Roma da Aureliano, di Anastasia, sorellastra di Costantino, di Costanza, figlia di Costantino ed infine Elena, la madre di Costantino. Queste sono figure delle corti imperiali tardoantiche che vengono descritte anche attraverso le sontuose dimore in cui vivono o che fanno costruire. Quel “di più” lo si può intravvedere, dopo le persecuzioni e i martiri della predicazione apostolica, nel “connubio” tra potere politico e potere ecclesiastico che qualcuno, forse un po’ troppo in fretta, vorrebbe risolto con Costantino, l’imperatore “cristiano” il quale evitò di applicare i decreti di Diocleziano che stabilivano la persecuzione contro i cristiani e che fece costruire grandi chiese. Quel connubio a volte nel corso della storia e in alcuni paesi del mondo diventa una vera e propria “commistione” che è stato quantomai problematico risolvere fin dagli esordi ma che ancor oggi genera talvolta aspre polemiche. Ma qui il discorso ci porterebbe lontano, forse anche dalle intenzioni dell’autore del volume di cui stiamo scrivendo. Che tuttavia ci introduce nelle corti imperiali del terzo e quarto secolo e al riconoscimento del cristianesimo come religione “licita”. Non ancora come “religione di stato” comunque, come avverrà con Teodosio nel 380 con l’editto di Tessalonica.
Ognuna delle quattro protagoniste del libro viene legata ad edifici sacri della Roma del tempo. Partiamo dall’ultima delle quattro perché è certamente la più conosciuta: Elena, madre di Costantino, che nel libro viene accostata appunto alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, dove sono conservate le reliquie della passione di Gesù. Ma che il figlio volle che fosse tumulata nel mausoleo che aveva fatto costruire in corrispondenza dell’ingresso della basilica edificata sopra le tombe di Marcellino e Pietro. Di Zenobia possiamo dire che, nonostante le sue truppe persero la battaglia contro i romani di Aureliano, la regina di Palmira conserverà anche nell’esilio romano la dignità regale e la religione cristiana, che creò qualche fastidio ad Aureliano, il quale, pur avendola sconfitta in battaglia e portata in esilio, indubbiamente ne subì anche il fascino. La sorellastra di Costantino, Anastasia, è legata invece alla chiesa Palatina, vicino al “palatium”, la maestosa residenza di Augusto, primo imperatore. Mentre Costanza, che aveva seguito il padre in Oriente, alla sua morte fu portata a Roma per riposare nel mausoleo, vicino alla chiesa dov’è sepolta sant’Agnese.

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