La delegittimazione di Arpae sui divieti di balneazione: un affare serio

La delegittimazione di Arpae sui divieti di balneazione: un affare serio

La decisione del Comune di Rimini di affidarsi ad analisi "alternative" rispetto a quelle dell'Agenzia regionale apre molti interrogativi.

E’ di ieri la clamorosa decisione del Comune di Rimini di affidarsi ad un laboratorio per contestare i divieti di balneazione scattati a seguito delle analisi di Arpae.
«Sono di pochi minuti fa i risultati dei campioni di acqua di mare per le 7 acque di balneazione del litorale nord di Rimini, commissionati dal nostro Comune al Laboratorio certificato LAV e svolti nella mattinata del 26 luglio, stessi luoghi, stessa giornata e a mezz’ora massima di distanza temporale dai prelievi eseguiti da Arpae e che hanno registrato 28 superamenti dei limiti normativi lungo altrettanti punti della costa romagnola e riminese. Il Comune di Rimini ha voluto eseguire in questa occasione un campionamento autonomo per verificare con un ‘doppio controllo’ lo stato di salute del proprio mare, vista e considerata l’eccezionale condizione climatica e siccitosa di questa stagione estiva con possibili inediti effetti sull’habitat naturale», spiegava l’amministrazione comunale a guida Sadegholvaad.
«I risultati dei campioni analizzati dal Laboratorio LAV per le 7 acque di balneazioni del litorale nord di Rimini, svolti con una delle 2 metodologie certificate e previste dal decreto ministeriale 30 marzo 2010, sono tutti, nessuno escluso, ampiamente sotto i parametri normativi, sia per quanto riguarda la concentrazione di escherichia coli che di enterococchi, e dunque tutte e 7 le acque risultano perfettamente idonee alla balneazione. Un esito completamente opposto a quello di ARPAE, per cui i Comuni del Riminese e della Romagna non individuano alcuna motivazione evidente e plausibile. Per questo è stato chiesto un incontro urgente a Regione, Ausl e Arpae per la giornata di domani al fine di definire concrete soluzioni per quello che, ogni ora che passa, è un mistero che si infittisce sempre di più».
Abbiamo già pubblicato questa mattina un articolo sul tema (qui) della «guerra di provette fra Comune e Arpae», ma la questione appare oggettivamente significativa ed è opportuno tornarci sopra.
Di fatto il Comune di Rimini contesta apertamente le analisi svolte da Arpae, e arriva a sconfessarle sbandierando altre analisi che offrirebbero risultati opposti. Però non le rende pubbliche e non spiega quali parametri di scherichia coli e di enterococchi sarebbero stati rilevati. E’ la prima, anche se non l’unica, anomalia di questa vicenda, perché viene meno ai principi basilari di trasparenza che dovrebbero informare l’azione di una pubblica amministrazione.
Non è il solo, però.
Arpae è l’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell´Emilia-Romagna, ed è stata istituita con legge regionale n.13/2015. Esercita «attività di autorizzazione, concessione, monitoraggio dello stato ambientale, vigilanza e controllo e analisi analitiche e aggiunge, alle attività di tutela ambientale, quelle rivolte al campo dell’energia».
Assicurare «il monitoraggio, il controllo e la prevenzione ambientali per favorire la sostenibilità, la tutela della salute, la sicurezza del territorio e la valorizzazione delle risorse e della conoscenza ambientale» spetta ad Arpae e non ad altri.
Il 28 luglio Arpae ha emesso un comunicato stampa nel quale dava conto dei campionamenti programmati e delle risultanze ottenute: «divieti temporanei in 28 tratti della costa» (qui).
Poi ha dato conto del fatto che sono «rientrati nei limiti 6 tratti di costa», ma ne restano parecchi di non balneabili.
Arpae è anche dotata di un Comitato interistituzionale con funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività dell’Agenzia (che in passato si chiamava Comitato di indirizzo) che è formato dall’assessore regionale all’Ambiente, Irene Priolo, dai colleghi Raffaele Donini (Sanità) e Vincenzo Colla (Sviluppo Economico e Green Economy, lavoro e formazione) più dai presidenti di tutte le Province, compreso Riziero Santi per quella di Rimini.
Il Comitato interistituzionale è anche dotato di un Comitato tecnico consultivo paritetico, composto da dirigenti regionali e dell’Agenzia competenti in materia di ambiente e di energia.
La presa di posizione dell’amministrazione comunale di Rimini va a sbattere, in fin dei conti, contro questa struttura e organizzazione, e proprio per questo la sua decisione appare oggettivamente “forte”.
A questo punto è diventato un dovere per Arpae, spiegare se la contestazione del Comune di Rimini colpisca un bersaglio reale oppure no, ovvero se i cittadini e i turisti che si bagnano nelle acque di Rimini debbano attenersi alle analisi di Arpae o a quelle del Comune di Rimini.
Così come è ugualmente doveroso spiegare, una volta spazzato via ogni dubbio sui reali divieti di balneazione, quali cause abbiano determinato gli sforamenti. Nel comunicato stampa di ieri Arpae faceva riferimento alla «situazione riscontrata» definendola «senza dubbio anomala» e spiegava che «sono in corso alcune verifiche per comprendere le cause che hanno generato questa inattesa situazione. Al momento le ipotesi possibili per spiegarne le cause sono rappresentate da un insieme di eccezionali condizioni meteorologiche, idrologiche e marine (temperatura dell’acqua molto elevata da molte settimane con valori oscillanti intorno ai 30°, prolungata assenza di ventilazione, scarso ricambio delle acque, mancata diluizione delle immissioni nei corsi d’acqua che arrivano a mare per la forte siccità), che, sommandosi, possono aver avuto un effetto particolarmente impattante sulla composizione delle acque marine».
Cosa sia effettivamente accaduto in questi giorni, e cosa sia accaduto anche in passato quando gli sforamenti sono stati registrati ed anche all’altezza di fosse che il Psbo avrebbe dovuto aver sanato una volta per tutte, deve essere spiegato con chiarezza alla città. Da quanto si apprende dovrebbe uscire una nota congiunta di Arpae e Regione.

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