La lettera: il centro storico di Rimini ha bisogno di un vero e urgente ripensamento

La lettera: il centro storico di Rimini ha bisogno di un vero e urgente ripensamento

Una distesa più o meno disordinata di tavolini e sedie. Quando il cuore della città era un vero polo commerciale e sociale, bar e ristoranti erano organici e complementari ad una economia ormai irrimediabilmente persa. Occorre fare qualcosa.

La vivibilità e funzione odierna del Centro Storico è ormai chiara e conclamata; se non lo frequenti per servirti di bar, ristoranti ed affini e sagre circensi, meglio astenersi. Peggio ancora se si ha l’intenzione di investire in un’impresa che sia diversa da quelle categorie.
Ecco quanto numericamente rappresentano questa attività in un raggio di circa 500 metri da Piazza tre Martiri, in difetto ovviamente:

Quando il Centro era un vero polo commerciale e sociale, queste categorie erano organiche e complementari a quel tessuto ormai perso irrimediabilmente. Oggi invece emerge il profondo sbilancio tra le predette attività, divenute fini a se stesse, ed il resto, con numeri a cui nessun’altra categoria merceologica si avvicina neppure lontanamente.
Di conseguenza assistiamo all’inesorabile chiusura di attività commerciali, anche tradizionali, quali, di recente, Vuelle, Diva e Casa del Rasoio, aggiunte alla lunga lista di quelle che hanno già in precedenza condiviso la stessa fine, ed il fiorire di negozi che commerciano merce di scarso valore e non qualificanti per l’area che dovrebbe essere quella di maggior di pregio per una città. È dura a Rimini potere ottenete lo status di Bottega Storica in queste condizioni. Oltre alla triste visione di tanti spazi commerciali sfitti da tempo, anche in vie e piazze principali, dove i cartelli affissi offrono invano proposte di affitto o vendita dei muri, sintomo di un cessato valore remunerativo di quegli immobili.

All’inizio fu “solo” in Piazzetta San Gregorio e Vecchia Pescheria, oggi invece tutto il Centro è caratterizzato da una distesa più o meno disordinata di tavolini e sedie messi in ogni dove e senza alcun ritegno e logica, certamente non compatibile con il decoro e il carattere storico peculiare di quella zona. Tanto invasivi, a volte, che passando, si ha la sensazione di trovarsi in un ambiente estraneo ed infastidire coloro che lo frequentano; quasi una anarchica casbah, se non accampamenti. Pure la piazzetta San Martino ricca di testimonianze storiche locali, è stata sacrificata per questi fini, in attesa del peggio felliniano che verrà di qui a poco. Poi l’occupazione di spazi angusti, o in vicinanza di edifici religiosi storici o case di riposo, di cui possiamo immaginare quale sia di conseguenza il riposo serale.

È questo quindi il rilancio del Centro di Rimini in atto dall’attuale Amministrazione, che disincentivata l’economia commerciale ha favorito un unico settore, quello della ristorazione ed affine ormai comunque saturo?
Ma al contrario della sbandierata “dolce vita”, che tale non è, di cui i novelli inventori non sanno neppure quel che in realtà sia stata, tutto ciò porta ad un fenomeno quasi esclusivamente notturno, con tutte le conseguenze del caso; assembramenti, musiche a volume smodato e frequenti atti di degrado se non di ordine pubblico, che rappresentano un chiaro fallimento della politica vacua di cui invece si fregia l’Amministrazione cittadina, condendola poi con qualche spruzzata di pseudo cultura per tentare di nobilitare il proprio operato.
Ci si augura che la prossima compagine amministrativa cittadina, a prescindere dal colore politico che la caratterizzerà, rifletta su questo fenomeno e che comprenda quale realmente siano le misure per un vero rilancio del Centro e del suo decoro, per essere vivibile di giorno per i superstiti veri commercianti che continuano a resistere nonostante tutto. Ma anche di notte, per coloro che hanno scelto di viverlo veramente, continuando ad abitarci con tutto il diritto di farlo in condizioni di normalità.
Ma temo che se fino ad ora si è parlato di patologie relative all’argomento in oggetto, oggi siamo al capolinea. La situazione non lascia spazio a prospettive, né al possibile ritorno all’era in cui il Centro, come già detto, era il vero motore socio commerciale della città. Con buona pace di coloro che, da improvvisati e di dubbia competenza, hanno gestito in caparbia solitudine il futuro della città condizionandolo pesantemente, e dei plaudenti a prescindere che li hanno assecondati.

Salvatore de Vita

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