La Notte Rosa è come Andrea Gnassi, il Dorian Gray della politica: sembra giovane ma è un matusa

La Notte Rosa è come Andrea Gnassi, il Dorian Gray della politica: sembra giovane ma è un matusa

Passati i tempi di Patti Smith e di Franco Battiato, ora tocca sorbirvi i Ricchi e Poveri e i Litfiba. Ecco perché il fiore all’occhiello della carriera di ‘Gnassing’ fa acqua da tutte le parti. Appendice su Santarcangelo dei Teatri – che Rimini sponsorizza – con un Cda fatto in casa, alquanto light.

11 anni come una sveltina in riva al mar
Detto come va detto, senza fronzoli retorici. La Notte Rosa va ‘rottamata’ – verbo che andava di moda quando andava di moda Matteo Rezi – va rinnovata, anzi, va decisamente archiviata. Undici anni consecutivi di Notte Rosa sono, per un evento turistico che si consuma come una sveltina in riVa al mare – quando ancora si scopava sulle brandine – undici secoli, ormai l’“evento in auge dall’estate del 2006, voluto fortemente da Andrea Gnassi e studiato sulla falsariga delle notti bianche” (così la didascalia di Wikipedia, dando per scontato che tutti conoscano tale Andrea Gnassi, manco fosse Giulio Cesare o Mick Jagger, probabilmente la nota ornamentale è frutto della falange di comunicatori alle dipendenze del Sindaco sovrano) fa acqua da tutte le parti. Capisco, però, che la Notte Rosa, un evento episodico, che non lascia nulla alla Riviera se non bottiglie vuote, preservativi che fanno cilecca e vampiri dilaniati dal niente, mica è il Festival di Santarcangelo – su cui torno dopo – è intoccabile, più intoccabile del Ponte di Tiberio, lì da 2mila anni in vilipendio alla modernità e al progressismo dell’amministrazione vigente, ignorante. La Notte Rosa, in effetti, è il passaporto politico di Andrea Gnassi. Senza la Notte Rosa, Gnassi, il fu Assessore provinciale al Turismo che “ha inventato la Notte Rosa” – ancora Wikipedia – non sarebbe diventato Sindaco né bi-Sindaco, se il Malatesta è eterno grazie al Tempio Malatestiano, lui, Andrea II Gnassi, re dell’effimero, durerà quanto la Notte Rosa. Che è ora di archiviare, non perché voglio male a Gnassing – scaltro, apollineo e supergiovane, lo rimpiangeremo appena si sarà tolto dalle balle – ma perché, appunto, darwinianamente, l’evoluzione della specie dei prodotti turistici è rapace, rapida, accade ora.

Siete fermi al Medioevo turistico, è ora di cambiare
Beato il nostro pessimista che vive nell’empireo delle sue provocazioni, a noi la Notte Rosa piace perché porta un sacco di gente. Così dice il Sindaco con il vasto corteo di albergatori e di ‘operatori’ fermi al Medioevo turistico. Porta un sacco di gente con il sacco a pelo, dico io, che fa chiasso, starnazza, poi torna a casa e chi s’è visto s’è visto e a pagare son solo io che debbo spalare la sporcizia che resta. Ma non è neppure questo il problema, questa è roba da quartiere autarchico. Ogni Sindaco sa che il punto non è riempire gli alberghi oggi, ma studiare la strategia turistica di domani. Cioè, creare. Continuamente. E la Notte Rosa è ferma al palo dell’amarcord, si rivolge ai coetanei di Gnassing che hanno nostalgia del tempo in cui gli tirava anche soltanto sentendo l’odore di una bagnante in cabina, attrae bambocci, fantocci e bamboccini che – diciamocelo chiaro – non hanno i soldi per far le vacanze altrove (come me, per altro, che non ho un euro e me ne sto chiuso nell’eremo riccionese credendo che sia la Malacca di Conrad). La Notte Rosa è diventata lo svacco dei vagabondi, lo svago dei poveracci, sia detto senza offesa e senza ironia. Lo si vede, per altro, dal programma. Sono finiti i tempi di Patti Smith in concerto a Misano – era il 2007 – o di Elio e le Storie Tese – era il 2008 – adesso a Misano c’è Silvia Mezzanotte a tirar la mezzanotte; finiti i tempi di Franco Battiato a Riccione – era il 2009 – ora ci becchiamo The Giornalisti, non c’è gara, ma sempre meglio di chi sta a Gatteo che si deve sorbire i redivivi Ricchi e Poveri. Finiti i tempi di Michael Nyman sulla spiaggia all’alba – era il 2013 – o di Fiorella Mannoia – era il 2009 – o di Elisa – era il 2014 – o di Luca Carboni, adesso tocca accontentarsi di Samuele Bersani a Lido delle Nazioni e di Paola Turci a Marina di Ravenna, deo gratias, a Rimini sono riusciti a riesumare i Litfiba, che, va bene, chi non ha ballato sulle note di Lacio drom, ma definirli “una leggenda della musica italiana” è francamente eccessivo, mica sono i Pink Floyd, ma nemmeno i CCCP. Insomma, è ora di cambiare, cambiare, cambiare subito, la Notte Rosa fa della Riviera una stantia balera, sta invecchiando con la stessa rapidità del Sindaco Andrea Gnassi, specie di Dorian Gray della politica, sembra sempre giovane ma è un matusa.

Santarcangelo spende quanto tre anni di cultura a Riccione
Ora, che c’entra la Notte Rosa con il Santarcangelo Festival? All’apparenza nulla. La Notte Rosa è un ‘evento’ e come tale è soggetto a rapido invecchiamento; Santarcangelo Festival è ‘cultura’ dunque vivrà per l’eternità. Il punto d’unione è che il Comune di Rimini è tra gli enti soci – insieme ai Comuni di Santarcangelo, Longiano, Poggio Torriana e San Mauro Pascoli – dell’Associazione Santarcangelo dei Teatri, che significa – come da recente Determina n. 1319 – che mette dei soldi, cioè 20mila euro come “quota associativa anno 2017”. Ora, tutti sanno che con 20mila euro in cultura fai un mucchio di cose, speriamo che siano ben spesi, che non siano il solito obolo di una amministrazione ‘rossa’ a un’altra della stessa tonalità, almeno facciano uno sconto sul biglietto ai riminesi che si avventurano al Santarcangelo Festival. Sulla manifestazione in atto dal 1971, intoccabile e danarosa – è una vera azienda: nel 2016 ha speso 937.715 euro, i contributi sono sostanzialmente, sostanziosamente pubblici, e quest’anno la neodirettrice artistica, Eva, piglia il doppio della sapientina Silvia Bottiroli, 40mila euro – ho un paio di perplessità, non certo etiche o perbeniste (sul palco, ciascuno faccia il baccano e il baccanale che gli pare, l’importante è che la ‘forma’ sia decente, altrimenti tutti a casa, sipario chiuso). Intanto, gli archivi. Nel sito del Santarcangelo Festival hanno allineato, nella sezione ‘Archivio’, i depliant dalla prima edizione della kermesse in poi, è cosa buona e giusta. Ma non basta. Bisogna farlo ‘esplodere’ l’archivio. Lavorarvi duramente. Perché, puta caso che il passato sia meglio del presente, nessuno ci obbliga a spendere tutti quei soldi – 693mila euro nel 2016 – in “attività artistica” se questa fa pena. Secondo: la guida ‘politica’ – e pratica – del Festival. Non s’è mai visto che una Associazione che spende quasi un milione di euro all’anno – cioè, tre volte tanto la spesa del Comune di Riccione in cultura nel 2016 – sia guidata da un Cda formato da tre persone. Una – il Presidente del Consiglio di amministrazione – è il Sindaco di Santarcangelo, Alice Parma. L’altro è Giampiero Piscaglia, dirigente pluridecorato del Comune di Rimini. Il terzo è Natalino Cappelli, già dirigente presso il Comune di Santarcangelo. Dov’è la rappresentanza degli altri enti soci? E quella della Regione, che mette un mucchio di soldi? E quella del Ministero? L’Associazione Riccione Teatro, per fare un esempio, che partorisce da 70 anni il Premio Riccione, ha costi di produzione tre volte inferiori a quelli di Santarcangelo Festival, eppure è rappresentata da 6 consiglieri e da un Presidente. Come mai Santarcangelo Festival ha una struttura così ‘light’? In questo modo, forse, nessuno rompe le balle. Cari miei, è la notte rosa della cultura.

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