Oltre 400 persone a Serravalle per incontrare Gianna Jessen e ascoltare la sua testimonianza. Sopravvissuta ad un aborto salino tardivo, oggi gira il mondo per difendere la vita e combattere la “cultura” dello scarto e della morte.
Era la prima settimana d’aprile del 1977. Una ragazza americana di 17 anni decide di recarsi nella clinica del famigerato ente abortista più grande del mondo: Planned Parenthood. Arriva al settimo mese e mezzo di gravidanza e le consigliano subito un aborto salino tardivo, un procedimento attraverso il quale viene iniettata una soluzione salina nel grembo materno e direttamente sul bambino per corroderlo totalmente. L’orrenda pratica viene messa in atto in questa clinica della morte e nelle successive 24 ore la diciassettenne resta in attesa di partorire il figlio ustionato, cieco, morto. Passano diciotto ore, ma qualcuno non si è arreso. Il 6 aprile Gianna Jessen, quella bambina, nasce miracolosamente viva. Pesa 900 grammi, è gravissima. Il “medico” abortista che avrebbe dovuto dichiarare la sua morte non era presente, perché Gianna nasce proprio nel momento in cui non è di turno. Cosa da poco? No, perché fino al 2002, anno in cui Bush approvò la legge “Born Alive Infants Protection Act”, negli USA i bambini sopravvissuti all’aborto e quindi nati vivi, venivano strangolati o lasciati morire per poi essere gettati via.
“Una cosa stupenda sul perfetto tempismo del mio arrivo, è che il medico abortista non era ancora in servizio. Così non ha potuto terminare il suo progetto sulla mia vita, ovvero la mia morte. Una bellissima rivincita è che il medico abortista dovette firmare il mio certificato di nascita” dichiarerà poi sorridente Gianna Jessen. Dopo la sua nascita quindi viene portata in ospedale e i medici dicono che non riuscirà a sopravvivere. L’anno dopo, i medici sostengono che Gianna non sarà mai in grado di tenere la testa dritta. Ha una paralisi cerebrale per mancanza di ossigeno al cervello. Invece a tre anni e mezzo Gianna riesce a camminare davvero con il deambulatore e i tutori. Oggi cammina senza aiuti, zoppicando un pochino, ma è in piedi e lotta come una leonessa per portare avanti la battaglia in difesa della vita girando tutto il mondo.
Ieri sera a Serravalle sono arrivate 400 persone tra cui tantissimi ragazzi e ragazze per ascoltare Gianna Jessen. L’incontro è stato organizzato da Ufficio Pastorale Famiglia, Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro e ProVita onlus, in collaborazione con le Associazioni e le Aggregazioni laicali della Diocesi di San Marino – Montefeltro. Gianna non ha paura di nominare Gesù Cristo in pubblico: “So che di questi tempi è politicamente scorretto, perché il Suo nome può causare ad alcuni un tremendo disagio. Ma io non sono sopravvissuta per mettere le persone a proprio agio. Sono sopravvissuta per agitare un po’ le acque. E mi piace molto farlo”. Poi punzecchia i progressisti con una domanda scomoda: “Se l’aborto riguarda solo i diritti della donna, come la mettiamo con i miei diritti? Nessuna femminista radicale manifestava per i miei diritti quel giorno. La mia vita veniva soppressa nel nome dei diritti della donna”. E paragona al nazismo di Hitler, la selezione in base alla “qualità della vita” che condanna a morte, quindi ad essere abortiti, i bambini disabili: “Io non soffrirei di paralisi cerebrale se non fossi sopravissuta. Quando sento l’orribile e disgustoso ragionamento che dovremmo abortire i bambini perché a rischio di disabilità, il mio cuore si riempie di orrore. Ci sono cose che si possono imparare solo tra i più deboli tra noi. Se li sopprimete siete voi a rimetterci. Il Signore avrà cura di loro, ma voi soffrirete per sempre”.
Gianna si rivolge anche agli uomini presenti in sala: “Siete fatti per difendere le donne e i bambini, non per farvi da parte e voltare la testa quando sapete che è in corso un omicidio e non fate niente. Non siete fatti per usare la donna e poi abbandonarla”. E ha qualcosa da suggerire pure alle donne: “Non siete fatte per essere abusate, non ignorate il vostro valore. Meritate che si combatta per voi, sempre”. Con entusiasmo ricorda che, da un anno a questa parte, gli abortisti negli Stati Uniti non dormono sonni tranquilli con il Presidente Donald Trump, il quale si prepara a compiere una vera e propria rivoluzione, invertendo la rotta con l’introduzione di misure più restrittive sull’aborto. Già qualche mese fa il nuovo Presidente americano ha firmato, infatti, una legge che mira proprio a tagliare i finanziamenti federali a quel colosso di Planned Parenthood e ad altri gruppi che praticano l’aborto. Infine Gianna racconta vicende più personali: “Ho incontrato mia madre biologica. L’ho perdonata. Sono cristiana”. Fa presente a tutti di essere stata “odiata fin dal concepimento, ma amata da molte più persone e soprattutto da Dio”. Una testimonianza che lascia il segno e andrebbe diffusa in tutte le scuole d’Italia, alla faccia dei militanti del pensiero unico che hanno paura del contraddittorio. Anche, perché, come ci ha insegnato il presidente Ronald Reagan: “Noto che tutti gli abortisti sono già nati”. Basta scegliere, con consapevolezza, da che parte stare.
Fotografia: Gianna Jessen
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