L’allarme dell’architetto Piccioli: «a Rimini è sparita la pianificazione urbanistica»

L’allarme dell’architetto Piccioli: «a Rimini è sparita la pianificazione urbanistica»

«Nel precedente mandato, l’Amministrazione Comunale ha privilegiato soprattutto il miglioramento della immagine della città, con opere pubbliche ed interventi di arredo urbano; ma ha escluso dalla propria agenda la pianificazione urbana e territoriale di medio-lungo periodo: un limite ormai inaccettabile che ci pone di fronte a un ritardo grave». Lo scrive l'architetto Stefano Piccioli sul magazine online 5835. Che si occupa anche dell'ex questura: «Non è credibile che qualcuno possa aver sborsato 14 milioni per un’area senza avere garanzie sulla sua destinazione». E dell'Agenzia del piano strategico: «Non si capisce bene se sia un centro culturale, o un juke box che a comando suona la canzone gradita a chi ne spinge i bottoni»

«La pianificazione urbanistica è stata di fatto eliminata da oltre dieci anni dall’attività amministrativa della città di Rimini, sostituita al massimo da azioni sporadiche e settoriali, non inserite in un complesso ma indispensabile quadro d’insieme». Parlar chiaro e senza peli sulla lingua. E’ quanto scrive l’architetto Stefano Piccioli sul magazine online nato intorno all’esperienza della lista di Gloria Lisi (che firma l’editoriale): “5835”.
In pochi si sono accorti di questa lacuna che già pesa enormemente sul presente e sul futuro di Rimini. Non poteva non notarlo uno che a lungo ha pianificato, a Rimini e fuori. Basti dire che il suo nome in città è legato alla Variante generale del Piano Regolatore di Rimini (1975), negli stessi anni al Piano regolatore della fascia turistica, al Piano di recupero del quartiere “Ghetto Turco” negli anni 80, alla prima proposta di Piano di recupero dell’ex Colonia Murri, del lungomare e dell’arenile antistanti, al Piano di riqualificazione della zona portuale di S.Giuliano mare, al Piano regolatore Benevolo negli anni 90, solo per citare i più noti.
«Nel precedente mandato, l’Amministrazione Comunale ha privilegiato soprattutto il miglioramento della immagine della città, con opere pubbliche ed interventi di arredo urbano; ma ha escluso dalla propria agenda la pianificazione urbana e territoriale di medio-lungo periodo: un limite ormai inaccettabile che ci pone di fronte a un ritardo grave», spiega Piccioli.
Ed è grave che un’amministrazione pubblica non veda il vicolo cieco nel quale è andata ad infilarsi e tutte le sue drammatiche conseguenze. Anche su questo l’analisi è diretta: «Dopo il biennio della pandemia il nostro Comune si trova non solo ad essere privo di programmi di intervento urbanistico attuabili sul breve periodo, ma non si conoscono neppure le esigenze reali, perché da oltre un decennio non è mai stato avviato neppure un programma di monitoraggio del territorio e delle realtà sociali che lo compongono».
C’è un altro aspetto che l’architetto mette in luce, non meno serio del precedente e ad esso connesso: nella prassi amministrativa del decennio Gnassi il Consiglio comunale non è stato coinvolto in nessun modo. «Questa prassi svilisce il ruolo del Consiglio, riducendone l’azione alla sola ratifica di proposte già elaborate separatamente dalla Giunta. In questo modo, tra l’altro, si giustifica il ricorso alle scelte di organi consultivi esterni, quali Agenzie partecipate o promosse dal Comune: che di fatto hanno solo il compito di avallare con inutili (e costose) consulenze di dubbia efficacia ed attendibilità, le scelte già operate dalla Giunta; senza alcun confronto dialettico con il Consiglio, né per la conoscenza dei problemi, né per l’elaborazione degli indirizzi programmatici e delle scelte operative. Il non disporre di una struttura tecnica interna all’Amministrazione (con competenze tecniche e culturali adeguate e una profonda conoscenza del territorio) è una responsabilità che ricade certamente su chi ha retto nel precedente mandato l’Assessorato al territorio».
E da questo punto di vista non manca un affondo che va a segno sull’assessore Roberta Frisoni: «La riconferma della medesima Assessora per il secondo mandato nello stesso ruolo costituisce dunque un elemento di preoccupazione, perché presuppone che l’azione amministrativa del futuro continuerà in una linea di assoluta continuità con la stessa prassi di definire come attività di pianificazione urbanistica solo proposte estemporanee preventivamente concordate con la Giunta. In pratica non ci sarà spazio per idee e competenze non allineate: di volta in volta il personale tecnico dell’Assessorato sarà chiamato a svolgere solo l’iter amministrativo formale di processi nati altrove Ma questo è il contrario esatto di un processo democratico».
C’è pure un ghiotto riferimento alla partita, ancora del tutto misteriosa e che sembra per ora tutta giocata al di fuori degli organi istituzionali della città, cioè l’ex questura: «E’ ridicolo che il Sindaco strilli la sua estraneità alle richieste più o meno fin qui fatte trapelare da chi ha acquistato l’area per una cifra esorbitante. Non è credibile che qualcuno possa aver sborsato 14 milioni per un’area senza avere garanzie sulla sua destinazione; e comunque senza che l’Amministrazione, dopo il fallimento della società proprietaria, ne avesse pianificato negli anni recenti la destinazione d’uso discutendone in Consiglio Comunale. Oggi il processo di trasformazione avverrebbe alla luce del sole, senza ingenerare sospetti con ― excusatio non petita! ― proclami di innocenza».
Ora il traguardo da non mancare è rappresentato dal Piano urbanistico generale, conclude Piccioli, ma occorrono competenze specifiche interne all’amministrazione, evitando strade secondarie come quella del piano strategico: «La scorciatoia di un’Agenzia esterna come Rimini Venture (cosiddetta Agenzia per il Piano Strategico) oltre a non avere alcuna valenza giuridica (non esiste alcuna legge, né nazionale né regionale che ne sancisca il ruolo ma neppure l’esistenza del cosiddetto Piano Strategico). Non si capisce bene se sia un centro culturale, o un juke box che a comando suona la canzone gradita a chi ne spinge i bottoni».
Sullo sfondo c’è «l’esigenza improcrastinabile di definire la cosiddetta “Area Vasta” che si sta progressivamente definendo tra le tre Province romagnole», un percorso che per ora è affidato solo ad un organismo esterno, cioè a Romagna Next. «Ma come potrà il Comune di Rimini esercitare un proprio ruolo privo com’è di qualsiasi competenza in materia?».
Se fosse una battaglia navale si potrebbe dire: colpito e affondato. Ma qui la questione è un’altra: cominciare ad amministrare con lungimiranza, scrollarsi di dosso una serie di scelte tutte giocate sull’apparenza, e puntare al sodo.

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