Una bombetta è esplosa nella tranquilla domenica riminese: l'inchiesta del quotidiano "La Stampa" su Italian Exhibition Group. Parla di "fatture emesse prima dell’ordine, lavori affidati senza gara, consulenze e studi affidati a fratelli e mariti dei manager". Cita una fonte. Sarà da Rimini o da Vicenza che è partito l'attacco? Di certo le schegge colpiscono parecchi soggetti, perché la creatura fieristica è sotto il controllo pubblico. La Lega chiede di chiamare in consiglio comunale Cagnoni e Ravanelli.
Complice il “panino” col Corriere di Romagna, ieri l’inchiesta pubblicata da La Stampa a firma di Luca Fornovo e Gianluca Paolucci su Italian Exhibition Group è stata letta parecchio ed ha con molta probabilità rovinato la domenica ai vertici e al management di IEG, in alcuni casi tirato in ballo con nomi e cognomi e in altri con indicazioni chiare per risalirvi (almeno da parte di chi conosce l’ambiente). Ma ha rovinato la domenica anche alla squadra di palazzo Garampi, a cominciare dal sindaco e dall’assessore al Bilancio. Andiamo in ordine.
Il titolo – “Commesse, fatture e parenti: l’allegra gestione delle Fiere di Rimini e Vicenza” – non passa inosservato, così come il contenuto: “Ieg prepara il debutto in Borsa. Ma la gestione è curiosa: fatture emesse prima dell’ordine, lavori affidati senza gara, consulenze e studi affidati a fratelli e mariti dei manager”.
Inutile negare che il primo pensiero di molti sarà stato il seguente: chi è l’ispiratore? Chi ha passato le informazioni? Saranno uscite da Rimini o da Vicenza, dove comunque hanno mal digerito le vicende legate al recente passato che hanno rischiato di mandare in crisi il matrimonio? Di certo Lorenzo Cagnoni cercherà di capirlo perché l’inchiesta rischia di rovinargli il delicato percorso verso la quotazione in Borsa.
In attesa delle reazioni di Ieg, leggiamo il contenuto. “Oltre 130 milioni di fatturato, 280 congressi ed eventi con 15 mila espositori e 2,6 milioni di visitatori nel 2017. Sono i numeri di Italian exibition group (Ieg), la società delle fiere di Vicenza e Rimini, uno dei principali gruppi italiani del settore, che si sta preparando a debuttare in Borsa. La quotazione, salvo imprevisti, è prevista tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre 2018. Solo che c’è anche il rovescio della medaglia: il debito nella holding di controllo, le azioni in pegno e una certa allegria contabile e gestionale fatta di commesse affidate senza gara, fatture per forniture che arrivano prima degli ordini e una vera e propria parentopoli tra manager e consulenti”, è l’incipit.
“Il gruppo Ieg nasce dalla fusione tra Rimini e Vicenza nel 2017. Secondo gli accordi, Rimini – controllata a sua volta da Enti locali e camera di commercio – avrebbe avuto la maggioranza e un ruolo di maggior peso nella governance. Le cose non sono andate un granché bene tra i due gruppi, tra accesi dibattiti interni e vere e proprie liti. Ma il matrimonio è ormai fatto e indietro non si torna. Dritti verso la Borsa, mercati permettendo.
Per ricostruire questa vicenda, La Stampa ha visionato una serie di documenti e interpellato alcuni testimoni diretti. Uno dei casi che è stato possibile ricostruire è quello della progettazione dei nuovi poli fieristici di Vicenza e Rimini. Si tratta di lavori per 90 milioni in totale, 30 milioni per Vicenza e 60 milioni per Rimini. La progettazione è stata affidata all’architetto Velkving Marg, dello studio Gmp Architeckten Von Gerkan, Marg und Partner di Amburgo. È lo stesso architetto che ha realizzato il quartiere fieristico di Rimini, aperto nel 2001 e il palacongressi nel 2011″.
Sulla progettazione La Stampa giudica “ovvia” la scelta di richiamare l’architetto Marg “quantomeno per continuità stilistica con la Fiera di Rimini”. “Talmente ovvia che la progettazione viene assegnata allo studio Gmp senza gara e senza comparazione delle offerte. Quanto valgano i lavori di progettazione non si sa. Forse poco meno di 2 milioni di euro. Forse. Perché la decisione di affidarli allo studio tedesco «non è mai passata dal cda», spiega una fonte interna, ma è stata presa in completa autonomia dal presidente, Lorenzo Cagnoni. Classe 1939, Cagnoni è da sempre l’anima della Fiera di Rimini. Siede sulla poltrona più alta del consiglio dal lontano 1995, ben 23 anni. Anche se nell’aprile scorso ha dovuto fare un passo indietro: non è più amministratore delegato, carica che ricopriva anche quella dal 1995”.
L’altro capitolo sollevato riguarda la tegola delle fatture. “Quella di spendere un po’ così, in autonomia, sembra essere una prassi consolidata dell’azienda. Nell’aprile scorso, in seguito ad una delle diatribe interne tra vicentini e riminesi, viene avviata una verifica sul processo di ordini ai fornitori. I risultati sono piuttosto singolari: su 12.200 ordini complessivi a 2.878 fornitori, il 70% delle fatture è stato emesso secondo una procedura di acquisti alquanto anomala. Banalmente, la data delle fatture è precedente a quella dell’ordine in uscita. Il processo di ordini «è gestito in autonomia dalle varie aree», spiega ancora una fonte che lavora nel gruppo. Ci si rivolge sempre agli stessi fornitori, «spesso in via informale, senza seguire le procedure interne per la gestione degli ordini». Non bellissimo, per un gruppo che gestisce 80 milioni di ordini all’anno. Devi quantomeno fidarti molto dei tuoi manager”.
Poi ci sono le valutazioni. “E qui però si apre un altro capitolo di questa storia. Qualche mese fa viene chiesto a Korn Ferry, multinazionale della consulenza sul personale, di valutare i manager del gruppo. I risultati non sono brillantissimi. Korn Ferry consegna un voluminoso rapporto, riassunto in una serie di matrici dove i profili critici (manager inadeguati o poco adeguati) vengono inseriti in basso a sinistra e gli eccellenti in alto a destra. Su dieci nomi, tre sono in basso a destra”. Quello più in basso di tutti è un nome notissimo che fa parte della storia di Rimini Fiera e che ha continuato il suo percorso anche in IEG. “Non va molto meglio nella seconda linea: su ventuno manager analizzati nel complesso, tre finiscono nella parte più bassa e solo quattro nella parte «positiva» della matrice”. Seguono altri tre nomi. “Cosa succede dopo la consegna del rapporto? Niente. Korn Ferry viene pagato e il volume finisce in un cassetto. Quando c’è da distribuire i premi però le valutazioni cambiano radicalmente. Nel senso che il premio lo prendevano tutti i 180 dipendenti di Fiera di Rimini. Nel 2017 sono costati complessivamente circa un milione di euro. Sono tutti meritevoli? Non si sa, perché le schede personali sono assenti o incomplete per 80 dipendenti su 180”.
C’è anche “la parentopoli”, “le commesse date in famiglia”. Scrive La Stampa che “una ricognizione interna ha fatto emergere una serie di rapporti con parti correlate quantomeno scivolosi”. E qui si parla di consulenze date a fratelli e mariti.
Il capitolo debiti è il meno intrigante, soprattutto per chi ne ha scritto, numeri alla mano, anche relativamente al consuntivo 2016. E anche l’inchiesta della Stampa si conclude notando: “A questo punto, i debiti, l’ultimo dei problemi”. Prosegue: “Anche perché non sono nella società operativa Ieg ma nella holding che la controlla. Il 65% del capitale di Ieg è in mano a Rimini Congressi srl. Questa è controllata a sua volta da Rimini Holding, che fa capo alla Istituzione Musica Teatro Eventi, che fa capo al Comune di Rimini. Nella Rimini Congressi ci sono anche i debiti: sono 209 milioni in totale al 31 dicembre scorso. Quasi la metà, 93,7 milioni, sono debiti a breve. I debiti bancari totali sono 120,9 milioni, in gran parte a lungo termine. Il principale creditore bancario (35 milioni) è Unicredit, che a garanzia si è preso un pezzo (il 42,5% delle azioni) della quota di Ieg in mano alla Rimini Congressi. Con la quotazione, che prevedono una parte di azioni in vendita e una parte di nuove azioni in sottoscrizione, si punta proprio a restituire il prestito a Unicredit e liberare le azioni”.
E qui viene il bello. Ovvero il controllo pubblico di IEG come si concilia con quanto portato alla luce dalla Stampa? Come sa bene il consigliere comunale di Obiettivo civico, Luigi Camporesi, a volte sembra che il controllo pubblico non sia così evidente. “Ci sono stati rifiutati dei documenti contabili che avremmo avuto tutto il diritto di ottenere e si vuole andare in borsa. E se le considerazioni del dottor Ferri, già assessore e consulente del Tribunale, fossero corrette?”, ha detto in consiglio a metà ottobre. Così come in passato aveva sollevato il tema dei monopolisti degli allestimenti fieristici, altra pratica che poco si concilia col controllo pubblico.
Per ora, nel silenzio tombale nel quale è caduta la “bomba” sganciata da Torino, l’unica reazione è quella della Lega. “Oggi si è avuto conferma dell’esistenza di un “patto occulto” tra la maggioranza e una delle due forze di opposizione della legislatura 2006/2011 e 2011/2016 (la Lega non era presente in Consiglio) in forza del quale al PD andava la rappresentanza della Fiera e ad una parte della “finta” opposizione il commerciale della fiera e cioé gli appalti”, commenta Marzio Pecci a proposito dell’inchiesta della Stampa. “L’inchiesta effettuata dalla testata nazionale evidenzia come nella Fiera di Rimini si spenda in autonomia e vi sia un “sistema anomalo di acquisti” per cui i fornitori sono sempre gli stessi e ciò in violazione alle procedure interne. Altrettanto anomalo risulta poi il sistema di valutazione del personale che nonostante lo “scarso rendimento” del dirigente delle certificazioni, di quello dell’area internazionale, del legale e dell’ufficio acquisti tutti vengono premiati insieme a tutti i 180 dipendenti che si spartiscono un milione di euro cioè una media di € 5.555,00 euro a testa quasi quanto un pensionato sociale guadagna in un anno. Infine la parentopoli della Fiera in cui gli incarichi risulterebbero conferiti al fratello, al marito o alla moglie di questo o di quel responsabile, dimostrano come questo Ente meriti una approfondita indagine da parte dell’Ente proprietario che è il Comune di Rimini”. Dice Pecci che al presidente della Fiera vanno “riconosciuti grandi meriti”, ma ritiene che “nonostante il suo impegno la situazione gli sia sfuggita di mano e la “politica degli affari” di quell’opposizione cacciata dal Consiglio comunale in questa legislatura, continui ad imperare”. “Poichè la prossima quotazione in borsa non dovrà essere pregiudicata da questo sistema affaristico che grazie al coraggio di alcuni giornalisti della testata nazionale è venuto alla luce, anche se noi siamo convinti – e lo ripetiamo – si tratti di un conflitto tra Fiere e per questo se ne dovrà occupare anche il Presidente della regione, chiedo da subito che il presidente della Commissione di Controllo e garanzia del Comune di Rimini, Cristiano Mauri, convochi la Commissione con all’odg il tema di cui si discute e successivamente si svolga un dibattito in Consiglio comunale ove sarannno discussi i fatti sopra riportati insieme al Presidente ed all’attuale amministratore Delegato della Fiera di Rimini”.
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