L’Artrov: fa scuola in regione il baluardo della ristorazione ai tempi del Covid

L’Artrov: fa scuola in regione il baluardo della ristorazione ai tempi del Covid

I ristoranti che svolgono un servizio di "mensa aziendale" (indipendentemente dal codice ateco) possono rimanere aperti anche in zona arancione. Il chiarimento della Regione è di ieri. Ma in città c'è chi ha fatto da apripista sin dagli inizi della pandemia.

E’ di ieri il chiarimento fornito dalla Regione Emilia Romagna all’interno delle domande frequenti su Covid e dintorni. La sostanza è questa: i ristoranti che svolgono attività di mensa aziendale non sono soggetti alle limitazioni previste dalle norme in vigore per il contenimento alla diffusione del Covid. Possono quindi lavorare, a condizione ovviamente di garantire le norme di sicurezza (distanza interpersonale di almeno un metro e rispetto di protocolli o linee guida di settore). Mentre sulla materia hanno dormito sonni profondi i rappresentanti vecchi e nuovi della ristorazione, esultano invece i consiglieri regionali della Lega: «E’ una nostra vittoria. Da tempo chiediamo alla Regione Emilia Romagna di consentire la ristorazione a tutte le attività in possesso di convenzioni con aziende, a prescindere dai codici Ateco. Abbiamo pure scritto al Prefetto di Bologna, evidenziando una palese disparità di trattamento tra categorie e pure tra territori. Oggi, dopo mesi di proteste, la Regione ha aderito alla nostra impostazione: anche in zona arancione è consentita l’attività di ristoro (nel rispetto delle misure di prevenzione) purchè vi sia una convenzione aziendale per i dipendenti», ha commentato il consigliere regionale Michele Facci.
La notizia è di particolare interesse per Rimini e per una ragione molto semplice: c’è chi questa missione ha cominciato a svolgerla da tempo, sin da quando la nostra città è stata travolta dalla prima ondata della pandemia che ha portato alla chiusura di bar, ristoranti, negozi e attività varie. Quando il primo coprifuoco fece scendere il silenzio anche su Rimini, in zona stazione ad essere illuminato e attivo c’era solo lui, l’Artrov.
Ce ne siamo occupati più volte su Rimini 2.0 di questo locale che ha sfidato il degrado della zona, che non si è fatto scoraggiare da niente e da nessuno e che – come ci spiegò il titolare, Riccardo Bianchini – ha fornito, e continua a farlo, «anche un servizio sociale a una fascia di lavoratori che altrimenti non avrebbe. Pensi che gli autisti di Start Romagna o i ferrovieri che arrivano a Rimini non hanno neppure un posto dove andare in bagno. In stazione è chiuso. E dato che vengono qua per il servizio di mensa, giustamente utilizzano i nostri servizi igienici».

L’Artrov al tempo del coronavirus: bar, trattoria e… inno d’Italia

L’Artrov ha i codici Ateco giusti, oltre a tutte le autorizzazioni del caso, mentre adesso è sufficiente che un pubblico esercizio di somministrazione alimenti e bevande abbia «sottoscritto specifici contratti di ristorazione collettiva con le aziende». In caso di controlli da parte delle forze dell’ordine, «gli esercenti dovranno esibire la copia dei contratti sottoscritti con le aziende per i quali si svolge il servizio di ristorazione e l’elenco dei nominativi dei dipendenti dell’azienda beneficiari del servizio».
Che dire? Onore al merito dell’Artrov e dell’imprenditore che ci ha creduto, diventando rapidamente non solo un ristorante gettonato, ma anche un luogo accogliente e solidale, il “rifugio” sicuro per tutte quelle categorie di lavoratori (medici, forze dell’ordine, esercito, addetti al trasporto pubblico e tanto altro) che durante la pandemia hanno combattuto da subito e combattono ancora in prima linea, e insieme per le imprese del territorio che hanno trovato qui la loro “mensa aziendale”.

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