L’Emilia Romagna povera salvata dai comunisti (tormentone di Bonaccini) è un falso

L’Emilia Romagna povera salvata dai comunisti (tormentone di Bonaccini) è un falso

"Nel ’46 era tra le più povere d’Italia” ha detto colui che sarà con ogni probabilità il futuro segretario del Pd, e grazie ai compagni è oggi tra le più ricche d’Europa. Ma tutte e due le affermazioni non corrispondono a verità.

In una recente intervista al Corriere della Sera, Stefano Bonaccini, che quasi certamente diventerà il prossimo segretario del Partito Democratico, rivendica con orgoglio il suo passato di comunista emiliano e afferma: “Occhetto disse che dovevamo cambiare nome e simbolo (del Pci, ndr), pensai: finalmente. Il comunismo sovietico ha distrutto la libertà”, ma “i comunisti italiani hanno contribuito a liberare il Paese. E a fare dell’Emilia una regione tra le più ricche d’Europa, mentre nel ’46 era tra le più povere d’Italia”.
In queste affermazioni ci sono, dati alla mano, alcune falsità e alcune (mezze) verità. Vediamole.
Vero è che il comunismo sovietico ha distrutto la libertà. Si potrebbe aggiungere che ha massacrato o fatto massacrare milioni di persone (secondo alcuni testi storici, probabilmente esagerati ma non di tanto, 70 milioni di persone).
Vero che i comunisti italiani hanno contribuito a liberare il Paese. Apprezzabile che Bonaccini usi il termine “contribuito” perché è risaputo che il nostro Paese è stato liberato dalle forze alleate e che l’apporto militare delle brigate partigiane è stato molto limitato. Il contributo ideale e morale dei partigiani è stato invece fondamentale, tanto che la nostra Costituzione si basa su valori antifascisti.
Falso che i comunisti italiani abbiano fatto dell’Emilia (speriamo che Bonaccini parli dell’Emilia Romagna) una delle regioni più ricche d’Europa, mentre nel 1946 era tra le più povere.
Quest’ultima affermazione è un bel concentrato di errori e viene da chiedersi se Bonaccini, invece che all’Università, abbia preso lezioni di storia alla bocciofila di Campogalliano, dopo abbondanti libagioni, assieme ad altri comunisti emiliani.
La proposizione inizia con un’affermazione parzialmente vera. L’Emilia Romagna è tra le 20 regioni più ricche d’Europa, soprattutto perché dalla classifica sono state tolte le regioni della Gran Bretagna che hanno dominato per anni le statistiche Eurostat. Comunque siamo tutti orgogliosi di questo piazzamento. La regione europea più ricca è naturalmente l’Ile de France con un Pil di oltre 710.000 milioni di euro, seguono vari territori tedeschi con Pil più o meno dello stesso valore, poi, con il West Nederland scendiamo sotto i 500.000 milioni di euro di Pil. La prima delle regioni italiane è la Lombardia con 365.000 milioni di euro, seguita da Lazio e Veneto, quindi arriva l’Emilia Romagna con circa 150.000 milioni di Pil. I dati sono relativi al 2020, la fonte è l’Eurostat e la comparazione è un po’ complessa perché ogni nazione ha le sue suddivisioni amministrative e a livello statistico l’Unione Europea si basa sulle “unità territoriali statistiche” (denominate Nuts). Si possono prendere altre statistiche e altri numeri per far risultare altri aspetti, ma la sostanza è questa.
Ma veniamo alla ciccia, cioè che l’Emilia Romagna nel 1946 fosse una delle regioni più povere d’Italia e che solo la magnifica amministrazione comunista l’ha portata ad essere tra le regioni più ricche d’Europa. Analizziamo queste baggianate.
Le serie storiche dei dati del Pil forniti dall’Istat ci permettono di analizzare lo sviluppo delle varie regioni d’Italia dal 1871 ad oggi. Alcuni analisti hanno preso il Pil pro capite medio del nostro Paese e lo hanno fatto pari ad 1 e hanno usato questo parametro per i restanti anni. Bene; nel 1871 l’Emilia Romagna aveva un Pil pro capite di valore 0,96, leggermente di sotto alla media nazionale. Dieci anni dopo (1881) la nostra terra saliva all’1,08 e da quella data il Pil pro capite emiliano romagnolo è sempre stato superiore a quello medio italiano. Nel 1951 il nostro Pil valeva 1,12, nel 2011 è arrivato a 1,22. Cioè dal 1871 al 1951 il Pil pro capite emiliano romagnolo è cresciuto dello 0,16, negli anni dal secondo dopoguerra al 2011, cioè quelli delle sorti magnifiche e progressive della nostra regione, è cresciuto dello 0,10. Quindi non sembra avere avuto grande influenza il presunto contributo dei comunisti emiliani. Se paragoniamo questo valore di Pil pro capite con altre regioni, emerge come già nel 1951 l’Emilia Romagna avesse valori di Pil pro capite superiori ad una regione come il Veneto, a guida sostanzialmente democristiana e poi di centrodestra (tranne brevi pause), che dal 1951 al 2011 è cresciuta dello 0,17, cioè molto di più dell’Emilia Romagna “guidata” dai comunisti emiliani.
Non si capisce poi da dove Bonaccini estrapoli l’affermazione “i comunisti italiani hanno fatto dell’Emilia Romagna una delle regioni più ricche d’Europa” neppure dal punto di vista politico. Vero è che buona parte dei Comuni hanno avuto amministrazioni comuniste, non sempre monocolore, ma nella nostra regione ci sono stati Comuni amministrati dalla Dc, dai Repubblicani, dai Socialisti, dai Socialdemocratici ecc. ecc. La Regione, pur se prefigurata nell’immediato dopoguerra, fu istituita nel 1970 e anche in questo caso il Pci ha guidato con una giunta monocolore solo tre anni sui 52 di storia dell’istituzione. Certo, si è sempre trattato di giunte di sinistra, ma oltre ai comunisti c’era altra gente al governo, non del tutto ininfluente il contributo dei socialisti.
Quindi non è vero che nel 1946 l’Emilia Romagna fosse tra le regioni più povere d’Italia e non è vero che i comunisti l’hanno resa una delle regioni più ricche d’Europa.
La verità è che l’Emilia Romagna è sempre stata una terra ricca, dove l’operosità, la genialità, lo spirito imprenditoriale, le forme associative, cooperative ecc. ecc. hanno creato una fortunata combinazione, assieme alla conformazione del territorio e al suo clima, che ha reso questo triangolo, inserito nella più vasta pianura padana, una zona economicamente, culturalmente e socialmente sviluppata, pur tra alterne fortune.
Concludo con un piccolo promemoria per Bonaccini, solo per fargli capire che l’Emilia Romagna non è nata con i comunisti e non finirà con i comunisti.
187 a. C.: il console Mario Emilio Lepido inizia la costruzione della via Emilia che diventerà una delle principali strade dell’impero romano e del mondo occidentale. Sul suo percorso sorgono importantissime città. (La via Emilia non l’hanno costruita i comunisti, che non hanno creato queste città).
49 a. C.: Cesare passa il Rubicone e a Rimini (caput viarum) tiene il famoso discorso dell’“Alea iacta est”. (Cesare non sembra fosse comunista).
I secolo a.C.: Ottaviano Augusto sceglie Ravenna come porto principale della più grande flotta romana, da qui si accresce l’importanza di Ravenna (allora non governata da comunisti).
402 d.C.: Ravenna capitale dell’Impero Romano d’Occidente (impero non comunista).
VI secolo: l’imperatore Giustiniano (non iscritto al Pci) riconquista gran parte dei territori italici dell’Impero e Ravenna diventa sede dell’Esarcato (che non è parola comunista).
1076 d.C.: la grancontessa Matilde di Canossa è la protagonista di una delle principali vicende del Medioevo, significativo che una donna, nell’oscuro (per i cretini) Medioevo, abbia avuto un ruolo di primo piano politico nella diatriba che vide coinvolti il Papa e l’Imperatore (nessuno dei tre era comunista, Matilde è una delle grandi donne delle nostra terra, la gran parte di queste donne non è stata, non è e non sarà comunista).
1088 d.C.: fondazione dell’Università di Bologna (non fu fondata da comunisti, ci hanno insegnato e studiato anche dei non comunisti).
XII secolo: nascita dei liberi Comuni, sia in Emilia che in Romagna. Alcuni partecipano alla Lega Lombarda e combattono, da uomini liberi (non comunisti), contro l’Imperatore Federico Barbarossa (anche lui, forse, non comunista, ma la barba rossa è un inquietante indizio).
Dinastia degli Estensi: fanno delle città da loro governate i principali centri dell’Umanesimo e del Rinascimento (non del comunismo).
Repubblica Cispadana e Cisalpina: nascita del tricolore a Reggio Emilia nel 1796 (non è la bandiera rossa con falce e martello).
Stop: potremmo andare avanti per secoli.
Quando si sentono certe affermazioni si capiscono gli enormi problemi del Pd e il perché, giustamente, questo partito sia destinato all’estinzione. Bastava dire il contrario: “il partito comunista è stato capace, nel secondo dopoguerra, di inserirsi nella grande tradizione e nella grande storia di una delle principali regioni italiane e del mondo occidentale e grazie alle capacità dei suoi dirigenti è stato in grado di coltivare un’esperienza civica, culturale ed economica millenaria”. Ma non si può cavare sangue dalle rape comuniste.

Ps 1: come diceva il conte di Talleyrand “surtout, pas de zèle”.
Ps 2: la castroneria di Bonaccini fa il paio con quella del geniale Genny Sangiuliano, sedicente ministro della Cultura, che ha affermato che Dante è stato il fondatore del pensiero della destra italiana.

Fotografia: Stefano Bonaccini in uno scatto di Francesco Pierantoni, Fotoreporter Regione Emilia Romagna.

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