L’errore della Meloni sulla Bolkestein

L’errore della Meloni sulla Bolkestein

Il nodo è venuto al pettine, l'Europa non sta più a guardare e le ripercussioni anche sul Pnrr si fanno stringenti. Ma nemmeno il presidente Mattarella tace e acconsente come dimostra il suo "richiamo" al decreto Milleproroghe. Non si tratta di essere amico o nemico dei concessionari, ma di guardare avanti nell'interesse pubblico. La lettera di Sandro Baschetti.

Chi mastica di politica sa bene che il Pd, ma anche iL M5S, ormai fondano il loro consenso facendo direttamente riferimento a Sinistra, quindi non potevano continuare a difendere i bagnini, con gli stessi presupposti di una Santanchè qualsiasi, e questo significa aver tolto il coperchio alla pentola demanio, aprendo automaticamente lo spazio per confronti autentici non più rinviabili.
Ovvio che l’Europa non trovando più in Italia quel fronte unico che c’è stato fino ad oggi, ha più capacità di manovra e quindi di scelta, potendo anche farsi forte di una giurisprudenza italiana che avvalla in toto le scelte europee, senza contare che venendo meno a quell’accordo sulla concorrenza, prima di rifilarci le famose sanzioni, può bloccare a ragione i trasferimenti del Pnrr.
Del tutto evidente che se la Meloni intende resistere a tutto questo non parliamo più di una “disputa balneari”, ma di una intera politica meloniana che cambia a livello europeo, con le ovvie gravi ripercussioni economiche sul sistema Italia, che diventerebbe ridicolo agli occhi dei più, sapendo che tutto questo caos è stato creato per una difesa impossibile dei bagnini.
Va pure sottolineato che in questo modo non aiuta neppure i bagnini, perché tolto il suddetto cappello, un pò tutte le istituzioni italiane si sentono più forti per imporre il rispetto delle leggi vigenti, che significa in primis che i dirigenti che materialmente firmano le concessioni avranno sempre più difficoltà ad apporre il loro avvallo, anche e perché è del tutto evidente, sapendo come funziona la politica in Italia, che nei comuni governati dalla sinistra il bravo finisce per essere l’integerrimo dirigente che non firma.
A mio avviso la Meloni prima di tutto si scelga collaboratori che ne sanno di demanio e quindi anche di Codice della Navigazione, scoprirà così che il Codice afferma sin dal 1942 esattamente quello che è stato imposto dalla normativa europea, che poi sia stato volutamente disatteso è altro argomento che comunque non ci fa certamente onore.
Fatta questa precisazione, intelligenza vorrebbe che si concordasse un percorso con l’Europa, riconoscendo la fine dei contratti entro il 2023, spiegando al contempo all’Europa che per poter espletare i bandi servono almeno tre anni, a partire dal fatto di aver predisposto piani urbanistici per tutte le spiagge italiane, unitamente alle soluzioni di decine e decine di altri grandi questioni, per citare solo un caso si pensi al demanio marittimo portuale che necessita di grande attenzioni, in specie in presenza di maestranze.
Ovvio che per questo periodo le spiagge rimangono in capo agli attuali concessionari, ma solo in presenza di una richiesta che riconosce la piena disponibilità a liberare le aree nei tempi previsti nel contratto, magari rafforzata da apposita normativa da predisporre.
Proporre questa impostazione non significa essere amico o nemico dei concessionari, ma essere pragmatici, sapendo anche andare oltre la stessa transizione, che a mio avviso parte stabilendo in linea di principio che i lotti di gara non fanno riferimento a quello che c’è, ma a quello che serve sul piano della migliore offerta turistica possibile, così come previsto dallo stesso Codice della Navigazione, codificato nell’interesse pubblico, che viene prima, giustamente, dell’offerta del canone.
Una prassi che comprenda possibilmente anche coloro che in spiaggia intendono rimanerci, ma in qualità di imprenditori capaci di proporre soluzioni organizzative sinergiche con il resto del sistema turistico, vedi anzitutto il settore ricettivo.

Sandro Baschetti

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