Lettera: Isotta ha perso le ali

Lettera: Isotta ha perso le ali

L'Ala di Isotta non se la passa bene: il cornicione perde i pezzi, i paramenti murari sono sporchi, pieni di muschi ed erbacce, illeggibile la lapide. Si è speso tanto per opere pacchiane e di cattivo gusto all'esterno del Castello e per quelle che verranno, ma nulla per eliminare queste criticità.

Un contenitore di cose preziose è sempre all’altezza di ciò che accoglie al suo interno. Provate ad immaginare un orologio prezioso o un gioiello, e la cura che caratterizza l’involucro che li conserva.
Il nostro “contenitore” cittadino, proprio per questa regola, è tenuto in maniera consona a ciò che andrà ad avere al suo interno; un deposito di “ciaffi” felliniani. Nessun valore all’interno, nessuna cura all’esterno.

Dopo le varie deturpazioni operate all’esterno con i danari pubblici, ecco come si presenta la parte del “contenitore” detta, fino ad ora, Ala di Isotta, e dintorni, parte di quello che nella mente del suo ideatore diverrà un “museo internazionale”; così almeno recitano gli onnipresenti ottimistici cartelli reclamistici.
Paramenti murari sporchi, con segni di dilavamento di acqua piovana e smog, dato che anche i doccioni di evacuazione non sembrano nelle migliori condizioni. Poi la conseguente presenza diffusa di muschi e di erbacce incolte completano lo squallido quadretto.

Il cornicione invece non se la passa meglio, dato il distacco di alcune parti di calcestruzzo dovute alla carbonatazione del sottostante ferro di armatura che fa bella mostra di sé.

Infine la lapide che narra della fondazione del “contenitore”; sporca ed illeggibile e corrosa, quasi a volere nascondere che si tratti invece di un pregevole monumento storico Riminese e non solo. Lasciata da un grande del Rinascimento italiano a perenne memoria, che qualcuno vorrebbe – invano – ragguagliare.
Come già accennavo si è speso tanto per opere pacchiane e di cattivo gusto nell’intorno del “contenitore” e per quelle che verranno, ma non per eliminare queste criticità di carattere estetico, conservativo e strutturale, per cui un intervento costerebbe assai poco.

Ma tutto torna perché ciò ha una logica, un museo del nulla non abbisogna di siti ben manutenuti, e può anche risiedere laddove si è scientemente cancellata la vera identità. Un non luogo quindi, come purtroppo ce ne sono tanti, in cui si sacrificherà la storia a vantaggio di una distorta visione della cultura. E si eviti di ripetere che prima c’erano solo parcheggi, asfalto e mercato pubblico, perché l’alternativa a quello non era solo il trionfo imperante del kitsch. Ma altre pregevoli idonee soluzioni, veramente in grado di rilanciare un turismo colto e di qualità, di cui la città non è manchevole dei giusti personaggi che potevano dare un contributo in tal senso, annichiliti da una tuttologia arrogante.

Salvatore de Vita

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