Lettera: “l’inutile Casa dei matrimoni”

Lettera: “l’inutile Casa dei matrimoni”

Poco utilizzata e costata parecchio, già mostra i primi acciacchi.

Cosa si può fare avendo a disposizione circa 220.000 euro? Molto, veramente tanto. Ma se non date valore al denaro, perché non è il vostro, allora potete spenderli malamente costruendo un’inutile casa dei matrimoni.
Tanto è costato allora quel casottino poco più grande di un ripostiglio presente in Piazzale Boscovich che, nella mente di colui o coloro che l’hanno ideato, doveva essere la solita grande innovazione nel quadro di un futuro turistico radioso mai avvenuto. Frutto di una visione che di fatto ha visto inseguire idee decotte arrancando con non poca fatica, piuttosto che inventarle o anticiparle.
A tal proposito nel sito istituzionale dell’Amministrazione comunale, si legge tuttora: “Una disponibilità che ora con l’istituzione della “Casa dei Matrimoni” si amplia, venendo incontro alle richieste che, numerose, giungono sia da parte delle coppie residenti che provenienti da altri comuni o addirittura dall’estero, interessate proprio alla possibilità di poter effettuare la celebrazione in prossimità della spiaggia.” Inoltre: “… uno spazio che accanto a quella dei matrimoni manterrà una vocazione polivalente dedicato anche alle attività turistiche, culturali, sociali della città.” Quali?
Al contrario, dal momento della sua costruzione ad oggi, non solo ha visto rari matrimoni, figuriamoci poi quelli provenienti dall’estero! Ma men che meno attività di altro genere come quelle dichiarate; chiacchiere sul nulla quindi frutto del solito modo di operare. E neppure il Rimini Wedding Destination, circuito dal nome inventato per cercare di dare un’aura internazionale ad aspetti scontati e provinciali, poté. Un sonoro fallimento pertanto.

Inutile e dispendiosa al pari di tante altre opere realizzate specie nell’ultimo decennio in cui si è vista la grande facilità di spesa di denari pubblici, a scapito della qualità dei risultati.
Eppure prima in quel luogo esisteva quella che era stata dichiarata l’unica libreria in riva al mare in Italia, il famoso tendone dei libri. Quella sì che era una struttura utile, punto di incontro di tanti riminesi e in cui d’estate si tenevano anche eventi culturali partecipati con autori letterari. Ma evidentemente ciò contrastava con i progetti vacui e chiassosi dell’amministrazione cittadina della rinascita.
Ma torniamo a quel casottino. “Utile” a chi nottetempo dorme sulla pedana, al deposito di sabbia dopo ogni ovvia e frequente manifestazione temporalesca, ed alla nascita di erbette spontanee; la mancanza di manutenzione di cui le vetrate imbrattate sono testimoni, completano il triste abbandono della struttura in una zona tre le più suggestive della città.
Infine l’attenzione dei professionisti del degrado, che a Rimini vanta una nutrita e qualificata costante presenza marcando il territorio con stupide scritte, fa intravvedere una nuova destinazione legata al loro alacre operato.
Un’altra perla da aggiungere alla collana delle genialità che dovevano rilanciare Rimini, e testimone parlante dei tanti fallimenti inanellati a riguardo.

Salvatore de Vita

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