L’intellettuale celeste contro Rimini 2.0: chi vincerà?

L’intellettuale celeste contro Rimini 2.0: chi vincerà?

Giovanardi se la piglia con noi, per lo spazio che abbiamo dato alle teorie di Magnani. Al posto di studiare, ci sfottono. Questione di metodo. Noi non siamo storici dell’arte, non abbiamo la bulimia dell’ego: diamo voce alle denunce dei lettori.

Tra la luna e la cacca, ovvero, l’ironia degli schifiltosi
Anche gli intellettuali, se punti nel loro piccolo, s’incazzano. Alessandro Giovanardi, già factotum culturale della Fondazione Carim, non ha gradito lo spazio che abbiamo riservato a Riccardo Magnani, lo studioso che sullo sfondo dell’opera di Piero della Francesca al Tempio Malatestiano non vede un semplice tracollo del colore, ma la mappa degli Stati Uniti d’America. “Cari Amici, non è mio costume indulgere in questo genere di futili polemiche”, attacca l’intellettuale con le ali ai piedi, scendendo dall’empireo dei saggi all’agone dei social. A dire di Giovanardi le ipotesi di Magnani sono “una sorta di Codice Da Vinci […] in forma di delirio storico/complottistico”. Sicuramente ha ragione Giovanardi – ma perché al posto di offendere il prossimo, cosa poco cristiana, non si limita a fornire ragionevoli dati scientifici, visto che ci sono, ci saranno? – ma il punto non è questo. Giovanardi, infatti, dietro lo schermo di Cristo e Platone – e chi può dire qualcosa contro Cristo e Platone? – che “avevano il pallino della Verità, non delle opinioni”, proprio come lui, intellettuale celeste, ci mostra la luna ignorando la cacca tra i suoi piedi. La cacca, sia chiaro, è il qui scrivente, “qualche bravo giornalista che dà voce e spazio agli oppressi”, così mi definisce l’aureo, con l’ironia degli schifiltosi – noto di striscio che la sottile allusione alla Voce di Romagna è francamente vergognosa, vista la fine che hanno fatto i giornalisti che lì hanno lavorato, a seguito di un doppio fallimento. La cacca, dicevo, sta nel metodo non nel modo, sta nel manico che Giovanardi si limita a ciurlare. Ora mi spiego.

Allo studio preferiscono l’arte del pubblico sfottò
Riccardo Magnani si è presentato a questa testata sfoggiando una cultura puntigliosa. Solo dati enciclopedici propalati a casaccio? Possibile. Io sono un mero giornalista, un idiota. Il giornalista dà voce a una denuncia perché altri, più seri di studi, al posto di sfottere mettano sostanza. Magnani – che a volerlo ascoltare avrebbe avuto cose interessanti da dire anche sul padre di Sigismondo, Pandolfo III Malatesta, riguardo agli anni della conquista di Lecco – ha denunciato una cosa semplice, semplice: in Comune non sono stati in grado di controbattere le sue tesi. Non l’hanno preso sul serio. Punto. Ecco, la questione di metodo. Io non credo di avere la verità infusa, non sono Cristo né Platone. Se uno mi dice che vede i draghi in cielo, guardo, mi informo, studio. Il discorso di Magnani sul Malatesta – lungi da me difendere le sue tesi: non m’interessa, non ne sono in grado, lo ripeto – ha il pregio di ragionare su tre cose che mi paiono interessanti in assoluto:
*il ruolo di Giorgio Gemisto Pletone e del Concilio di Basilea, Ferrara e Firenze nella cultura di Sigismondo Pandolfo Malatesta;
*l’attrito tra il potere della nobiltà militare dei Malatesta contro l’egida papale – Pio II, come si sa, riteneva Sigismondo il Lancillotto del diavolo e il Tempio Malatestiano un antro di streghe, lo sfintere di Belzebù;
*i rapporti che legano Sigismondo all’Est, tra la guerra in Morea e l’epistola inviata a Maometto II.
Questi sono punti cocenti. Il resto m’importa poco, sarà pure roba da Codice da Vinci, almeno Dan Brown è più divertente di una pallosissima lezione del celestiale Giovanardi.

Pulini è bravo&buono. Un principe azzurro in mezzo ai rospi
Torniamo, però, alla questione del metodo. Giovanardi, titillato nell’orgoglio, si ribella e difende l’opera ‘culturale’ del Comune di Rimini. Te credo: basta leggere l’“Elenco degli incarichi di collaborazione, di studio, di ricerca o di consulenza” per farsi una idea di tale ciclopica fedeltà. Nel 2016 Alessandro Giovanardi è stato foraggiato dall’amministrazione pubblica sia come curatore di mostre – per la Biennale del Disegno – con 1.500 euro, sia come “componente della Commissione per la Qualità Architettonica ed il Paesaggio”, per un totale di 4.814 euro. In tutto, 6.314 euro, che per noi cretini senza padrini né padroni son soldi. Giovanardi, poi, ricambia invitando reiteratamente a ‘I Maestri e il Tempo’, la bella – lo sottolineo con l’evidenziatore – rassegna curata dalla Fondazione Carim, l’Assessore ‘alle arti’ Massimo Pulini – quest’anno è capitato il 7 aprile; nel 2016 era il 6 maggio; nel 2015, in duo con Giovanardi, il 27 febbraio, discettarono di Benedetto Coda; nel 2014 Pulini in solo parlò di Cagnacci; nel 2013 del Guercino, ancora, possibile che non ci siano mai altri da invitare? Ora, per fugare ulteriori illazioni – dato che i politici e gli intellettuali alati ci marciano con il personalismo, essendo privi di sostanza terrena – ri-sottolineo: Pulini è un bravo artista, un ottimo storico dell’arte, a Rimini ha avuto il merito, almeno, di aprire una galleria d’arte in centro, la Far. Quanto al resto – ma questa, non essendo né Cristo né Platone, è pura opinione – Pulini a Rimini è come il principe azzurro nella palude abitata dai rospi. C’entra poco. Agisce come un direttore artistico – che fa figo – e non come un amministratore pubblico – che è roba brutta&sporca, vuol dire dar spazio agli altri, vuol dire servire i cittadini.

Pound e Hemingway alla corte del Malatesta
Torniamo, ancora, alla questione di metodo. Non si capisce perché gli intellettuali paradisiaci si scaldino e sentano l’urgenza di scaldarsi al tepore dei social quando si solletica il loro ego, ma non rispondano mai sul punto. Il punto, chiamiamolo pure il punto G della Giunta Gnassi II, è Ezra Pound. Come ho lottato perché qualcuno nell’happy hour di Palazzo Garampi si filasse i 500 anni dalla morte di Giovanni Bellini, così non mollo finché, per civica decenza, non si edifichi, almeno, un Centro studi su Pound. Perché? Perché Pound è importante. Anzi, è decisivo. Piccolo esempio. Negli Usa è appena uscita una biografia su Ernest Hemingway, l’ha scritta per Knopf la studiosa Mary V. Dearborn. Se v’interessa, ne ho scritto per il Giornale, così capite di cosa parlo (qui). Beh, una bella fetta della biografia – son 750 pagine in totale – è dedicata a Ezra Pound, che “Hemingway considerava un maestro, l’artista che gli ha insegnato a scrivere”. In particolare, la biografa si sofferma sulla gita di Hemingway a Rapallo, “dove Ezra Pound viveva con la moglie, Dorothy, e stava scrivendo i cantos dedicati a Sigismondo Malatesta, il mecenate del Rinascimento e soldato di ventura. Pound stimolò Ernest ad andare a Rapallo per aiutarlo a trovare altri dati e altre notizie sul Malatesta”. Bello sketch: il più influente scrittore del Novecento e il più influente poeta del Novecento baloccano intorno a Sigismondo. Ecco, più che fiondarsi in polemiche sterili, prima di fare la pernacchia alla libera stampa, che l’illuminato intellettuale torni ad abbronzarsi al sole della sapienza, torni a studiare, è meglio.

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