«Livelli anomali di lavoro irregolare, nel turismo bisogna attrarre spesa di qualità»

«Livelli anomali di lavoro irregolare, nel turismo bisogna attrarre spesa di qualità»

"Non è vero che solo i grandi numeri del turismo balneare possono, per definizione, produrre ricchezza". Occorre "restituire la giusta dignità al fattore produttivo "lavoro" nel dibattito pubblico e nelle politiche strategiche del turismo". E sulla scelta dei progetti sui quali spendere i fondi Pnrr: "Serve un confronto "strutturato e costante" tra le Amministrazioni pubbliche e gli attori del territorio". Parlano Isabella Pavolucci, segretario generale della Cgil di Rimini e Mirco Botteghi, segretario generale Filcams.

Siamo alla vigilia di una nuova stagione turistica piena di incertezze determinate dai due ben noti fattori legati alla pandemia e alla guerra portata dalla Russia in Ucraina, che aggravano enormemente una situazione che rosea non era nemmeno in precedenza. Partiamo proprio da qui: quali sono le zavorre che pesano sul turismo riminese e più in generale sull’economia del territorio e cosa è lecito aspettarsi considerate le contingenze attuali.
La pandemia e il conflitto in Ucraina hanno fatto emergere con maggiore forza le innumerevoli disuguaglianze e fragilità sociali, economiche e democratiche a livello globale che, va detto, erano preesistenti a tali avvenimenti; contesto dal quale il nostro territorio non è esente.
I tagli alla spesa pubblica perpetrati negli anni dai diversi Governi che si sono succeduti e che hanno depotenziato in primis la Sanità e la Scuola stanno dimostrando la poca lungimiranza e la scelleratezza di tali decisioni.
Per la CGIL occorre un intervento pubblico in economia per definire una nuova politica industriale, basata su programmazione e su investimenti pubblici a medio e lungo termine. Politica degli investimenti che nel settore del turismo nel territorio non ha prevalso rispetto alla logica della rendita e che pertanto ci consegna ancora oggi un sistema turistico improntato sul concetto di “sfruttamento” del territorio sotto diversi punti di vista, a partire dalla non valorizzazione del lavoro e delle competenze; un modello ancora lontano dall’idea di impresa e di sistema che come CGIL da tempo chiediamo. Investimenti che, in tutti i settori produttivi del territorio, riteniamo al contrario dovranno puntare sempre di più a criteri di innovazione e sostenibilità sociale ed ambientale anche alla luce dei processi in atto a partire dal tema della transizione ecologica.
Per quanto riguarda le conseguenze delle attuali contingenze è francamente complicato fare previsioni; va detto che attualmente le stime della Camera di Commercio della Romagna per l’anno 2022 prevedono un +3,7% di valore aggiunto, con alcuni macrosettori trainanti, ad esempio quello delle costruzioni (+6,8%) e servizi (+3,7%) ed export (+6,5%).

Come vedete il tema del lavoro, dei salari e della occupazione a Rimini. L’impressione è che l’economia riminese tenda ad impoverirsi e che tutto sia abbastanza fermo a partire dalla riqualificazione alberghiera, dalle colonie, dall’aeroporto. Anche su questo filone, già prima della pandemia Rimini spiccava in negativo: cosa bisognerebbe fare per cambiare rotta? In occasione della recente manifestazione che nella nostra città si è svolta al parco Fellini, lo slogan dei sindacati è stato: “Rilanciamo il turismo, tuteliamo il lavoro, proteggiamo il nostro patrimonio insieme”. In sintesi, quali sono le richieste?
Innanzitutto una richiesta fondamentale: restituire la giusta dignità al fattore produttivo “lavoro” nel dibattito pubblico e nelle politiche strategiche del turismo. In secondo luogo: migliorare la qualità del reddito nel settore.
Sul primo punto: va superata la concezione per la quale fare turismo e creare occasioni d’impresa sia di per sé sufficiente a dare risposte adeguate all’esigenza di occupazione di un territorio. Non basta sostenere le imprese per sostenere chi ci lavora: si tratta di un salto culturale non indifferente.
Sul secondo punto: va sostenuta coralmente dal territorio una riforma dell’indennità di disoccupazione stagionale del turismo legata a specifiche politiche attive del lavoro che contribuisca a restituire appetibilità – in termini occupazionali – al settore. Va garantito buon reddito in estate, continuità dello stesso in inverno e formazione permanente in un sistema ben governato che sappia mettere in positiva corrispondenza domanda e offerta di lavoro. Tutto ciò deve garantire anche un migliore trattamento contributivo perché altrimenti il sistema della Naspi, applicato ai lavoratori stagionali del turismo, non garantirà pensioni. Da ultimo, sempre in tema di qualità del reddito: non è la Filcams CGIL che dice che il settore del turismo è interessato da livelli anomali di lavoro irregolare, ma i dati periodici dell’Ispettorato Nazionale del lavoro. Tutti assumano seriamente la questione cessando ogni banalizzazione. A livello nazionale il Ministro Orlando sta avviando un percorso, nell’ambito degli impegni legati al PNRR, per sradicare questa piaga; ovviamente valuteremo alla fine di tale percorso le misure intraprese.
Infine, non è continuando a dire (più o meno esplicitamente) che la gente è diventata vagabonda, che si avvicinano le persone al lavoro nel turismo e smettiamola una volta per tutte di ripetere che è il reddito di cittadinanza l’origine di tutti i mali del mercato del lavoro! I dati ufficiali – ancora una volta non la Filcams CGIL – dicono il contrario.

A proposito della occasione d’oro dei fondi del PNRR per mettere in campo progetti di lungo respiro: vi sembra che gli interventi sui quali si è deciso di investire siano stati scelti con lungimiranza oppure si sia puntato su progetti di ordinaria amministrazione? E ritenete che un confronto fra amministrazioni pubbliche e “attori” del territorio per condividere le priorità sarebbe potuta essere una strada da seguire?
Non conosciamo la totalità degli investimenti ad oggi attuati da tutti i Comuni rispetto alle opportunità del PNRR e pertanto non siamo in grado di dare un giudizio complessivo.
Il confronto “strutturato e costante” tra le Amministrazioni pubbliche e gli attori del territorio per condividere le priorità di sviluppo è la chiave di volta per ridisegnare il contesto economico, produttivo e sociale nell’ottica del contrasto alle disuguaglianze e al disagio sociale, quale leva per una vera redistribuzione della ricchezza e a difesa delle pari opportunità.
Proprio per questo la CGIL di Rimini nell’ottobre del 2020 ha elaborato il proprio Piano del Lavoro; un documento di analisi e proposte per un nuovo modello di sviluppo del territorio. Una elaborazione che proponeva la costituzione di una Agenzia per lo Sviluppo Territoriale, un luogo di confronto politico in grado di progettare e orientare lo sviluppo; documento sul quale abbiamo pubblicamente e reiteratamente chiesto di avviare una discussione.
L’avvio nella primavera del 2021 del tavolo per la definizione del Patto Provinciale per il Clima ed il Lavoro che sabato 12 marzo vedrà la sua presentazione ufficiale, possiamo dichiarare che ha di fatto raccolto la proposta da noi avanzata nel Piano del Lavoro della CGIL. Il Patto Provinciale infatti, oltre ad aver visto confrontarsi per oltre un anno tutti i soggetti del territorio in un esercizio costruttivo del tutto inedito, ha altresì analizzato e sintetizzato tutti i temi alla base del rilancio e dello sviluppo del territorio. Un documento complesso ed articolato che da “domani” sarà declinato con progetti concreti sulla base delle priorità individuate.

Ieri, 10 marzo, è stato organizzato un incontro pubblico aperto a tutti, promosso da Mauro Santinato, per fare quello che ormai non fa quasi più nessuno, cioè “confrontarsi sul turismo, sul modello di ospitalità riminese, sulle problematiche del presente e sulle opportunità per il futuro. Per capire insieme come conferire nuovo appeal alla destinazione”. La domanda di fondo è la seguente: “quale futuro per il turismo a Rimini? Ci crediamo ancora?”. Voi cosa rispondete…
Sosteniamo un modello di turismo dove la qualità dell’offerta turistica non coincide e non si esaurisce nei soli numeri. Bisogna puntare ad attrarre spesa di qualità nel turismo e questo lo si può fare uscendo dal paradigma per il quale solo i grandi numeri del turismo balneare possono, per definizione, produrre ricchezza.
Certo, il turismo di massa che fonda la sua attrattività su mare sole e spiaggia ha rappresentato e rappresenta un aspetto rilevante, fondativo dell’offerta turistica territoriale, ma bisogna continuare sulla strada della diversificazione. Abbiamo poli fieristici e congressuali di eccellenza sui quali bisogna continuare a investire, così come nel turismo sportivo, in quello legato alla salute e benessere, culturale, ambientale ed enogastronomico. Ci sono infine amplissimi margini di miglioramento sul tema dell’accessibilità del territorio e della sua messa a sistema con il turismo mediante investimenti infrastrutturali; si tratta di una scelta strategica non più rinviabile. Tutto ciò traina la destagionalizzazione, che resta un orizzonte al quale bisogna guardare per tenere alta la qualità dell’offerta turistica e della conseguente economia territoriale. Un turismo di qualità con numeri diversi potrebbe determinare una modifica della struttura dell’occupazione e del tessuto imprenditoriale.

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