Lotto per te, e poco poco anche per me

Lotto per te, e poco poco anche per me

Gnassi ha fatto diventare Rimini la migliore città del mondo e adesso la lascia. Questa non ci voleva. E forse anche lui prima di partire per Roma avrebbe dovuto pensarci bene, e mettersi in proprio a lavorare nella culla del rinascimento italiano. Perché non lo ha fatto?

Andrea Gnassi è nato per fare politica. E’ nato politico. La sua è la politica della foglia di carciofo (se pensate sia una boutade andatevi a leggere il “Dizionario moderno” di Alfredo Panzini). Come del carciofo si mangia una foglia alla volta, poco a poco è riuscito a divorare tutti i gradini della politica: dal consiglio comunale, da giovanissimo, alla Provincia, alla Regione ed ora pregusta già la Camera dei deputati. Roma ladrona. Assessore e poi sindaco. Quindi onorevole. Ma mai porre limiti alla provvidenza.
E’ il mestiere che sa fare bene. “Mestiere” e “fare bene” sono naturalmente da intendersi in rapporto ai tempi che viviamo, nei quali Matteo Renzi (è solo un esempio, purtroppo c’è l’imbarazzo della scelta) è potuto apparire come uno statista. Ma saper fare politica non significa affatto saper amministrare bene, cioè riuscire a mettere in fila scelte intelligenti, lungimiranti, capaci di innescare la crescita (turistica nel caso di Rimini) vera di una città.
Sono due cose diverse, fare politica e ben amministrare, ben governare. E’ pieno di nullafacenti che fanno politica ma voi dareste  il vostro rotolo di carta igienica in mano a costoro? Forse nemmeno quello e allora figurarsi le chiavi di una città e di una nazione.
Gnassi però è diverso. Un rotolo di carta igienica riesce ad immaginarlo e a “venderlo” (si chiama marketing) come la carta da parati più lussuosa del mondo, quella che esce dal laboratorio de Gournay di Shanghai. Non ha rivali nel marketing. Se messo a confronto con quelli che l’hanno preceduto a Roma, Tiziano Arlotti e Sergio Pizzolante, li divora in un sol boccone.
Andrea Gnassi non ha mica deciso di mettersi a fare l’imprenditore nella Rimini che lui ha reso, così dice, splendida, unica, invidiata da tutti. Rinascimentale. Mica fesso. Dopo aver confezionato la Rimini a suo dire ideale, ha deciso di andare in trasferta a Roma. Per fare politica, ovviamente.

O bella Rimini ciao, bella ciao
Bella ciao ciao ciao
O parlamento portami via
Che mi sento di morir

Ce lo lascia tutto con piacere il paradiso terrestre che da novello Signore di Rimini ha creato fra piazza Malatesta e il parco del mare. Godeteveli voi questi successi galattici davanti ai quali tutte le capitali del mondo sbavano, sembra dirci con quel sorrisetto furbo capace di accarezzare la voluttà dell’elettore inebetito in balìa del bombardamento elettorale. Io «lotto per te», ci assicura, però a Montecitorio, perché a Rimini non poteva più vivere di politica.
Rimaneteci voi a lavorare nella Rimini da cartolina che dal punto di vista dei fondamentali economici e della vivibilità urbana (parcheggi, sicurezza, mobilità) se la passa peggio di Forlì (ma anche Cesena e Ravenna, per non parlare di Bologna). Non è un assist a Jacopone da Forlì, che non ha mai amministrato a Forlì, ma un dato di realtà.
Fai una croce sul mio nome, pare ci dica con quella baldanza un po’ pataca, e il paradiso terrestre te lo creo in tutto lo Stivale. Dopo Rimini l’Italia, poi chissà, l’Europa, …anche in America fra poco dovranno eleggere il nuovo comandante in capo e non si sa mai che non abbiano bisogno di Andrea Gnassi, gli yankee.
Uno così è un grande. Già lo si sapeva ma oggi, dopo aver letto l’intervista che gli ha confezionato Carlo Andrea Barnabè sul Carlino, lo si è capito benissimo.
Osservate l’incedere svelto, sicuro, scaltro, e gli obiettivi modellati per l’occorrenza. Randella Morrone: «La verità è che noi stiamo già lavorando per fare ripartire l’Italia, spendendo a Rimini i soldi del Pnrr in asili e progetti. Loro invece non sanno neppure dov’è Santa Giustina». L’analisi del periodo non è semplice, ma dice tutto del personaggio. Anzitutto, Gnassi sa di pigiare un tasto molto sensibile anche per quell’elettorato di centrodestra che non ama Morrone. Ma quando dice «noi stiamo già lavorando per fare ripartire l’Italia» a chi si riferirà. Noi chi? Boh!
«Noi», speriamo che le camionate di milioni che ha rovesciato nel museo Fellini e nel parco del mare e nel piano delle fogne possano un giorno o l’altro rialzare Rimini dal livello bassissimo in cui è precipitato il turismo. Sempre più povero, sempre più carente di strutture ricettive moderne, sempre più coatto, sempre meno remunerativo.
«Noi», se è inteso come modus amministrativo che è stato visto in azione a Rimini nel decennio di Gnassi, dovremo mettere a disposizione dei turisti elicotteri per raggiungere gli hotel in prima linea (altroché Metromare) perché abbiamo prima pedonalizzato e poi ci siamo accorti che mancavano i parcheggi.
«Noi», che abbiamo riversato ormai duecento milioni di euro per ripulire gli scarichi fognari, nell’estate appena conclusa siamo saliti alla ribalta delle cronache per i bagni vietati causa escherichia coli, cioè merda in mare.
«Noi», da cinquant’anni parliamo di un nuovo futuro delle colonie mentre la Novarese torna nel limbo dopo le promesse di trasformarla in qualcosa di nuovo. La Murri, come sempre, non pervenuta.
«Noi», ci siamo giocati per sempre la possibilità di presentarci al mondo, e in particolare ai turisti europei, asiatici e americani, con il fossato riaperto di Castelsismondo, tesoro gigantesco sepolto sotto strati di cemento armato e fontanelle kitsch.
«Noi», che avevamo un aeroporto.
«Noi», che abbiamo costruito la più grande questura forse mai edificata, e poi l’abbiamo lasciata marcire e naturalmente è tutta colpa di Salvini.
Ancora un passaggio dell’intervista. Domanda: sul parco eolico ha cambiato idea? «L’obiettivo è l’autosufficienza energetica della Romagna. Significa puntare sul fotovoltaico e su impianti eolici moderni a 14-19 miglia dalla costa, fuori dall’orizzonte visivo con una tecnologia che sfrutti anche il moto ondoso». L’autosufficienza della Romagna? La Romagna che non è Rimini ci sta pensando da sé e ben prima di Rimini. Quattordici o diciannove? I numeri girano come le pale. Tanto chi ci capisce qualcosa! Pochi giorni fa aveva detto quattordici e Franco Fregni ha documentato su questo sito che «a 14 miglia non vediamo un oggetto se questo è alto 30 metri, le pale sono alte sette volte tanto».
Seconda domanda: ma non era contrario [al parco eolico]? «A un parco eolico sotto costa e superato. Proponiamo invece una legge che permette a chi produce energia di utilizzarla nel proprio territorio tagliando i costi delle bollette. Questo è il federalismo vero non slogan dimenticati appena giunti a Roma». Una legge? Campa cavallo. Intanto il parco eolico va avanti e visto che il Pd ha cambiato idea (sulla base di cosa?) verrà fatto, legge o non legge.
Per continuare a fare politica si battezza anche «federalista», come un Umberto Bossi della prima ora, e infatti, com’è noto, il federalista cresce da sempre rigoglioso, come il pleurotus ostreatus nella fungaia, nell’humus della sinistra italiana.
Altra domanda: Gnassi, si è messo a fare il leghista? «Federalista semmai. Se vado in Parlamento è per portare le istanze di Rimini e della Romagna». Questa di voler portare la Romagna a Roma è la più bella perché non si sa chi e quando l’abbia investito di tale missione. C’è il sospetto che i forlivesi, i cesenati, i ravennati, a Roma ci vogliono mandare i loro, non il sindaco che fino a quando era a palazzo Garampi diceva orgoglioso «io sono di Rimini» e non «io sono della Romagna».
E quindi cosa porterà a Roma? «Io penso a come risolvere il problema della carenza di acqua, che da qui a qualche anno sarà un problema enorme. Stiamo già lavorando a un secondo invaso della Romagna» ha spiegato al Carlino. Il secondo che? Per ora l’acqua depurata a S. Giustina continua a finire in mare, a Rimini, e il Cer (canale emiliano romagnolo) è fermo a Bellaria.
Gran finale (dell’intervista). Domanda: il suo partito ha trasformato la sfida riminese in un ring nazionale. Fardello pesante. Risposta: «Sento il peso e l’onore. Lotto per la mia terra, non per un leader. Ci ho messo la faccia e il nome. Su quello chiedo di fare una croce sopra».
Anche se faccia e nome li ha messi su un posto “blindato”, applausi! Rimini è in una botte di ferro. Roma non ne parliamo. L’Italia risorgerà. Romagna mia, invece, la mia serenata io canto per te.

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