Nando Fabbri vola in difesa di Gnassi contro Rimondini

Nando Fabbri vola in difesa di Gnassi contro Rimondini

«C’è chi vorrebbe monumentalizzare Castel Sismondo seguendo la tradizione attraverso le tracce, evidenti del Brunelleschi, e le possibili connessioni, di fattura riminese, con le idee, il lavoro e gli scritti di Leon Battista Alberti; e c’è chi, invece, vuole legare queste robuste spalle identitarie sulle quali siamo seduti al coraggio della sperimentazione e dell’innovazione». La lettera dell'ex presidente della Provincia sulla querelle del momento.

Non si può rimanere indifferenti davanti alla “singolar tenzone” che il nostro professor Giovanni Rimondini ha iniziato contro Gnassi. Un duello poco accademico, talmente pieno d’astio che annebbia ogni ragionevole discorso in un crescendo di accuse che non lasciano spazio né al rispetto delle persone, né alle diverse, normali, valutazioni di merito.

Dico perciò la mia, da semplice piccolo spettatore, che pur abitando a Bellaria si sente totalmente riminese, non solo perché lavoro da anni in questa bellissima città, ma perché per tre lustri ho rappresentato degnamente questo territorio prima come consigliere regionale, presidente della commissione cultura e turismo, e poi come presidente della provincia.

Quando uso il termine “degnamente” lo dico per i fatti prodotti dall’attività amministrativa suffragati dal consenso diretto dei cittadini che mi hanno sostenuto prima verso Bologna, nelle elezione del 1995, con una percentuale di voti fra le più alte della regione e poi in provincia, arrivando nel 2004, ad avere circa il 60% dei consensi. Evidenzio questo non per compiacermi ma per evitare di essere considerato “dopo lo sfascio del PCI e della sua direzione centrale….. un altro di quei vermi sorti al posto del segretario generale” tanto per rimanere nel solco della prosa forbita del nostro professor Gianni (per gli amici) Rimondini.

Dunque, da riminese, che ha avuto qualche responsabilità pubblica, come detto, dico la mia.

Vorrei subito rassicurare che Filippo Brunelleschi è conosciuto, probabilmente, anche da chi fa politica. Che ne dice professore? Non solo perché lo si studia già in terza media a proposito del Rinascimento, della prospettiva, della cupola del duomo di Firenze e così via, ma anche perché a Rimini, come lei ha più volte sottolineato, apprezzare il ruolo primario di Brunelleschi nella costruzione di Castel Sismondo è atto dovuto e necessario. Lo hanno chiarito gli Atti del convegno internazionale di studi tenuto a Rimini nel settembre 2002, promosso dalla Fondazione Carim, che ho avuto il piacere di sfogliare e leggere. E l’aveva ben chiaro il coevo Antonio Manetti che, nella sua “Vita di Filippo Brunelleschi”, scrive a proposito del grande architetto fiorentino: “Edificò uno castello, foteza mirabile al signore Gismondo di Rimino”.

Se sul ruolo di Brunelleschi siamo d’accordo pure noi inguaribili ignoranti che facciamo o abbiamo fatto gli amministratori pubblici, dunque, qual è il punto del contendere che fa nascere tanta acrimonia e numerosi insulti? E ancora, perché si polemizza così aspramente solo ora che finalmente qualcosa di importante si è mosso, quando invece, prima, il Castello era circondato da centinaia di auto in sosta, dalle tende degli ambulanti, e dalla schiera di utenti a prostata ingrossata che consideravano quello spazio “perduto” un vespasiano a cielo aperto?

E’ venuto il dubbio ad alcuni che il punto del contendere sia da riferirsi ad antipatia o simpatia negata, o all’autorevolezza dello storico che può essere stata trascurata. Troppo semplice. Il nodo è invece tutto dentro alla contrapposizione di due visioni: c’è chi vorrebbe monumentalizzare Castel Sismondo seguendo la tradizione attraverso le tracce, evidenti del Brunelleschi, e le possibili connessioni, di fattura riminese, con le idee, il lavoro e gli scritti di Leon Battista Alberti; e c’è chi, invece, vuole legare queste robuste spalle identitarie sulle quali siamo seduti al coraggio della sperimentazione e dell’innovazione.

Il sindaco Gnassi ha scelto questa seconda strada con ulteriori connessioni che avvolgono in un’unica storia il cammino della città. Sì: da Brunelleschi a Fellini. Certo! Grazie sindaco.

Il professor Rimondini è stato uno dei fondatori dell’Associazione Rimini Città d’Arte e protagonista della giusta battaglia per il ripristino filologico del Teatro Galli. L’Associazione dal dicembre del 2004 è stata intitolata a “Renata Tebaldi”, straordinaria e indimenticabile cantante, che Toscanini chiamò “voce d’Angelo”.

Non so se la signora Tebaldi sia stata la più grande cantante lirica che abbia solcato i Teatri di tutto il mondo dal primo dopoguerra agli anni Settanta. Sono certo che in molti lo pensano e che ci sia in ciò una parte rilevante di verità.

Tuttavia, da semplice ascoltatore (precario) di qualche opera e di brani lirici, preferisco, per quello che ho visto, ascoltato e letto, la Callas. La preferisco per esempio ne La traviata nei panni di Violetta che intona “Amami, Alfredo, amami quant’io t’amo! Addio!” con quella sua struggente modernità che lascia senza fiato ogni volta che la si ascolta. C’è nella Callas un superamento istintivo della tradizione purista del canto, che spinge non solo lei, ma la stessa straordinaria opera verdiana ad essere un’impronta immortale dell’Ottocento e allo stesso tempo ricchezza viva del nostro futuro.

Cosa c’entra tutto ciò con Castel Sismondo? Penso molto. Lo si può guardare con gli occhi della Tebaldi o della Callas.
Saluti.

Ferdinando Fabbri

COMMENTI

DISQUS: 0