Nel 2018 chiusi 435 negozi in provincia di Rimini

Nel 2018 chiusi 435 negozi in provincia di Rimini

Nell'anno da poco chiuso sono sparite 435 attività del commercio al dettaglio. E' uno dei numeri peggiori in Emilia Romagna. Cause: le solite. I rimedi? Nessuno sta affrontando il problema di petto.

Meno 435 attività di commercio al dettaglio nel 2018 in provincia di Rimini. Che in questa drammatica classifica viene subito dietro a Bologna e Modena, che però vedono numeri di partenza di imprese attive ben più alti di quelli di Rimini. Il dato lo fornisce Confesercenti regionale. In molti però continuano a tentare, non si arrendono: 232 nuove iscrizioni sempre nel 2018, e una consistenza del commercio al dettaglio sul totale delle imprese che resta il più alto in Emilia Romagna (15%), ma il saldo è negativo per 203 unità. Su scala regionale Rimini fa peggio di Ravenna, Forlì Cesena, Ferrara, Reggio Emilia e Piacenza. Meglio di Parma, Bologna e Modena.
Fin qui solo attività del commercio al dettaglio. Se invece si guarda il totale delle imprese con attività prevalente nel commercio (escluso autoveicoli), le cose vanno un po’ meglio: dal 2013 al 2018 le “attive” sono calate di 318, comunque più di Forlì Cesena (-198), Modena (-313) e come Ferrara. Ravenna -426. Fra 2017 e 2018 la provincia di Rimini ha fatto segnare -96 (Forlì Cesena -44 e Ravenna -105).

“I saldi invernali in Emilia-Romagna erano partiti molto bene ma, purtroppo, nelle settimane successive non hanno mantenuto le promesse iniziali e oggi ci troviamo con negozi che sono ancora pieni di merce e con aziende che rischiano di entrare seriamente in crisi, confermando un trend negativo del settore sia per quanto riguarda le chiusure delle attività che delle vendite”. Così Dario Domenichini, presidente regionale di Confesercenti. “Rispetto ai saldi dovremo probabilmente aprire una riflessione sulla durata e le modalità, in modo tale da mantenere il valore commerciale dell’appuntamento dandogli però nuovo vigore. Sulla situazione delle imprese, invece, appare sempre più necessaria l’adozione di azioni in grado di far riprendere i consumi e la domanda interna e di politiche per l’incentivazione dei processi di qualificazione e ammodernamento dell’offerta”.

Ma il presidente di Confesercenti sulle cause dei problemi che affliggono il commercio al dettaglio stila una classifica molto chiara: “l’aumento esponenziale del commercio elettronico” che “genera ulteriore concorrenza, oltre alla grande distribuzione, che ha già delle responsabilità”, insieme al “calo dei consumi”.
Mentre in provincia di Rimini si festeggia per l’arrivo del commercio elettronico. Ma come ha detto nei giorni scorsi l’imprenditore Bonfiglio Mariotti, “salutare lo sbarco di Amazon in provincia come una conquista significa aver perso la bussola”.
“Si costruiscono grandi cattedrali del commercio al di fuori dei centri storici e questo fa sì che si spopolino, assieme ai negozi. Se ci fosse una ripresa del consumo questo disequilibrio si affievolirebbe. Ma i piccoli negozi hanno meno armi a disposizione contro il calo dei consumi e dunque soffrono di più”, dice oggi la Confesercenti.

Quel che fa pensare è che da molti anni viene lanciato questo genere di allarme, da tempo si assiste al fenomeno delle vetrine che si spengono. Ma anche sforzandosi di pensare a qualche provvedimento significativo adottato in tutto questo tempo, non viene in mente nulla. Invece è di ieri l’annuncio della installazione di nuove ztl che renderanno ulteriormente invalicabile il cuore commerciale di Rimini. I centri storici sono tenuti in piedi dalle attività commerciali, non dai teatri. Il sipario deve alzarsi sull’economia vera della città, non sui lustrini.

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