Dalla battaglia del mitico Umberto Bartolani ai giorni nostri. Per cercare di sfondare la granitica e ideologica ostinazione di Palazzo Garampi. Ma quando il Divo Giulio s'incazza davvero, vallo a fermare...!
Pochi giorni fa Salvatore De Vita scansiona e gentilmente mi spedisce in formato “pdf” un libretto di 33 pagine (tiratura 1000 esemplari) stampato nel 1984 da “Pama Graphicolor” di Rimini; autore, il Commendator Umberto Bartolani. Pare fosse una raccolta fondi dell’Associazione Nazionale Marinai D’Italia, gruppo di Rimini “Domenico Ghezzo”, per contributo pro scultura ai Caduti del Mare. Bartolani ha passato la vita battendosi per la memoria e la conservazione dei monumenti della propria città. Almeno di quelli scampati alla devastante furia delle ideologie. Il titolo del libello: “Ritornerà entro le nostre Mura Malatestiane?” E più sotto, a lettere maiuscole, “RIMINI – GIULIO – CESARE”.
Il tenore e il motivo degli articoli all’interno è già spiattellato in copertina. Bartolani, sparpagliatore seriale di buone iniziative e fiero fustigatore di culi flaccidi posati sui comodi cuscini della burocrazia, nella pubblicazione non manca di ricordare con legittimo orgoglio il 10 aprile dell’anno prima. In quella data si è tenuta l’inaugurazione della risorta Fontana dei Quattro Cavalli, avvenuta per merito unicamente suo e da lui finanziata. Ma l’obiettivo primario dell’irrefrenabile Umberto è sempre quello di antica data: liberare Cesare dall’allora prigione/caserma e riportarlo tra le mura Malatestiane.
Il Commendatore confuta, argomenta e propone, documenta e contesta, smonta e rimonta episodi e tesi, scrive, pubblica sonetti e vignette, fotografie e fotomontaggi per scardinare l’ignavia della politica che non sa o non vuole farsi restituire il bronzo di Cesare e che non sa o non vuole collocarlo in pieno centro, come si conviene al simulacro del più grande condottiero romano che ha dato lustro, importanza e dimensione sovranazionale a Rimini.
Come sigillo a documenti, delibere, foto e articoli (anche uno di Luigi Pasquini) che il Commendatore chiama a raccolta nel libretto, la parte dedicata al Generale si chiude con una bella vignetta a firma “Daniele Fabbri” (odierno nome d’arte: Daniele Luttazzi) che celebra con simpatia il carattere coriaceo del Commendatore. Purtroppo Bartolani non c’è più e gli sforzi di Gioenzo Renzi, di Davide Frisoni, di Gaetano Domenico Rossi, Segretario Coordinatore dell’associazione culturale A.R.I.E.S. e il sostegno di moltissimi riminesi senza briglie e paraocchi, ancora nulla possono contro la granitica ostinazione di Palazzo Garampi che lo vuole nel lapidario del Museo come se anche Giulio Cesare avesse una comune “testa di granito”. Essendo invece la sua di nobile bronzo pe(n)sante, ha finalmente messo in opera un colpo di mano dei suoi. Ha preso stilo e tavoletta e ha scritto in modo (quello sì lapidario) il proprio disappunto attraverso un invito ben preciso. Poi è sceso dal podio e si è incamminato con passo militare verso la piazza dove più di duemila anni fa ha arringato da par suo la fedele Legio XIII.
Quando il Divo Giulio s’incazza davvero, vallo a fermare…!
Immagine: © Lussi Pagammo
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